mercoledì 4 gennaio 2017

Il sistema mediatico italiano alle prese con la piena maturazione della convergenza fra media e telecomunicazioni

Il sistema mediatico italiano alle prese con la piena maturazione della convergenza fra media e telecomunicazioni
di Bruno Somalvico
Circa quindici anni or sono in un saggio per il Mulino “La nuova Babele elettronica”, in piena bolla speculativa quando venivano meno tutte le attese riposte nei confronti della cosiddetta Network Society in un’epoca poi ribattezzata dell’Internet 1.0, insieme a Bino Olivi avevamo espresso grande scetticismo nei confronti delle alleanza fra Internet e la televisione in quanto il processo di convergenza fra editori radiotelevisivi e più in generale editori e fornitori di contenuti e gestori di servizi di telecomunicazione e nella fattispecie di fornitori di accesso a Internet, reso possibile dall’adozione di codici numerici (la cd rivoluzione digitale) non essendo ancora compiutamente arrivato a maturazione rendeva prematura una peraltro probabile futura convergenza dei mercati, ovvero dei prodotti e dei servizi veicolati nelle nuove reti e conseguentemente anche delle imprese. Prova ne furono i fallimenti di tante fusioni e di tanti “matrimoni del secolo” annunciati e sonoramente falliti, come quello in primis fra i principale forniotori di accesso a Internet America On Line e il colosso editoriale Time Warner. All’inizio di gennaio del 2000 American On Line annunciava la sua fusione con Time Warner per 164 miliardi di dollari. Nasceva la nuova compagnia AOL Time Warner con alla sua testa come Presidente Steve Case. L’accordo perfezionato l’11 gennaio dopo il primo assenso ottenuto dalla Federal Trade Commission, veniva poi sottomesso anche all’approvazione della FCC e della Commissione Europea. Una volta resa effettiva la fusione, ci si rese rapidamente conto che il matrimonio falliva proprio sul nascere: i profitti della divisione internet della società (AOL) diminuirono, come caddero anche i valori di mercato di altre aziende internet. Come risultato, il valore di AOL calò drasticamente. Giù nell’esercizio 2002 AOL Time Warner riportò una perdita di 99 miliardi di dollari- in quel tempo la più grande perdita mai registrata da una società. Per tutta risposta, il gruppo editoriale che era nato tredici anni prima a sua volta da una fusione tra il primo gruppo editoriale USA (Time Inc), e la Warner Communications, dopo che il primo aveva acquisito la seconda, a partire dal giugno 2003 riprese la denominazione iniziale del 1990, ossia quella antecedente la fusione con AOL, per l’appunto Time Warner, rimuovendo due anni dopo Steve Case dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione il 31 ottobre 2005. Dato l'insuccesso della fusione delle due compagnie mediatiche, il 28 maggio 2009 veniva infine annunciata la scissione di AOL da Time Warner e la costituzione di una nuova public company denominata AOL, Inc., oltre all'adozione del nuovo marchio Aol. La nuova compagnia diventa operativa il 10 dicembre 2009, data dell'apertura dei negoziati presso il NYSE col simbolo AOL, per poi essere acquistata sei anni dopo infine Il 12 maggio 2015 AOL da Verizon per 4,4 miliardi di dollari. Il vecchio mondo dei broadcaster, ma anche delle prime pay tv tirò allora un sospiro di sollievo. Certo era venuta meno la centralità della tv generalista e più in generale quella degli strumenti di comunicazione di massa e l’arrivo di nuove piattaforme aveva cancellato le vecchie rendite derivanti da posizioni monopoliste o comunque oligopolistiche, gli ascolti delle vecchie tv generaliste già aggrediti da pay tv e canali tematici, venivano ulteriormente aggrediti dalle nuove piattaforme a pagamento, le uniche che vedevano crescere sensibilmente i propri fatturati trainati dalle offerte premium di film e di eventi sportivi in diretta ma gli editori e i fornitori di contenuti non sarebbero stati rapidamente assorbiti dagli attori di quella che allora veniva chiamata la Nuova Economia.
A quasi tre lustri di distanza le cose sono finalmente cambiate. Si è completata la transizione da un lato dell’universo radiotelevisivo e delle sue diverse piattaforme tradizionali (radiodiffusione terrestre e via satellite, ridistribuzione via cavo e su reti a micro onde) dagli standard di trasmissione analogici a quelli numerici e con il passaggio al tutto digitale anche sulla piattaforma terrestre i nuovi editori televisivi di canali in chiaro finanziati dalla pubblicità possono raggiungere più facilmente l’insieme della popolazione e quindi come tale competere ad armi pari con le televisioni generaliste. Ma soprattutto lo sviluppo di nuove reti a banda larga e ultra larga sia fisse via cavo in fibra ottica sia mobili destinati a nuovi terminali intelligenti (in primis smartphone e tablet) hanno finalmente reso possibile la fruizione dei segnali televisivi via Internet, non solo attraverso piattaforme come quelle IPTV costruite su architetture proprietarie simili a quelle veicolate via satellite e sulle vecchie reti via cavo, ma anche su nuove piattaforme organizzate da aggregatori di contenuti veicolati come per i primi siti che fornivano edizioni online dei quotidiani della carta stampata, “al di sopra della rete” beneficiando altresì di nuove forme di aggregazione, organizzazione, proposta e condivisione di contenuti suggeriti agli utenti in base non solo a motori di ricerca, ma soprattutto ad algoritmi che beneficiando di un’immensa mole di dati raccolti attraverso i cosiddetti social media sui comportamenti in rete degli utenti, sembrano assumere un ruolo centrale nelle diete mediatiche dei consumatori rendendo meno essenziali rilevazioni meramente quantitative come quelle tradizionalmente effettuate dall’Auditel. La Nuova Economia della Rete anziché consolidare un tessuto di piccole e medie imprese è andata costruendosi attorno ai cosiddetti GAFA, ossia nuovi monopoli o comunque oligopoli nel campo dei motori di ricerca, dei social network, dei fornitori di nuove piattaforme di vendita di contenuti e servizi e-commerce mentre anche in Europa con la liberalizzazione della telefonia siamo passati da sistemi monopolistici a sistemi oligopolistici destinati come in altri mercati come quello dell’aviazione civile a conoscere ulteriori fenomeni di concentrazione. Sul segmento dell’offerta free le televisioni lineari competono non solo con i consumi veicolati attraverso i canali di YouTube e i social network che, come nel caso di Facebook e Twitter non condividono solo video preregistrati ma hanno iniziato a diffondere in videostreaming eventi televisivi in diretta. Sul segmento pay le piattaforme multicanale veicolate dagli editori di canali premium tradizionali come quelli di HBO negli Stati Uniti, e gruppi come Sky e Canal Plus in Europa dopo aver dovuto contrastare quelle degli operatori via cavo e le incursioni nel tempo di vari operatori telefonici e in particolare di filiali di ex incumbent come in primis Telefonica, Orange, ma anche Deutsche Telekom e Telecom Italia, da alcuni anni devono fare i conti con nuove piattaforme ibride SVoD (video su richiesta a pagamento) veicolate al di sopra della rete Over the Top (OTT) che forniscono non solo servizi lineari da fruire come gli eventi sportivi in diretta, ossia in tempo reale, ma anche cataloghi di contenuti destinati alla fruizione su richiesta in qualsiasi momento (in primis Netflix e Amazon Prime Video).
In questo scenario vanno viste le recenti fusioni, acquisizioni, scalate, che hanno interessato anche l’Italia e soprattutto vanno ripensate le normative antitrust disegnate nel cosiddetto Sistema Integrato delle Comunicazioni approvato nell’ambito della Legge Gasparri. Come ben evidenziato oggi da Andrea Biondi su Il Sole 24 ore uno degli aspetti del mercato italiano della pay tv è l'assenza di un'integrazione strutturale fra le offerte di tv a pagamento e le offerte di telecomunicazione (voce, fissa e mobile, connessione Internet). Dopo l'esperienza pionieristica di Fastweb (chiusasi nel 2012, con poco meno di 200 mila abbonati) tale integrazione è stata praticata solo a livello di iniziative di co-marketing e cioè di collaborazione commerciale fra gli operatori Solo ora con Tim Vision, che rappresenta un'esperienza consolidata, partita peraltro anche nella produzione di contenuti, qualcosa si sta muovendo. Sul versante dell'offerta c'è da tenere presente anche il debutto di Vodafone Tv. Nel frattempo su molti mercati questa integrazione è divenuta strutturale ed è andata rafforzandosi In Usa, Uk e Spagna ií 100% degli abbonati a servizi di pay tv sono abbonati di operatori che praticano il cosiddetto triple-play o quad-play (offerte integrate). Negli Stati Uniti il processo di integrazione fra mercato della pay tv e mercato delle Tlc ha ora avuto il suo acme con il takeover di AT&T su Time Warner. In Gran Bretagna l'ingresso di BT nella pay tv è stato la naturale risposta all'ingresso di Sky nel mercato delle Tic. In Spagna, dopo l'acquisizione da parte di Telefonica di Digital + e l'acquisizione di Ono da parte di Vodafone, l'intero mercato della pay tv è ora in mano a operatori di telecomunicazione. ll processo è avanzato anche in Francia e Germania. Prima o poi, in un modo nell'altro – conclude Biondi - anche la realtà italiana si dovrà adeguare. Non c'è modo migliore per le telco di competere sul mercato della banda larga se non con i servizi video televisivi, integrati alle stesse offerte di voce e connessione. L'integrazione impatta positivamente sul business: incrementa i ricavi medi per utente (l'Arpu), riduce i costi di acquisizione degli utenti e soprattutto riduce il tasso di disdetta degli abbonamenti La customer base risulta più stabile perché fruisce di servizi integrati a valore aggiunto. I fornitori di contenuto dunque a cominciare dagli editori televisivi, ossia i tradizionali broadcaster e quelli dalle pay tv, ma anche di quotidiani e periodici di quella che si chiamava un tempo la carta stampata, non devono solo contrastare i nuovi aggregatori di contenuti al di sopra della rete ossia gli OTT, i social network che non si limitano alla condivisione di video ma tendono ormai a promuovere e diffondere eventi e programmi anche in diretta sulle proprie piattaforme, e le temibili piattaforme SVoD, operanti ormai su scala globale come Netflix e Amazone Prime Video, ma, seguendo l’esempio di Sky nel Regno Unito, ma anche di gruppi come Clarin in Argentina, lanciarsi nella telefonia mobile o comunque integrare strutturalmente i propri servizi con quelli dei fornitori di servizi di telecomunicazione e di accesso alla Rete. La stagione degli spacchettamenti e della separazioni verticali fra fornitori di contenuti e operatori di rete necessaria per governare la transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale sulle reti terrestri era figlia di una convergenza allora solo parziale che diede vita alla telefonia mobile di terza generazione che integrava contenuti derivanti dai siti dinamici di Internet con i servizi di telefonia mobile ma impediva allora la piena convergenza fra tv e tlc. E’ bene che il legislatore oggi invece la recepisca e provveda a riformare le norme tenendo presente che nel mercato mondiale dei servizi integrati solo in pochi potranno competere con questi giganti. Piaccia o non piaccia ai nostalgici di un’idea di pluralismo fondata sul “piccolo è bello” o peggio ancora sulla difesa dell'italianità o di campioni nazionali.

