mercoledì 19 novembre 2014

Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell'era digitale. Dichiarazione rifondativa di Infocivica









DICHIARAZIONE RIFONDATIVA
DI INFOCIVICA




Per una responsabilità pubblica
nelle comunicazioni dell’era digitale

















Roma, 18 novembre 2014


Premessa. Questo documento vuole esporre le principali motivazioni dell’azione di Infocivica nell’attuale stagione; e il nucleo fondamentale della sua proposta per il futuro del mondo delle comunicazioni nel nostro Paese. Non si intende quindi fornire un documento sistematico e analiticamente esauriente. E’ questa una dichiarazione che ha l’ambizione di fornire l’impulso a un intervento strutturale in un campo fondamentale per la vita civile, sociale e anche economica del Paese.

1. Il mondo è cambiato, è necessario pensarlo.
Negli ultimi 20 anni sono turbinosamente cambiate tutte le forme dell’agire e interagire umano. A stento possiamo rappresentarci il cambiamento che ha investito stili di vita e aspettative, mondo del lavoro e finanziario, universo della politica. Questo mondo non è stato ancora pensato. Perciò non è stato nemmeno organizzato. La tecnologica è andata molto più rapidamente del nostro pensiero e della nostra capacità organizzativa. Si tratta di una rivoluzione probabilmente più importante di quella avviata da Gutenberg e della quale noi cogliamo ancora solo gli effetti iniziali. Una rivoluzione che due vocaboli esprimono meglio di ogni altro: Internet e comunicazione digitale. E’ oramai da tutti riconosciuto che il web e più in generale la comunicazione digitale sarà il veicolo, costituirà l’agorà, il cuore pulsante non solo di ogni contenuto informativo ma sempre più di ogni interagire formativo, lavorativo, economico-finanziario,  politico. Per non parlare di ambiti quali sicurezza e armamenti. Enormi sono dunque le potenzialità e anche i rischi: nuove uguaglianze e disuguaglianze, libertà e forme di dominio, inclusioni ed esclusioni, spinte all’omologazione e alla manipolazione ma forse anche a inedite forme di creatività..

2. Governare il cambiamento.
Il nuovo mondo del web e del digitale è sempre più al centro della vita democratica. Non solo in quanto imprescindibile mezzo d’informazione e comunicazione ma anche come mezzo per l’azione, il controllo, la mobilitazione e la decisione politica. Facciamo esempi disparati e immaginiamone i possibili sviluppi futuri: Breivik e Assange, il mondo dell’e-cloud e delle gigantesche banche dati, Grillo e la cosiddetta democrazia della rete. Se ha un senso e ha forza il discorso sulla rottamazione di classi dirigenti e politiche esso in fondo ce l’ha anche e forse in primo luogo in relazione a questo sviluppo che rende più idonee a certi ruoli di direzione e decisione generazioni di nativi o semi-nativi digitali e obsolete le generazioni precedenti.. E però se le generazioni più anziane possono cadere nella tentazione apocalittica, le più giovani possono cadere nell’ingenuità di immaginare il mondo digitale come un mondo naturale e neutrale: cosa che esso assolutamente non è. A questo proposito occorre aver chiaro che, con l’ampliarsi della potenza tecnologica, anche e forse soprattutto nel campo della comunicazione, i doveri di sorveglianza, regolazione e indirizzo della politica non scemano; ché anzi doveri e responsabilità di quest’ultima aumentano enormemente. Enormi possono essere (in qualche misura già sono) i danni di una politica debole. Grande è il cambiamento, grandi devono essere le capacità di comprenderlo, gestirlo e governarlo.
3. Comunicare: un diritto oggi fondamentale.
Quanto abbiamo sostenuto sinora ci induce a porre con decisione il tema di una nuova responsabilità pubblica nel mondo delle comunicazioni nell’epoca del digitale. Infocivica ritiene a tal proposito di proporre una definizione di tale responsabilità nella Carta Costituzionale. Come è noto la Costituzione già afferma nell’articolo 21 del Titolo I che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E’ un principio di libertà definito in rapporto alla stampa; adeguato a una realtà agricolo-industriale o anche industriale quale quella del nostro Paese sino agli anni Ottanta. Ma assai meno corrispondente alla società dell’informazione nella quale oggi viviamo. In questa, non è solo la libertà di espressione ma il poter comunicare in entrata e in uscita a diventare un diritto. L’accesso al mondo delle comunicazioni diventa così un diritto fondamentale analogamente a quello all’istruzione e alla salute. E come tale esso andrebbe fissato nella Carta fondamentale. E allora come per rapporto alla tutela della salute nella Costituzione si entra nel merito affermando che la Repubblica “garantisce cure gratuite agli indigenti”, e altrettanto si fa quando, parlando dell’istruzione, si afferma che si istituiscono “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, qualcosa di analogo Infocivica ritiene debba essere introdotto nella Carta a proposito del diritto alla comunicazione, garantendo l’accesso alla Rete gratuito e universale.

