mercoledì 26 novembre 2014

Per una costituente del servizio pubblico cross mediale
 delle Comunicazioni

di Bruno Somalvico

Con i Convegni promossi nel luglio 2013 al CNEL e  nell’ottobre 2013 a Eurovisioni, da Articolo 21 e dalla fondazione Di Vittorio è decollata la riflessione sulla questione del cd rinnovo della concessione Rai-Stato in scadenza nell’aprile 2016, invertendo la tendenza rispetto alla piega che stava assumendo il dibattito.

A un anno di distanza nell’autunno 2014 il sottosegretario del Governo Renzi responsabile per le comunicazioni presso il Ministero dello Sviluppo Economico Giacomelli  aveva annunciato un’ampia consultazione in previsione di questa scadenza. Secondo quanto annunciato domenica da La Repubblica, ma poi parzialmente smentito da Palazzo Chigi, invece, il governo si appresterebbe a fissare nuove modalità di riscossione del canone (per combatterne l’evasione) e con un Disegno di legge a definire una nuova Governance della Rai, da un lato istituendo la figura dell’Amministratore Delegato, dall’altro facendo eleggere dal Parlamento un Consiglio di Amministrazione formato da 5 persone scelte fra una rosa indicata da soggetti esterni e autonomi dalla politica come l’AGCOM, la Conferenza Stato Regioni, il Consiglio dei Rettori, la Corte Costituzionale e i Presidenti delle Camere, che si occuperebbe solo delle grandi scelte strategiche. Cambierebbe infine la durata del contratto di servizio pubblico. Non sarebbe più triennale, ma decennale. Per dare all’azienda la possibilità di programmare a lungo termine gli investimenti sulla base di un gettito certo che nel 2015 sarà di 1,8 miliardi. Nulla trapela invece in merito alla Convenzione fra la Rai e lo Stato in scadenza nel 2016

Nel giro di 48 ore l’ipotesi di mettere il canone in bolletta attraverso un emendamento alla legge di stabilità sostenuta dallo stesso Giacomelli è stata smentita da fonti di Palazzo Chigi mentre sembrerebbe rimanere in piedi quella di inserirlo nella dichiarazione dei redditi non è chiaro se mantenendolo come tassa di scopo ad hoc o abolendolo come vorrebbero alcuni deputati dello stesso PD e inserendolo nella fiscalità generale. In ogni caso  nulla è trapelato in merito alla missione del servizio pubblico nell’era del web. Che è – insieme alla riduzione degli sprechi e alla fine del controllo dei partiti – la vera questione da affrontare per garantire al servizio pubblico una nuova carta d’identità. In effetti, solo dopo averne stabilito le finalità, andrebbero definite le risorse necessarie e, in particolare, identificati gli strumenti più appropriati per poterle raccogliere, e quindi determinato l’ammontare complessivo del gettito ad esso allocato.

Ma prima ancora dell’identificazione del fabbisogno finanziario, andrebbe chiarito il riposizionamento editoriale del servizio pubblico in un mercato delle comunicazioni caratterizzato dal peso crescente dei fornitori di servizi di video on demand a pagamento in modalità “over the top” ossia al di sopra della rete, ovvero come le definisce l’AGCOM “imprese prive di una propria infrastruttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, da cui over-the-top che forniscono, attraverso le reti IP, servizi, contenuti e applicazioni di tipo rich media, basati sulla forte presenza di contenuti audiovisivi e traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali”

La questione non è se rinnovare più o meno tacitamente nel 2016 la Convenzione alla Rai per la concessione dei servizi di radiodiffusione circolare. Il nodo è saper se la scadenza della concessione è l'occasione per creare un nuovo servizio pubblico delle comunicazioni crossmediale e interattivo - e per questo occorre stabilire un preciso calendario - o se si intende meramente ricondurre burocraticamente la concessione in esclusiva alla Rai del servizio pubblico radiotelevisivo lineare.

Noi di Infocivica – come sostenuto nelle conclusioni della nostra Dichiarazione rifondativa “Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell’era digitale” - crediamo che debba essere l’occasione per dare vita ad una media company di servizio pubblico che presidi i contenuti, e ad un servizio pubblico di trasporto ad essa strettamente associato ma separato verticalmente rispetto al modello del vecchio radiodiffusore circolare, il cd. Brodcaster, nonché ad una piattaforma di accesso a Internet promossa su scala europea dai servizi pubblici in grado di costituire un hub tra il cittadino, i contenuti e i servizi offerti.

Il presidio nell'ottica del servizio pubblico della Rete è decisivo non solo per l'informazione e l'intrattenimento ma per la formazione delle nuove generazioni e l’educazione dei nativi digitali. La riforma del servizio pubblico in questo senso è un capitolo della riforma del welfare in senso intelligente ma anche dell'organizzazione della coesione sociale nella società dell'informazione e della conoscenza. Come tale la missione di coesione sociale nell'era della frammentazione e della parcellizzazione della collettività nazionale e il diritto d’accesso universale alla Rete costituiscono un bene prezioso da iscrivere nella Costituzione. Siamo convinti dell’opportunità che vadano ridefinite missione, offerta, finanziamento e regole in una Magna Charta del servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni, ovvero in un documento di valore costituzionale.