lunedì 3 ottobre 2016

Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi                                                   

L’Associazione Infocivica Gruppo di Amalfi fondata nel 2003 da Jader Jacobelli e Bino Olivi ha promosso a Roma un incontro di valutazione e bilancio della consultazione “Cambierai” promossa dal Governo con la giornata di riflessione con gli esperti all’Auditorium, e il successivo questionario rivolto ai cittadini pubblicato in rete.
Partendo dall’idea che il rinnovo della concessione decennale alla Rai debba essere l’occasione anche per un riscatto della buona politica e che sia necessario avere la lungimiranza di inserire nella logica del “servizio pubblico” (che abbiamo visto quanto in Italia sia stata viziata dalla subordinazione ancillare e burocratica della radiotelevisione rispetto al potere politico) la logica della “responsabilità pubblica”, Infocivica ha inviato ad alcuni amici dell’Associazione fra i quali Stefano Balassone, Sebastiano Bagnara, Raffaele Barberio, Flavia Barca, Giovanni Bellisario, Manlio Cammarata, Robert Castrucci, Ugo Cavaterra, Gianni Celata,  Licia Conte, Stefano Cuppi, Nicola D’Angelo, Pier Virgilio Dastoli, Paolo Luigi De Cesare, Piero De Chiara, Gianluca de Matteis Tortora, Massimo De Angelis, Lino De Seriis, Francesco Devescovi, Giampiero Gramaglia, Pier Luigi Gregori, Erik Lambert, Gianluca  Lioni, Andrea Lorusso Caputi, Paolo Mancini, Pio Marconi, Giacomo Mazzone, Andrea Melodia, Michele Mezza, Gerardo Mombelli, Mario Morcellini, Italo Moscati, Stefano Panunzi, Renato Parascandolo, Piervincenzo Porcacchia, Augusto Preta, Giuseppe Richeri, Carlo Rognoni, Stefano Rolando, Antonio Sassano, Barbara Scaramucci La Porta, Bruno Somalvico, Michele Sorice, Carlo Sorrentino, Celestino Spada, Laura Testa, Arianna Voto e Angelo Zaccone Teodosi, una bozza di lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi che è stata discussa e approvata a Roma giovedì 7 luglio in un incontro moderato da Giampiero Gramaglia tenutosi presso la sede del Consiglio Italiano del Movimento Europeo
Essendo convinta che “la nuova realtà tecnologica rende evidente l’insufficienza del vecchio modello di servizio pubblico” e che “una classe dirigente consapevole e all’altezza potrebbe mettersi al passo con le esigenze e le potenzialità più avanzate”, Infocivica ha tra l’altro sottolineato come il rinnovo della Convenzione sia una grande occasione per “ governare il cambiamento e non solo limitarsi a fotografarlo, perché la comunicazione è oggi un diritto fondamentale che non riguarda solo la Rai e il nostro Governo ma l’intero sistema delle comunicazioni” e che debba favorire anche una nuova stagione di cooperazione rinforzata fra tutti i servizi pubblici europei a cominciare da quelli dei Paesi fondatori dell’Unione Europea.  In un suo precedente documento presentato nella primavera 2015 al Senato Infocivica aveva invitato l’Unione Europea a “predisporre rapidamente un sistema di regole e un approccio comune per disciplinare l’industria dei contenuti che circolano su internet e sui media tradizionali”