4. Responsabilità e regolazione pubblica.
Il web è nato all’insegna della condivisione e della net neutrality. E’ questo un dato enormemente positivo che non è lecito trascurare. Un dato di libertà e di uguaglianza. Del pari, però, non è lecito trascurare che questo sistema di libertà, lasciato a sé stesso, produce diseguaglianze, posizioni dominanti, arricchimenti illimitati, violazioni di altre libertà e persino di sicurezze. E’ necessaria dunque una efficace regolazione pubblica di tutta la materia. Citiamo le questioni principali: a) regolare l’attività dei carrier (gestori di rete) e dei provider (gestori di hub/piattaforme) e delle loro relazioni con fornitori ed editori di contenuti; b) definire  un equo regime di fiscalità sui profitti derivanti dalla rete; c) controllo su pari opportunità di accesso attivo alla rete; d) certificazione della qualità dell’informazione che transita in rete; e) messa al bando di contenuti violenti o comunque lesivi della dignità della persona con particolare attenzione ai diritti delle minoranze deboli e soprattutto dei minori. f) Tale questione riguarda quella più ampia dell’impatto che i contenuti prodotti da grandi aziende per la rete hanno sulla formazione e informazione verso milioni di cittadini. Può qui parlarsi di una responsabilità sociale di tali imprese che va anch’essa regolata e per la quale immaginare, in Italia, un più puntuale intervento da parte di strutture quali l’Agcom. g) Una questione particolarmente delicata, è trovare un punto di equilibrio tra diritti proprietari (musica, parole e immagini) e libertà alla comunicazione in rete. h) Un aspetto anche economicamente assai rilevante riguarda in proposito la regolazione degli operatori over-the-top Ott (con annesso anche qui il tema fiscale) e quello delle economie di scala necessarie per far fronte agli investimenti in nuove e adeguate piattaforme di accesso a tali servizi secondo finalità di servizio pubblico.
Più in generale, si tratta di prendere atto del fatto che col digitale non si rivoluziona solo la trasmissione dei contenuti verso una dimensione continentale e globale ma anche la loro produzione e riproducibilità. Questo moltiplica incredibilmente il numero di coloro che, da semplici spettatori, diventano oggi produttori e trasmettitori di immagini e suoni con ampi riflessi di carattere  legislativo. I punti qui detti dovrebbero subito entrare a far parte, secondo Infocivica, dell’agenda di governo.