Una nuova Rai oltre la Rai. Guardare al 2016 in maniera autenticamente riformatrice significa a nostro parere aprire un processo costituente di un nuovo e composito soggetto in grado di incarnare e garantire in modalità e secondo logiche del tutto inedite nella nuova era la missione di coesione sociale storicamente assolta dai pubcaster e di estendere all'era digitale il carattere misto del sistema informativo e formativo della  nostra collettività

Contratto di servizio triennale e convenzione ventennale sono due istituti che potrebbero essere aboliti come a mio parere anche la Commissione Parlamentare che dovrebbe perdere la funzione di vigilanza sulla gestione della Rai – che potrebbero essere garantite dallo stesso Consiglio d’ Amministrazione attraverso relazioni semestrali al Parlamento - assumendo esclusivamente quella di indirizzo sull'intero sistema delle comunicazioni elettroniche. Non si tratta di costruire un elenco di bellissimi propositi come quelli redatti da sempre nei contratti triennali di servizio che poi nei fatti vengono aggirati e che fanno vivere internamente alla Rai il servizio pubblico come un obbligo e un vincolo. Si tratta di definire un indirizzo, un percorso di sfide per realizzare l'ambizioso progetto teso a restituire nella società della rete nuove forme di condivisione e di appartenenza, ovvero di conferire un nuovo sensus communis (come ben evidenziato nel saggio di Matthew Hibberd sulla storia della BBC) alla comunità nazionale ma anche alla collettività locale e all'Europa nella difficile costruzione della sua unità politica.

Realizzare un nuovo edificio del servizio pubblico crossmediale va visto come una straordinaria opportunità di crescita e di sviluppo e il mantenimento di un finanziamento pubblico attraverso un'apposita tassa di scopo, va visto come uno degli strumenti necessari per la creazione di nuovo valore a beneficio dell'intera collettività e in particolare delle fasce più deboli del corpo sociale.

Non si tratta di metter all'incanto e di frazionare le attività di servizio pubblico alla stregua di una utility quanto di chiarire bene con dati chiari e precisi l'impatto che questo nuovo servizio pubblico cross mediale delle comunicazioni può realizzare nel tempo.

Una Carta del Servizio pubblico a scadenza decennale (pari alla durata di due legislature) nata da un lavoro preparatorio nel quinquennio precedente alla sua scadenza potrebbe diventare IL documento di riferimento, frutto di un lavoro di concertazione e di audizioni con tutti i soggetti e attori interessati, avviato da una nuova Commissione Parlamentare di indirizzo sull’intero sistema delle comunicazioni, incaricata di verificare alla fine di ogni legislatura, ovvero a metà percorso, dopo cinque anni e alla scadenza della Magna Charta dopo dieci anni, il raggiungimento delle finalità indicate nel documento.

Il Centocinquantenario nel 2011, a cinque anni dalla scadenza del 2016, avrebbe potuto essere il terminus a quo di questo processo costituente che vede nel rinnovo della Convenzione nel 2016 il suo il terminus ad quem. Anche ipotizzando l’approvazione rapida in pochei mesi del disegno di legge e l’insediamento entro il mese di maggio del 2015 di un Amministratore Delegato unitamente ad un CdA eletto secondo nuove regole, la nuova governance disporrebbe di meno di un anno per delineare un progetto di rifondazione che richiede tempo.  

Un Comitato di esperti come quello suggerito da Infocivica nel 2011 al governo Monti, un piccolo think thank formato da giuristi, economisti, sociologi e visionari, avrebbe ancora il tempo se rapidamente insediato, di predisporre nel primo semestre del 2015 – alla stregua di quanto avviene nel Regno Unito attraverso una Royal Commission-  un Rapporto Preliminare in base al quale avviare  un’ampia consultazioni pubblica  e predisporre entro la fine del  2015 la redazione della prima Magna Charta del servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni da approvare come legge con maggioranza di tipo costituzionale entro l’inizio del 2016 e destinata ad entrare in vigore a partire dal maggio 2016 sino al 2026. Un processo analogo a quello avviato sin dal 2011 dal governo britannico per il rinnovo della Royal Charter alla BBC: rinnovo non tacito perché la BBC deve chiarire ogni dieci anni le ragioni del suo finanziamento attraverso il canone pagato  dai cittadini e le modalità di creazione – attraverso di esso - di quello che viene definito “public value” ovvero valore per la collettività, ma che chiede un grande sforzo di immaginazione da parte dei pubblici poteri e anche di chi opera all’interno dell’attuale Rai o verrà auspicabilmente chiamato a dirigerla (amministratore delegato) o a definirne le scelte strategiche (prossimo CdA): non un’asta come se si trattasse di concedere al miglior offerente un appalto.


Tale processo potrebbe intervenire attraverso una serie di tappe intermedie  Nel 2016 Terminus a quo rinnovo pro tempore dei servizi lineari e consolidamento del processo di trasformazione da brodcaster a media company destinato a concludersi nel 2026 terminus ad quem. A metà percorso nel 2020-2021, con l’estensione universale dell’accesso alla banda ultra larga per tutti i cittadini, costituzione della forma giuridica del nuovo servizio pubblico crossmediale e interattivo delle comunicazioni

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