logo  Roma, 7 luglio 2016

Caro Presidente,
per cambiare la Rai ci vuole lungimiranza e coraggio.
Il rinnovo della concessione è un’occasione irripetibile per dimostrare che il governo è in grado di farsi carico della straordinaria rivoluzione digitale in atto.
La sfida è fare della Rai un’azienda utile alla formazione e ai bisogni dei cittadini. E per questo riconosciuta da tutti come meritevole di un canone (o di un finanziamento equivalente). Deve essere capace, insomma, di fornire un servizio fondamentale e strategico per la crescita culturale e sociale e per la vita democratica del Paese.
Non basta, dunque, una semplice, banale e pigra riscrittura della vecchia concessione. Oggi al governo si chiede un passo in più: quello di assumersi, insieme alla necessaria cautela e trasparenza nella gestione del denaro pubblico, una grande responsabilità pubblica di fronte al Sistema delle Comunicazioni, diventato più che in passato un pilastro anche dello sviluppo economico.
Le comunicazioni digitali sono la nuova agorà, sono il cuore di una nuova creatività condivisa e interattiva. E per dare sostanza al concetto moderno, contemporaneo, di responsabilità pubblica si chiede al governo di impegnarsi nel delineare peso e ruolo che si pretende dalla Rai per il prossimo decennio.
Infocivica (associazione nata nel 2003 grazie a Bino Olivi e Jader Jacobelli, e che ai temi del servizio pubblico audiovisivo ha dedicato tre lustri di ricerche e convegni) pensa che il Governo debba fissare come priorità quella di garantire a tutti i cittadini il diritto di accesso universale e tendenzialmente gratuito alle reti informatiche, anche attraverso lo sviluppo della banda larga.
Quanto alla Rai, Infocivica pensa che la nuova concessione debba indicare diversi compiti oltre a quello di continuare a produrre contenuti televisivi originali:
1.             assumere un rapporto diretto con tutti gli utenti, rapporto tanto più importante nell’era delle comunicazioni interattive in rete, immaginando anche una assistenza personalizzata per l’orientamento fra i contenuti e i servizi disponibili nelle reti.
2.             potenziare le forme di comunicazione istituzionale e crearne di nuove, magari più legate ai territori. Anche tenendo conto del patrimonio unico che in Europa ha l’Italia attraverso la miriade di emittenti ed agenzie informative locali che vanno incoraggiate a fornire servizi pubblici di prossimità.
3.             potenziare in ottica cross mediale la creazione di prodotti finalizzati innanzitutto all’educazione e formazione, oltre che – naturalmente - a sviluppare la dimensione interattiva, educativa e informativa di tutta la produzione del servizio pubblico, incoraggiando altresì nuove forme partecipative come le Comunità della Rete per realizzare inedite e più avanzate modalità di integrazione ed espressione civili.
4.             garantire attraverso la produzione e la libera disponibilità di contenuti nel sistema dei media elevati standard di qualità nell’informazione, nell’area educativa e formativa e in quella dell’intrattenimento, con lo scopo ultimo e dichiarato tipico di ogni servizio pubblico e cioè di connettere la cultura “alta” a quella popolare e di costruire coesione sociale e adesione alla vita pubblica.
Infocivica crede sia possibile avviare una fase costituente in cui il concessionario riceva il mandato di realizzare – anche in associazione con altri – la struttura più appropriata per assolvere i compiti delineati. Contemporaneamente governo e parlamento sono chiamati ad aggiornare le norme al fine di garantire ai cittadini il diritto di accesso universale a una rete di servizio pubblico, indipendente, autonoma, pluralista. E pensiamo anche a una separazione societaria più strutturata di oggi fra il trasporto del segnale e la fornitura dei contenuti (ovviamente per tutti i soggetti audiovisivi nazionali, non solo per la Rai); al bisogno di una profonda riorganizzazione interna che coinvolga sia il sistema dell’informazione sia quello dell’intrattenimento. In particolare. per cinema e fiction immaginiamo per il futuro della Rai un ruolo più incisivo nella promozione dell’insieme dell’industria audiovisiva e creativa.
La trasformazione della Rai da Broadcaster a Digital Media Company deve infine contribuire a ridurre il Digital Divide, che altrimenti diventa causa ed effetto di forme di marginalizzazione civica e culturale. È anche questa la strada per rilegittimare un sistema di finanziamento universalmente sottoscritto dai cittadini.
Il nuovo mondo della Rete - essendo già alle nostre spalle l’era del web -  è oggi al centro della vita democratica come lo è stata per 50 anni la televisione, e sempre più lo sarà.  Anche per l’azione, il controllo, la mobilitazione e la decisione politica.
Caro Presidente, restiamo a completa disposizione per eventuali approfondimenti.
Con i nostri più distinti saluti
Il gruppo dirigente di Infocivica: Massimo De Angelis, presidente; Gerardo Mombelli, presidente onorario; Bruno Somalvico, segretario generale, Gianni Bellisario, Ugo Cavaterra, Pasquale Deseriis, Andrea Melodia, Paolo Luigi De Cesare, Pier Virgilio Dastoli, Giampiero Gramaglia, Giacomo Mazzone, Carlo Rognoni, Laura Testa.