5. L’Europa.
E del tutto evidente, però, che una regolazione a base nazionale sarebbe inadeguata e di fatto impossibile di fronte a una realtà quale quella del web, che ha dimensione mondiale ed esprime una continua innovazione tecnologica. Decisivo è perciò un impegno per una regolamentazione dei punti di cui sopra innanzitutto a livello dell’Unione Europea. Regolamentazione che incroci il processo legato all’agenda digitale europea. Oggi in Europa abbiamo un sistema di regole diverso che si applica ad Internet e al mondo online rispetto a quello che abbiamo per i media tradizionali la radio e per la televisione Quando navighiamo su una pagina di Google, postiamo un pensiero o una foto su Facebook o cinguettiamo su Twitter, anche se ci troviamo in Europa ci troviamo in un sistema regolamentato dalle leggi americane. Se scriviamo su Facebook “Mi piace Infocivica” il nostro post è regolamentato dalle leggi dello Stato della California. Viceversa se un giornalista della Rai scrive una cosa sbagliata è sottoposto alle leggi italiane alle sanzioni previste in  Italia e alle regole previste dall’ordine dei giornalisti. Non abbiamo a che fare con una concorrenza leale essendo palese che qualcuno gioca in un campo e qualcuno in un altro.
Non dobbiamo affatto dare per scontata tutta una serie di cose. In primo luogo pensiamo di aver creato un mercato unico europeo a partire dal 1993 ma non è così. In realtà se guardiamo bene come stanno le cose, abbiamo creato un mercato unico per imprese non europee come Apple che sceglie comodamente il paese in Europa con la legislazione più favorevole in materia di copyright, istallando I Tunes in Lussemburgo perché in Lussemburgo è più facile fare un accordo collettivo con la società degli autori lussemburghesi comprando i diritti per tutta l’Europa in questo solo Paese. Viceversa una società basata in Europa come la finlandese Nokia prima di essere acquistata dall’americana Microsoft, se voleva fare la stessa cosa di I Tunes era costretta ad andare nei 28 Paesi dell’Unione e a negoziare un accordo collettivo nazionale con le 28 società nazionali degli autori ed editori anziché un accordo paneuropeo, perché queste sono le regole europee per le imprese europee. Se Google vuole pagare meno tasse colloca la propria sede europea in Irlanda. Viceversa la Rai non può andarsene in Irlanda perché il diritto fiscale è più conveniente di quello in Italia.

Occorre dunque un sistema di regole completamente diverso che richiede una rivoluzione nel nostro modo di pensare e anche in quello di affrontare queste problematiche da parte delle istituzioni e in primis da parte della nuova Commissione, per assicurare una concorrenza leale e realizzare un vero mercato unico europeo delle comunicazioni.
Sempre a livello  europeo si auspica:
a) una costituzionalizzazione della responsabilità pubblica nella futura carta dell’Unione europea;
b) un rapido sviluppo dell’azione di concertazione e di coordinamento dei servizi pubblici dell’Unione con lo sviluppo in particolare di Euronews come canale di informazione europea;
c) la creazione di una major europea della creatività che possa produrre, fiction, format, documentari e che dia impulso agli audiovisivi nazionali a tutela delle identità culturali nazionali;
d) last but not least, un’energica azione di solidarietà europea fra i servizi pubblici  per far fronte agli onerosi investimenti necessari per realizzare una piattaforma europea in grado da un lato di disporre di adeguate economie di scala, dall’altro di  assicurare un accesso equo e non discriminatorio alla rete autenticamente al servizio della società.
In prospettiva si ritiene doveroso sostenere tutte quelle ipotesi miranti a creare uno o più fornitori di servizi e accesso europei che pure sono da considerarsi presidio di una libertà e anche di una sicurezza europee.

6. 2016, ultima chiamata per il servizio pubblico in Italia.
Il servizio pubblico radiotelevisivo, in Italia, è sempre stato identificato da due caratteristiche fondamentali: la produzione di contenuti originali e la capacità di fornire gli stessi a tutti i cittadini unitamente ad altri contenuti selezionati tra quelli disponibili sul mercato audiovisivo. Anche nell’era delle reti digitali non avrebbe senso un servizio pubblico che si preoccupasse delle modalità distributive e del rapporto interattivo con i cittadini senza offrire contemporaneamente contenuti autoprodotti  che si distinguano per qualità e per coerenza con la mission pubblica. Il Servizio Pubblico crossmediale delle comunicazioni deve garantire l’accesso, fornire assistenza personalizzata per la navigazione tra i contenuti e servizi disponibili e garantire, attraverso la produzione, la disponibilità di contenuti di qualità nell’informazione, nell’area educativa e formativa ed in quella dell’intrattenimento.
Centrale per il servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni rimane la questione dell’accesso diretto dei propri contenuti agli utenti finali, ovvero della necessità di creare condizioni effettive per fare in modo che siano destinati agli utenti e da essi effettivamente fruiti e non meramente “depositati” in rete. Mentre nell’offerta lineare del brodcaster il problema non si pone, in rete decisivo rimane il rapporto con l’utente finale ovvero cruciale per l’editore di contenuti pubblici sarà mantenere un canale di dialogo interattivo con i cittadini, fornendo loro una connessione e una funzione di filtro e di bussola di fronte al mare magnum dei contenuti. Non si tratta di sostituirsi a Google ma di garantire. attraverso una grande piattaforma realizzata su scala europea secondo principi di solidarietà e di perequazione da tutti i servizi pubblici in tutti i 28 paesi grandi e piccoli dell’Unione Europea, l’accesso ai propri contenuti da una sorta di posizione intermedia in maniera che esso sia reso effettivo in condizioni chiare, eque e non discriminatorie.

Nel 2016 scade la convenzione ventennale tra Lo Stato italiano e la Rai come concessionaria del servizio pubblico televisivo. E’ una scadenza in certo senso provvidenziale, che deve essere vissuta dalla classe dirigente del Paese come occasione per corrispondere a una nuova rilevante necessità nazionale. La stessa crisi finanziaria europea indica che comunque tutti usciremo da questo tempo cambiati nel profondo. Un nuovo sistema delle comunicazioni è una leva essenziale perché l’Italia torni a camminare e anzi a correre. Il rinnovo della convenzione deve essere al centro e può essere il motore di tale ridisegno.
La funzione nazionale della Rai ha conosciuto nella sua storia fasi più brillanti e altre che lo sono state meno. Negli ultimi decenni il suo cammino si è fatto più incerto. La Rai ha, fuor di discussione, moltissimi problemi che originano al suo interno e che al suo interno devono essere affrontati e risolti: problemi economici, di ristrutturazione aziendale, di programmazione e produzione culturale ecc. Ma il fattore essenziale che ha sempre pesato e che mina il prestigio e l’efficienza del servizio pubblico è un fattore esogeno; sta nel comportamento di una classe dirigente in generale e in specifico di una classe politica incapace di mettere a punto e prospettare un progetto motivato e coerente di servizio pubblico radiotelevisivo. Questo è oggi necessario. Che la classe dirigente del Paese giunga a definire, in modo condiviso, la nuova missione di un servizio pubblico non più soltanto radiotelevisivo ma affidato ad una media company in grado di fornire un servizio pubblico delle comunicazioni crossmediale e interattivo, ovvero presente su tutte le piattaforme con contenuti sia lineari sia a richiesta, nel contesto di una riorganizzazione del sistema delle comunicazioni nazionali. In particolare al servizio pubblico si richiede una attenzione speciale ai contenuti trasmessi, attraverso oculate scelte editoriali nell’ottica di una politica di innovazione e di riposizionamento nel nuovo ambiente digitale. Il servizio pubblico è chiamato ad agire da supporto e da regolatore verso l’iniziativa privata di produzione dei media, attuando nei diversi generi una efficace politica di controllo della qualità. Oltre i pur necessari obiettivi di ascolto fotografati da una rinnovata Auditel, non ci si può fermare alla qualità percepita ma – come ricordava Jader Jacobellioccorre garantire la “qualità dovuta” istituzionalmente nei confronti dei cittadini.
In previsione del 2016 è responsabilità statuale reperire un concessionario in grado di soddisfare la nuova missione di servizio pubblico nell’era della centralità della Rete tenendo presente che da un lato la Rai non sarebbe in grado di gestire hardware e software come lo faceva da broadcaster.  O il 2016 sarà l’occasione per questa operazione o tale scadenza sarà una grande occasione persa e inevitabilmente il nostro sistema delle comunicazioni entrerà in una irreversibile fase di declino.