Hanno sinora aderito Daniela Attilini, Sebastiano Bagnara, Raffaele Barberio, Robert Castrucci, Stefano Cuppi, Giuseppe Di Francesco, Vittorio Gargini, Susanna Gianandrea, Barbara La Porta Scaramucci, Andrea Lorusso Caputi, Paolo Mancini, Pio Marconi, Cinzia Padovani, Amedeo Pistolese, Luca Rosati, Claudio Rossi, Pasquale Rotunno, Arianna Voto.



Tutti gli Amici di Key 4 Biz e di Infocivica che condividono le finalità di questo appello possono aderire scrivendo a: somalvico@gmail.com

lunedì 12 settembre 2016

                             

CONNETTERE L’EUROPA
per un nuovo modello audiovisivo europeo

Biblioteca del Senato, 19 settembre 2016 – Piazza della Minerva, Roma


Ore 10.00 

Per un servizio pubblico europeo

Presiede Luigi Covatta
Introduce Sergio Zavoli

Relazioni di:
Enrique Bustamante (Università Computense, Madrid)
Giuseppe Richeri (Università, Lugano)
Michele Sorice (Università LUISS, Roma)

Ore 11.00

Credibilità dell’informazione di servizio pubblico e centralità dell’approfondimento e della cura delle notizie nell’era della simultaneità 

Presiede Giampiero Gramaglia
Relazione di
Carlo Sorrentino (Università di Firenze)

Interventi di:

Giancarlo Bosetti, Giuliano Ferrara, Alberto La Volpe, Andrea Melodia, Enrico Mentana,  Michele Mezza, Giorgio Zanchini


Ore 14.30

Ruolo dei media di servizio pubblico nella formazione di un sensus communis di appartenenza all’Europa


Presiede Stefano Silvestri 

Interventi di:

Pier Virgilio Dastoli (presidente Movimento Europeo)
Bruno Somalvico (segretario Infocivica)
Giacomo Mazzone (direttore Affari Istituzionali UER)


Ore 15.30

La prospettiva nelle proposte degli attori del sistema


Presiede Stefano Rolando

Interventi

Arturo Diaconale, Antonio Di Bella, Pio Marconi, Claudio Petruccioli, Antonio Pilati, Carlo Rognoni


Ore 17.00

Conclusioni

Gennaro Acquaviva (presidente Associazione socialismo)
Angelo Marcello Cardani (presidente AGCOM)






Documenti di lavoro per il Convegno 


Oltre il Protocollo di Amsterdam
Per un nuovo modello audiovisivo europeo, per un servizio pubblico europeo.
Roma, Biblioteca del Senato, 19 settembre 2016  - ore 10.00-18.00

La rivista di cultura politica Mondoperaio presenta un dossier sul tema del futuro del modello di servizio pubblico audiovisivo europeo, che contiene le Conclusioni dei lavori del Gruppo Europeo di Torino , network di esperti universitari della comunicazione costituitosi a Torino nel 2009, per assicurare un futuro meno incerto ai media di servizio pubblico nella società dell’informazione e della conoscenza e per promuovere un nuovo modello audiovisivo europeo. Si tratta di tematiche che confluiranno a breve in un Libro Verde sui media di servizio pubblico nella società dell’informazione e della conoscenza indirizzato alle  istituzioni europee per incoraggiare nuovi orientamenti.

I punti nodali
·         Sottolineare l’insostituibilità della funzione e della missione di organismi al servizio della comunità non significa necessariamente salvaguardare gli enti attualmente esistenti, l'esclusività o l'unitarietà del loro assetto organizzativo, né tantomeno la salvaguardia dei gruppi di interessi che li rappresentano o li hanno tutelati nel tempo.
·         Al contrario ridefinirne radicalmente missione, posizionamento editoriale, assetto organizzativo finanziamento e governance significa rimettere in discussione qualsiasi rendita derivante da una posizione dominante in ambiti e contesti tecnologici, di offerta e di mercato che non siano conformi e aderenti agli obblighi derivanti dalla loro missione di servizio pubblico.
·         Nel rispetto delle norme e dei principi della concorrenza nell'ambito dell'Unione Europea, il documento conclusivo del dossier (che potrebbe essere presentato ad una Conferenza Europea) si propone di favorire un'evoluzione normativa in grado di superare il compromesso intervenuto nel 1997 in occasione della firma del Protocollo annesso al Trattato di Amsterdam che lasciava agli Stati nazionali il compito di stabilire cosa fossero i programmi di servizio pubblico finanziati dal canone e in che misura si potessero distinguere da quelli finanziati da risorse di mercato.
·         Sempre più diffusa è la consapevolezza che non possano essere auspicate nei palinsesti del servizio pubblico attività finalizzate allo sfruttamento commerciale che andranno espletate nell'ambito di un nuovo e circoscritto “mercato del servizio pubblico” né tantomeno è lecito un uso privato del servizio pubblico. Nel contempo non risulta altresì più tollerabile il ricorso a risorse pubbliche per attività finalizzate al profitto che andrebbero espletate esclusivamente da società profit oriented che come tali dovrebbero essere finanziate con risorse raccolte esclusivamente sul mercato.

Cosa si intende per nuovo scenario cross mediale
·         Il nuovo scenario crossmediale richiede un'evoluzione normativa per superare il compromesso all`origine del Protocollo sui servizi radiotelevisivi annesso al Trattato di Amsterdam, risalente al 1997.
·         Il tradizionale modello duale europeo, che ha costituito un esempio di equilibrio virtuoso tra la concezione del servizio pubblico e le dinamiche commerciali, si trova di fronte ad un doppio e grave pericolo.
·         Da una parte, il servizio pubblico, riconosciuto costituzionalmente in alcuni paesi europei (ma non in tutti) per il proprio carattere essenziale per il modello sociale europeo, sta attraversando la peggiore crisi della sua storia, tanto in termini sia di governance  sia  di offerta e di adattamento al nuovo ambiente digitale, quanto in termini finanziari e di ascolto.
·         D'altra parte, anche il settore privato (l’altra metà del sistema “duale”) è messo duramente alla prova dall’arrivo di nuovi concorrenti e dal restringersi delle risorse complessive a disposizione.
·         L'intero sistema televisivo e il futuro stesso dell’audiovisivo europeo, sono minacciati dall'espansione incontrollata di nuovi giganti globali e agenti audiovisivi digitali che – approfittando di importanti falle nel modello di legislazione dell’Unione Europea - presentano un rischio grave per il settore della produzione e con essa , per l'identità e la diversità europee.

Quali gli argomenti  avanzati
·         Il dossier rileva che questa combinazione negativa di elementi e di processi, in corso, audiovisivi, sociali e tecnologici, ma anche economici e politici, è stata propiziata dalla mancanza di aggiornamenti e di coerenza sul piano della regolamentazione e di politiche attive, nazionali ed europee, in materia audiovisiva. Pur  mantenendo in questo campo una dottrina generale e una linea teorica corrette, esse non hanno saputo o potuto adattarsi alle grandi trasformazioni della comunicazione audiovisiva contemporanea, in particolare ai processi generalizzati di convergenza digitale e alla sua globalizzazione inarrestabile.
·         Così, pur beneficiando della politica regionale attiva più longeva al mondo, i progressi nella costruzione del tanto auspicato mercato comune dell’audiovisivo rimangono modesti, e l'industria audiovisiva europea incontra crescenti difficoltà nel competere nei propri mercati e sulla scena mondiale con quella  statunitense e con quella dei paesi e delle regioni emergenti del pianeta. Inoltre, la storia dell'integrazione europea manca di quei mezzi di comunicazione in grado di costruirla e diffonderla, capaci di porre in gestazione una sfera pubblica europea autenticamente democratica.
·         In altri termini, si assiste al crollo dell’idea dei “campioni europei” che ha caratterizzato la politica industriale europea sin dalla nascita del Mercato Unico. Una politica che – soprattutto nel settore audiovisivo – ha mostrato la sua profonda inefficacia e dannosità, visto che gli ultimi tre decenni dimostrano che i media restano saldamente ancorati alle tradizioni linguistiche e culturali di ciascun paese. In questi trent’anni, contrariamente alle aspettative, nessun “campione europeo” (nè tantomeno globale di origine europea) è emerso nel settore dei media.
·         Sono dunque  verificate eccezionali asimmetrie nell’attuale normativa europea, che tendono a sbilanciarne ogni volta i singoli elementi, e le componenti collegate tra loro: la tendenza diffusa a esercitare un ferreo controllo sul finanziamento del servizio pubblico, soprattutto per le sue attività on line, contrasta con le omissioni da parte dell’Unione Europea di iniziative sul piano normativo per assicurare la sua  indipendenza editoriale, la sua autonomia nei confronti dei governi e il suo adeguato finanziamento.
·         Questo stesso sforzo, che tende a considerare il ruolo del servizio pubblico come sussidiario e complementare a quello esercitato dagli operatori commerciali, risulta in contraddizione con il lassismo in materia di verifica di conformità per gli operatori commerciali circa i loro obblighi in quanto servizi di interesse generale nel campo della produzione di origine europea e indipendente o della tutela dei consumatori per quanto riguarda i messaggi commerciali. 
·         E’ accertata la gravità delle ripercussioni di un trattamento spesso ingiusto esercitato verso i radiodiffusori classici off line rispetto a quello nei confronti dei cosiddetti "service a richiesta" on line, (che, con il pretesto di voler incentivare il commercio elettronico, stanno mettendo al riparo i nuovi entranti extraeuropei dagli obblighi propri del settore dei media), una decisione sorprendente dell’Unione Europea che sta vanificando tre decenni di politica europea dei media e sta ponendo i radiodiffusori europei in posizione di inferiorità competitiva nei loro mercati, sollevando al contrario le attività degli attori globali dal rispetto di tutti gli obblighi in materia audiovisiva e nei confronti dei consumatori europeo dai quali estraggono gran parte dei loro profitti e portando per di più a situazioni di nuovi monopoli su scala europea (ben peggiori di quelli nazionali dell’era analogica) ad esempio nel settore della pubblicità on line, con punte di concentrazione fino all’80% per un solo operatore.
·         In seguito al fenomeno della convergenza fra media, telecomunicazioni e industria elettronica di consumo, questo aggiramento delle norme europee da parte di attori extraeuropei sta portando a dispute intersettoriali fra attori nazionali che finiscono per indebolire tutti i settori europei nel loro insieme: le telecomunicazioni contro i broadcaster per accaparrarsi porzione di spettro e per poter distribuire contenuti senza l’impiccio dei diritti d’autore; la carta stampata contro i media elettronici nel tentativo di mantenersi in esclusiva il mercato dell’on-line; le tv commerciali contro quelle pubbliche per toglier loro la pubblicità.

Chi ha redatto il dossier
·         Il dossier è introdotto da Stefano Rolando (Università Iulm di Milano e membro del comitato di direzione di Mondoperaio)  che spiega le ragioni per le quali sia necessario “osare l’inosabile”, ossia immaginare una televisione pubblica europea.
·         Esso contiene una rielaborazione dell’articolato Rapporto finale del Gruppo Europea di Torino redatto dal prof. Enrique Bustamante dell’Università Complutense di Madrid, già membro del Comitato dei Saggi insediato durante il governo Zapatero all’origine della riforma della RTVE in Spagna, e del Co-rapporto presentato dal prof. Francisco Rui Cádima dell’Università nuova di Lisbona, che, ripercorre gli ultimi tre decenni di politiche audiovisive europee che avrebbero rinunciato a porre al centro il ruolo dei servizi pubblici, considerati un retaggio dei vecchi mercati nazionali protetti, mentre il mercato dell’audiovisivo andava allargandosi a tutto beneficio di soggetti privati extraeuropei.
·         Per parte sua il terzo Rapporto  redatto dal prof. Giuseppe Richeri, professore emerito dell’Università di Lugano, contiene una disamina delle varie fonti di finanziamento che possono essere prese in esame per un futuro dei media di servizio pubblico ritenuto sempre più incerto a fronte della loro contrazione e del nuovo quadro competitivo venutosi a creare e che peraltro non andrebbe,  secondo il giurista prof. Pio Marconi, demonizzato, in quanto segna definitivamente la fine del regime di libertà vigilata che è stata una caratteristica dei media novecenteschi prima della caduta del muro di Berlino e soprattutto dell’avvento del Web.