7. Le trasformazioni necessarie nel servizio pubblico.
Il carattere globale di Internet impone un cambio di scala e una trasformazione del ruolo del servizio pubblico. Quello che è stato il broadcast deve divenire sempre più il catalizzatore e l’orchestratore di energie che vanno connesse, unite, coordinate. E’ necessario, cioè, partire dalla introiezione del passaggio dal broadcast (comunicazione di uno – o alcuni – verso tutti) a una comunicazione tendenzialmente di tutti verso tutti.
In questo contesto è possibile e altresì necessario ripensare la cultura come cittadinanza sociale comune, nella fruizione dei beni culturali pensati non come giacimenti da sfruttare ma come patrimonio da valorizzare con la conoscenza e con la fruibilità condivise, grazie alla rete e alle nuove tecnologie interattive in sinergia tra il Miur e il Mibac. Il Servizio Pubblico può aiutare per questa via la comunità nazionale a costruire anche nella rete un luogo, uno specchio, nel quale essa possa leggersi e interpretarsi, un luogo in cui sentirsi italiani fra gli italiani, ma anche europei fra gli europei, un luogo in cui tutti e ciascuno si senta rappresentato, in cui nessuno abbia il timore che ci sia chi provvede a deformare lo specchio o a truccare le carte,  un luogo finalizzato a una ordinata convivenza. Merito del Servizio pubblico radiotelevisivo ai suoi albori fu dare una lingua agli italiani. Oggi, valorizzando pienamente le teche della Rai e rendendole parte integrante di quel patrimonio costituito dagli archivi nazionali promuovendo, sull’onda del successo del modello francese, un grande Istituto nazionale della Memoria Audiovisiva del Paese, il nuovo Servizio pubblico crossmediale deve dar loro fiducia nel proprio destino di collettività nazionale, anche perché noi italiani siamo forti di una storia straordinaria. A una comunità nazionale non serve solo una comunicazione efficace  tra le proprie istituzioni e la cittadinanza. È forse ancor più necessario un luogo in cui depositare la memoria di sé, per raccontarla a se stessa infinite volte, e in forme diverse. Un luogo dal quale attingere quel senso di identità forte che solo permette di affrontare senza paure le sfide dell'incontro con altre culture. Un luogo, in una parola, di libertà, ma anche di memoria e di costruzione delle molteplici identità che sempre più dovremo assumere.

8. Il servizio pubblico come Hub, una nuova frontiera editoriale.
Infocivica è convinta che il Servizio Pubblico possa posizionarsi al centro di questo scenario se si pone l’obiettivo di operare in una nuova frontiera editoriale come punto di riferimento e canale di scorrimento, come Hub tra il cittadino, i contenuti e i servizi offerti sia dal Servizio Pubblico stesso, sia da altri soggetti. Questo posizionamento deve:
a) mirare a informare in modo intelligente e attraverso il dialogo con l’utente circa tutti i contenuti presenti nel web. E a certificare innanzitutto il carattere di ogni informazione presente. Non secondo il criterio del vero/falso ma secondo quello genealogico dell’origine e dei passaggi di ogni dato. Non si tratta, in tale funzione di sostituirsi ai motori di ricerca e alle grandi banche dati ma di aiutare il pubblico ad usare gli strumenti a disposizione. 
b) Il medesimo sistema hub può svolgere una funzione decisiva nel connettere, tra loro e con i cittadini, le diverse strutture culturali, centrali e locali, di ogni Paese dell’Unione Europea. E per ottimizzare, in una virtuosa economia di scala, costi e investimenti e offerta di Università, accademie, biblioteche e mediateche, scuole superiori, teatri, musei, enti lirici e conservatori, film commissione e film fund, distretti produttrici della creatività ecc.
c) Il dialogo personalizzato con l’utente che è alla base del servizio pubblico trova possibilità, inimmaginabili prima, grazie al web  e, in particolare, consente una radicale innovazione nella comunicazione istituzionale attraverso una collaborazione su nuove basi con enti locali e realtà territoriali.