·         Anche per questa ragione il promotore del network universitario Bruno Somalvico, unitamente ad una cooperazione rinforzata fra i servizi pubblici dei paesi fondatori dell’Unione Europea, giudica necessaria una rifondazione della loro ragione sociale in base ad una modifica costituzionale che definisca l’accesso al Web come diritto fondamentale. In questa direzione le Proposte e raccomandazioni finali approvate dal Gruppo Europeo di Torino e curate dallo stesso Enrique Bustamante invitano  l’Unione Europea ad armonizzare la missione, l’offerta, il finanziamento e la governance dei media di servizio pubblico per assicurare loro  una nuova stagione e per promuovere un nuovo modello audiovisivo europeo nel rispetto della tradizione europea





Integrazione alla nota sui lavori. “Oltre il Protocollo di Amsterdam” per la sessione pomeridiana del Convegno Connettere l’Europa, Roma, Biblioteca del Senato, 19 settembre 2016

Ruolo dei media di servizio pubblico nella formazione di un  sensus communis di appartenenza all’EuropaLa prospettiva nelle proposte degli attori del sistema

Nel 2017 si celebrerà il Sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Nello spirito dei padri dell’Europa e del Manifesto di Ventotene potrebbe essere promossa  una grande iniziativa italiana della Rai e del Governo per proporre una cooperazione rafforzata fra i PSM dei paesi fondatori  dell’Unione Europea e in primis dei grandi Paesi dell’Europa mediterranea: Italia Francia e Spagna. Tale iniziativa potrebbe essere promossa in stretta concertazione anche con il governo Maltese Presidente di Turno nel primo semestre 2017. In un momento difficile del processo di costruzione politica dell’Europa i media di servizio pubblico potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella formazione di un’opinione pubblica europea e nella costruzione di un’Europa dei cittadini in previsione della costruzione di un servizio pubblico europeo della comunicazione.

Italia, Francia e Spagna - attraverso RTVE, France Télévisions/ARTE/FMM e Rai - potrebbero nella fattispecie farsi promotrici di un rilancio dei servizi pubblici in ambito continentale promuovendo  iniziative congiunte tese a realizzare insieme ai PSM di altri paesi membri dell’Unione quella che viene definita  come “cooperazione rafforzata”  ovvero una procedura che consente ad almeno nove paesi dell'Unione europea (UE) di stabilire un' integrazione o una cooperazione più stretta in una determinata area all'interno delle strutture dell'UE senza il coinvolgimento di altri paesi dell'UE. Ciò consente loro di muoversi a velocità diverse e verso obiettivi diversi rispetto a quelli al di fuori delle aree di cooperazione rafforzata. La procedura è stata progettata per superare la paralisi che si verifica quando una proposta è bloccata da un singolo paese o da un piccolo gruppo di paesi che non vogliono far parte dell'iniziativa.
Storicamente l’Unione Europea di Radiodiffusione aveva avviato nel dopoguerra una cooperazione fra i broadcaster pubblici dando vita al circuito dell’Eurovisione e promuovendo successivamente a partire dagli scambi di informazioni e di programmi fra i propri membri anche cooperazioni sul piano editoriale che hanno dato vita ad emittenti come Eurosport ed Euronews successivamente finite (nel caso di Eurosport anche sotto il controllo editoriale) a gruppi privati, rispettivamente all’americano Liberty Media e con una quota del 53% al gruppo egiziano nelle telecomunicazioni che fa capo a Naguib Sawiris.

Queste cessioni sono state la conseguenza diretta delle norme europee vigenti che di fatto scoraggiano e penalizzano (se non addirittura proibiscono) qualsiasi iniziativa di cooperazione fra enti pubblici e lasciano solo ai privati l'esclusivo compito delle iniziative transnazionali o pan-europee.

Purtroppo la dimensione degli investimenti necessaria per raggiungere una massa critica sufficiente nel settore dei media, fa sì che nessun gruppo privato abbia le forze sufficienti per farlo e che quindi le uniche iniziative pan-europee nei media finiscano per essere quelle extra-europee. Le esperienze negative della campagna di Spagna di RCS o delle campagne pan-europee di Canal Plus sono li a dimostrarlo.

Un primo progetto di cooperazione rinforzata nell’era crossmediale potrebbe prevedere da un lato accordi bilaterali e multilaterali fra i PSM aderenti tesi a favorire una sorta di Erasmus nell’informazione attraverso stage e scambi di giovani giornalisti nelle redazioni, accordi bilaterali e multilaterali di scambio, facilities logistiche e ospitalità dei corrispondenti che favorirebbero anche contenimenti dei costi di gestione. Dall’altro potrebbe essere avviata un’iniziativa congiunta ad hoc fra i PSM aderenti, tesa a realizzare una piattaforma comune di accesso con un’unica app ad un ecosistema di prodotti e servizi in rete, garantendo ad esempio ad un viaggiatore la portabilità del servizio, ossia l’accesso sia al servizio del proprio paese d’origine sia a quello in cui si trova temporaneamente fornendo un contributo al superamento del geoblocking come auspicato dal Vice presidente della Commissione Europea Andrus Ansip.

Una tale piattaforma (cui peraltro la RAI sta già riflettendo da sola e insieme alle altre televisioni europee dell'Eurovisione) potrebbe finalmente avere la taglia critica necessaria per far fronte ai giganti americani come Netflix o Amazon o Google e quindi invertire la china negativa e l'emorragia di risorse pubblicitarie di cui tutti i media europei (nessuno escluso) sono oggi vittime.

Roma-Ginevra 8 settembre 2016

giovedì 19 marzo 2015

IN RICORDO DI JADER JACOBELLI


Dieci anni fa si spegneva dopo una lunga malattia combattuta con coraggio e piena lucidità Jader Jacobelli, un grande intellettuale (da giovane aveva fatto da paciere fra Ugo Spirito e Giovanni Gentile) e servitore disinteressato del servizio pubblico e della libera informazione. Padre della moderna comunicazione politica nella televisione italiana (memorabili le sue Tribune Politiche caratterizzate dalla massima imparzialità e imperturbabilità anche quando Marco Pannella ed Emma Bonino si presentarono imbavagliati e rimasero in silenzio per tutta la durata del programma) sino all'ultimo si è interessato di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione: si chiedeva in che misura i messaggini abbreviati tramite SMS (non si erano ancora affermati i social network e non era ancora nato Twitter) avrebbero influito nell'evoluzione del linguaggio e della comunicazione politica. Inflessibile ed imparziale aveva sempre rifiutato di schierarsi nel corso della sua carriera giornalistica (pur provenendo da una cultura politica nell'esperienza della radio degli alleati in Sardegna che lo aveva fatto assumere come cronista parlamentare in "quota" azionista): del resto nemmeno il figlio Giampiero mi diceva avere mai saputo per chi avesse votato in tale o tale altra consultazione elettorale. Celeberrimo il suo ruolo di moderatore che riproduceva anche nei dibattiti annuali che organizzava a Saint Vincent: la clessidra era inflessibile e se superavi solo di pochi secondi il limite imposto a ogni singolo partecipanti (6 minuti nel primo intervento 4 nella replica dell'indomani) con la sua gentile dolce quanto autorevole e quindi ultimativa voce eri costretto a chiudere il Tuo intervento. 
Un grande moderatore, non un moderato perché non era certo privo di convinzioni. Gli devo tanto non solo perché ci premiò proprio a Saint-Vincent nel 1998 per il primo saggio che avevo allora pubblicato al Mulino insieme a Bino Olivi dedicato a "La fine della comunicazione di massa", ma perché mi aveva invitato a resistere nei momenti professionali più difficili trascorsi nella Rai dei primi anni della Seconda Repubblica, invitandomi a superare con un sorriso le angherie subite dopo l'uscita di scena del mio maestro Massimo Fichera e i mancati avanzamenti di carriera, ma a mantenere fermo e saldo il proprio operato come servitore disinteressato delle ragioni del servizio pubblico e l'obiettivo della sua trasformazione nella società dell'informazione giudicato necessario perché fosse in grado di continuare ad essere al servizio dei cittadini e della collettività. 
Per questo ci invitò a lanciare la Carta di Amalfi all'origine di Infocivica di cui fu poi uno dei dieci soci fondatori nel dicembre 2003. Ancora a poche settimane dalla morte in una lettera scritta a Bino Olivi e al sottoscritto nel gennaio 2005, Jader Jacobelli sottolineava " l'urgenza di un suo [ossia di Infocivica] intervento sulla questione di cui si sta dibattendo nel paese: se la Rai deve divenire un'azienda pubblico-privata, o se invece deve esaltare la sua mission pubblica privatizzando societariamente la sua attività più commerciale. Nel primo caso a mio parere l'attività commerciale farebbe premio su quella civica. Nel secondo, l'attività civica non sarà più inquinata da logiche politiche e commerciali che la insidiano quotidianamente. In questo periodo - concludeva - Infocivica dovrebbe perciò produrre articoli, comunicati, lettere, sottoscrizioni a favore delle soluzione ritenuta più opportuna in modo da esercitare un'azione su chi deve decidere. Ciò servirebbe anche a far conoscere Infocivica, non soltanto come un gruppo di studio, ma anche “di pressione”.
Grazie ancora, caro Jader. E quello che stiamo continuando come associazione a fare: ricorderemo Jader Jacobelli mercoledì 25 marzo nel pomeriggio in una riunione a Roma presso la sede del Movimento Europeo in Piazza della Libertà 13 dedicata alle proposte che presenteremo fra un mese, venerdì 17 aprile al Senato in previsione del rinnovo della Convenzione nel 2016. Per conferire al nuovo servizio pubblico delle comunicazioni nella società dell'informazione e della conoscenza, autorevolezza, credibilità e qualità - non solo "qualità televisiva" ma diremmo oggi crossmediale attraverso un oculato presidio della Rete e un ritrovato rapporto con quei giovani e nativi digitali che tanto incuriosivano uno spirito acuto e rinascimentalmente aperto a 360 gradi come quello di Jader Jacobelli

mercoledì 26 novembre 2014

Per una costituente del servizio pubblico cross mediale
 delle Comunicazioni

di Bruno Somalvico

Con i Convegni promossi nel luglio 2013 al CNEL e  nell’ottobre 2013 a Eurovisioni, da Articolo 21 e dalla fondazione Di Vittorio è decollata la riflessione sulla questione del cd rinnovo della concessione Rai-Stato in scadenza nell’aprile 2016, invertendo la tendenza rispetto alla piega che stava assumendo il dibattito.

A un anno di distanza nell’autunno 2014 il sottosegretario del Governo Renzi responsabile per le comunicazioni presso il Ministero dello Sviluppo Economico Giacomelli  aveva annunciato un’ampia consultazione in previsione di questa scadenza. Secondo quanto annunciato domenica da La Repubblica, ma poi parzialmente smentito da Palazzo Chigi, invece, il governo si appresterebbe a fissare nuove modalità di riscossione del canone (per combatterne l’evasione) e con un Disegno di legge a definire una nuova Governance della Rai, da un lato istituendo la figura dell’Amministratore Delegato, dall’altro facendo eleggere dal Parlamento un Consiglio di Amministrazione formato da 5 persone scelte fra una rosa indicata da soggetti esterni e autonomi dalla politica come l’AGCOM, la Conferenza Stato Regioni, il Consiglio dei Rettori, la Corte Costituzionale e i Presidenti delle Camere, che si occuperebbe solo delle grandi scelte strategiche. Cambierebbe infine la durata del contratto di servizio pubblico. Non sarebbe più triennale, ma decennale. Per dare all’azienda la possibilità di programmare a lungo termine gli investimenti sulla base di un gettito certo che nel 2015 sarà di 1,8 miliardi. Nulla trapela invece in merito alla Convenzione fra la Rai e lo Stato in scadenza nel 2016

Nel giro di 48 ore l’ipotesi di mettere il canone in bolletta attraverso un emendamento alla legge di stabilità sostenuta dallo stesso Giacomelli è stata smentita da fonti di Palazzo Chigi mentre sembrerebbe rimanere in piedi quella di inserirlo nella dichiarazione dei redditi non è chiaro se mantenendolo come tassa di scopo ad hoc o abolendolo come vorrebbero alcuni deputati dello stesso PD e inserendolo nella fiscalità generale. In ogni caso  nulla è trapelato in merito alla missione del servizio pubblico nell’era del web. Che è – insieme alla riduzione degli sprechi e alla fine del controllo dei partiti – la vera questione da affrontare per garantire al servizio pubblico una nuova carta d’identità. In effetti, solo dopo averne stabilito le finalità, andrebbero definite le risorse necessarie e, in particolare, identificati gli strumenti più appropriati per poterle raccogliere, e quindi determinato l’ammontare complessivo del gettito ad esso allocato.

Ma prima ancora dell’identificazione del fabbisogno finanziario, andrebbe chiarito il riposizionamento editoriale del servizio pubblico in un mercato delle comunicazioni caratterizzato dal peso crescente dei fornitori di servizi di video on demand a pagamento in modalità “over the top” ossia al di sopra della rete, ovvero come le definisce l’AGCOM “imprese prive di una propria infrastruttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, da cui over-the-top che forniscono, attraverso le reti IP, servizi, contenuti e applicazioni di tipo rich media, basati sulla forte presenza di contenuti audiovisivi e traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali”

La questione non è se rinnovare più o meno tacitamente nel 2016 la Convenzione alla Rai per la concessione dei servizi di radiodiffusione circolare. Il nodo è saper se la scadenza della concessione è l'occasione per creare un nuovo servizio pubblico delle comunicazioni crossmediale e interattivo - e per questo occorre stabilire un preciso calendario - o se si intende meramente ricondurre burocraticamente la concessione in esclusiva alla Rai del servizio pubblico radiotelevisivo lineare.