Va da sé che l’organizzazione di tale posizionamento strategico che costituisce il nocciolo della trasformazione oggi necessaria nell’ambito del servizio pubblico, è impresa impegnativa, sia dal punto di vista progettuale che delle risorse umane e quindi dei costi, sia sotto il profilo editoriale. Garantirsi adeguati spazi in rete, addestrare gli operatori necessari per il dialogo con gli utenti, le interconnessioni con centri di ricerca e banche dati implica il reperimento di risorse finanziarie che, ad avviso di Infocivica, dovrebbero provenire non solo dalla pubblicità ma da una nuova fonte decisiva: quella costituita, come detto, da una adeguata fiscalità applicata ai soggetti privati del web o da una loro collaborazione gratuita con mezzi e competenze al posto di detto prelievo.

9. Le nostre proposte
In conclusione Infocivica avanza le seguenti proposte. Il servizio pubblico, nell’attuale fase delle comunicazioni, deve porsi come obiettivo quello di assolvere i seguenti nove compiti:
I) garantire a tutti i cittadini il libero accesso universale alla rete attraverso una connessione internet auspicabilmente gratuita e in Wi-fi, in ogni caso in condizioni chiare eque e non discriminatorie e attraverso una capillare implementazione di infrastrutture effettivamente a banda larga e, secondo il piano previsto da Europa 2020, a banda  ultralarga. Nelle infrastrutture vanno considerate le utilities in gran parte di proprietà degli enti locali e partecipate in modo da realizzare una effettiva grande rete pubblica;
II) garantire a tutti i cittadini i contenuti free disponibili sulla rete. Questi due primi compiti andrebbero inseriti in Costituzione a completamento dell’art. 21 del I Titolo o come suo seguito secondo quanto si è già precedentemente detto.
III) Predisporre – auspicabilmente su scala europea - i necessari meccanismi di salvaguardia, sicurezza e certificazione per gli utenti, garantendo la tutela della loro privacy;
IV) Produrre contenuti di informazione, educativi e ricreativi da offrire gratuitamente a tutti gli utenti via broadband o broadcast;
V) distribuire e consentire l’accesso on line a contenuti scritti di editoria elettronica e audiovisivi gratuiti e o a pagamento;
VI) garantire servizi di connessione con gli utenti e interconnessione con gli istituti culturali presenti sul web attraverso una grande piattaforma realizzata su scala europea secondo principi di solidarietà e di perequazione fra i 28 Paesi membri dell’Unione Europea;
VII) produrre contenuti di comunicazione istituzionale e gestire servizi di connessione con la Pubblica Amministrazione e con altri soggetti pubblici e privati;
VIII) promuovere il radicamento del servizio pubblico nel territorio e la sua funzione di prossimità ricostruendo virtualmente le piazze delle Centocittà;
IX) assicurare un servizio di orientamento/assistenza (help desk) che aiuti l’utente nella ricerca e fruizione di tutti i servizi e offerte della rete.