Noi di Infocivica – come sostenuto nelle conclusioni della nostra Dichiarazione rifondativa “Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell’era digitale” - crediamo che debba essere l’occasione per dare vita ad una media company di servizio pubblico che presidi i contenuti, e ad un servizio pubblico di trasporto ad essa strettamente associato ma separato verticalmente rispetto al modello del vecchio radiodiffusore circolare, il cd. Brodcaster, nonché ad una piattaforma di accesso a Internet promossa su scala europea dai servizi pubblici in grado di costituire un hub tra il cittadino, i contenuti e i servizi offerti.

Il presidio nell'ottica del servizio pubblico della Rete è decisivo non solo per l'informazione e l'intrattenimento ma per la formazione delle nuove generazioni e l’educazione dei nativi digitali. La riforma del servizio pubblico in questo senso è un capitolo della riforma del welfare in senso intelligente ma anche dell'organizzazione della coesione sociale nella società dell'informazione e della conoscenza. Come tale la missione di coesione sociale nell'era della frammentazione e della parcellizzazione della collettività nazionale e il diritto d’accesso universale alla Rete costituiscono un bene prezioso da iscrivere nella Costituzione. Siamo convinti dell’opportunità che vadano ridefinite missione, offerta, finanziamento e regole in una Magna Charta del servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni, ovvero in un documento di valore costituzionale.

Una nuova Rai oltre la Rai. Guardare al 2016 in maniera autenticamente riformatrice significa a nostro parere aprire un processo costituente di un nuovo e composito soggetto in grado di incarnare e garantire in modalità e secondo logiche del tutto inedite nella nuova era la missione di coesione sociale storicamente assolta dai pubcaster e di estendere all'era digitale il carattere misto del sistema informativo e formativo della  nostra collettività

Contratto di servizio triennale e convenzione ventennale sono due istituti che potrebbero essere aboliti come a mio parere anche la Commissione Parlamentare che dovrebbe perdere la funzione di vigilanza sulla gestione della Rai – che potrebbero essere garantite dallo stesso Consiglio d’ Amministrazione attraverso relazioni semestrali al Parlamento - assumendo esclusivamente quella di indirizzo sull'intero sistema delle comunicazioni elettroniche. Non si tratta di costruire un elenco di bellissimi propositi come quelli redatti da sempre nei contratti triennali di servizio che poi nei fatti vengono aggirati e che fanno vivere internamente alla Rai il servizio pubblico come un obbligo e un vincolo. Si tratta di definire un indirizzo, un percorso di sfide per realizzare l'ambizioso progetto teso a restituire nella società della rete nuove forme di condivisione e di appartenenza, ovvero di conferire un nuovo sensus communis (come ben evidenziato nel saggio di Matthew Hibberd sulla storia della BBC) alla comunità nazionale ma anche alla collettività locale e all'Europa nella difficile costruzione della sua unità politica.

Realizzare un nuovo edificio del servizio pubblico crossmediale va visto come una straordinaria opportunità di crescita e di sviluppo e il mantenimento di un finanziamento pubblico attraverso un'apposita tassa di scopo, va visto come uno degli strumenti necessari per la creazione di nuovo valore a beneficio dell'intera collettività e in particolare delle fasce più deboli del corpo sociale.

Non si tratta di metter all'incanto e di frazionare le attività di servizio pubblico alla stregua di una utility quanto di chiarire bene con dati chiari e precisi l'impatto che questo nuovo servizio pubblico cross mediale delle comunicazioni può realizzare nel tempo.

Una Carta del Servizio pubblico a scadenza decennale (pari alla durata di due legislature) nata da un lavoro preparatorio nel quinquennio precedente alla sua scadenza potrebbe diventare IL documento di riferimento, frutto di un lavoro di concertazione e di audizioni con tutti i soggetti e attori interessati, avviato da una nuova Commissione Parlamentare di indirizzo sull’intero sistema delle comunicazioni, incaricata di verificare alla fine di ogni legislatura, ovvero a metà percorso, dopo cinque anni e alla scadenza della Magna Charta dopo dieci anni, il raggiungimento delle finalità indicate nel documento.

Il Centocinquantenario nel 2011, a cinque anni dalla scadenza del 2016, avrebbe potuto essere il terminus a quo di questo processo costituente che vede nel rinnovo della Convenzione nel 2016 il suo il terminus ad quem. Anche ipotizzando l’approvazione rapida in pochei mesi del disegno di legge e l’insediamento entro il mese di maggio del 2015 di un Amministratore Delegato unitamente ad un CdA eletto secondo nuove regole, la nuova governance disporrebbe di meno di un anno per delineare un progetto di rifondazione che richiede tempo.  

Un Comitato di esperti come quello suggerito da Infocivica nel 2011 al governo Monti, un piccolo think thank formato da giuristi, economisti, sociologi e visionari, avrebbe ancora il tempo se rapidamente insediato, di predisporre nel primo semestre del 2015 – alla stregua di quanto avviene nel Regno Unito attraverso una Royal Commission-  un Rapporto Preliminare in base al quale avviare  un’ampia consultazioni pubblica  e predisporre entro la fine del  2015 la redazione della prima Magna Charta del servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni da approvare come legge con maggioranza di tipo costituzionale entro l’inizio del 2016 e destinata ad entrare in vigore a partire dal maggio 2016 sino al 2026. Un processo analogo a quello avviato sin dal 2011 dal governo britannico per il rinnovo della Royal Charter alla BBC: rinnovo non tacito perché la BBC deve chiarire ogni dieci anni le ragioni del suo finanziamento attraverso il canone pagato  dai cittadini e le modalità di creazione – attraverso di esso - di quello che viene definito “public value” ovvero valore per la collettività, ma che chiede un grande sforzo di immaginazione da parte dei pubblici poteri e anche di chi opera all’interno dell’attuale Rai o verrà auspicabilmente chiamato a dirigerla (amministratore delegato) o a definirne le scelte strategiche (prossimo CdA): non un’asta come se si trattasse di concedere al miglior offerente un appalto.


Tale processo potrebbe intervenire attraverso una serie di tappe intermedie  Nel 2016 Terminus a quo rinnovo pro tempore dei servizi lineari e consolidamento del processo di trasformazione da brodcaster a media company destinato a concludersi nel 2026 terminus ad quem. A metà percorso nel 2020-2021, con l’estensione universale dell’accesso alla banda ultra larga per tutti i cittadini, costituzione della forma giuridica del nuovo servizio pubblico crossmediale e interattivo delle comunicazioni