A giudizio di Infocivica i primi due compiti sopra descritti devono essere assolti:

a) da un carrier delle comunicazioni pubblico nazionale che unifichi telefonia, segnale di rete e radio televisivo in una unica azienda pubblica (il “servizio pubblico di trasporto”) - incaricata di gestire la rete rendendola disponibile a tutti i fornitori di contenuti e servizi sia pubblici sia privati – che può naturalmente stabilire rapporti anche con aziende private e che può anche essere compartecipata da privati ma con golden share pubblica.

b) dalla piattaforma europea dei servizi pubblici finanziata secondo principi di solidarietà per assicurare un accesso equo e non discriminatorio alla rete autenticamente al servizio della società su scala continentale; 

c) Tutti gli altri compiti - compresa la funzione di organizzazione e gestione dell’hub e della connessione e la costruzione di un rapporto personalizzato con gli utenti finali intesa come nuova frontiera editoriale - devono essere assolti da una Media company che erediti i compiti sin qui svolti dalla Rai e li ricollochi nel nuovo universo crossmediale interattivo. Quanto alla struttura aziendale essa potrebbe seguire il modello descritto per l’azienda di trasporto.

Da quanto qui detto risulta chiaro che Infocivica ritiene utile, economicamente e per l’utenza, distinguere l’operatore di trasporto e le relative infrastrutture da quelle dell’operatore e distributore editoriale che a sua volta benefici della nuova piattaforma di accesso alla rete realizzata su scala continentale unitamente a tutti gli altri servizi pubblici dei 28 paesi dell’Unione Europea.  Tale passaggio e la sua economicità risulta evidente soprattutto se coinvolge l’intero sistema e i suoi attori


10. Conclusioni

A giudizio di Infocivica, nelle attuali condizioni del Paese (stagnazione economica, arretratezza educativa e culturale, ostilità dei cittadini verso la politica) un ampio progetto di rilancio della comunicazione di qualità in termini di hardware e di software, affidata a iniziative pubbliche cui destinare energie giovani e motivate, può rappresentare una grande opportunità anche per la classe politica e per il Governo italiano.

Gli scenari per la nuova Convenzione del servizio pubblico nel contesto politico italiano e nel quadro di nuove regole europee per la società dell’informazione e della conoscenza

In conclusione la Dichiarazione di Infocivica intende favorire il passaggio dal servizio pubblico dei broadcaster di Stato ad un nuovo servizio pubblico crossmediale per la società, indipendente dalle pressioni dei poteri politici e dagli interessi dei gruppi di pressione economici, attraverso – giova ripeterlo - tre elementi:

a) la costituzione di un servizio pubblico di trasporto;  

b) la creazione della media company per gestire i contenuti nell’era della competizione diagonale per piattaforme e contenuti, investendo quote crescenti in offerte destinate ad essere fruite nel nuovo Web: solo in questo modo come insegna la storia britannica BBC può essere mantenuto un primato. Decisiva naturalmente sarà la partita dei diritti d’autore e dell’armonizzazione delle regole per editori tradizionali e OTT che potrebbe essere aperta dalla nuova Commissione;

c) la costruzione della piattaforma Internet, ossia dell’hub e delle strutture di ascolto assistenza degli utenti che devono essere garantite per assistere ed accompagnare tutti i cittadini alla fruizione crossmediale in rete: riproporre una piattaforma nazionale oggi sull’esempio di quanto avviato nello scorso decennio da YouView nel Regno Unito non pare possibile: solo un investimento su scala europea può essere fatto con la partecipazione di tutti gli ex broadcaster secondo principi di solidarietà e di perequazione un po’ come avvenne con la nascita dell’Eurovisione nel secondo dopoguerra: l’Italia con Francia Germania e Spagna può essere la promotrice di questa piattaforma tecnologica e di un nuovo motore di ricerca. Esso si basa su nuovi algoritmi la cui pertinenza andrebbe fondata su principi di compatibilità con gli obiettivi e le finalità del servizio pubblico (ad esempio privilegiare l'informazione di qualità, l'educazione, distinguere chiaramente i fatti verificati delle chiacchiere,  indicare  la fonte originale e legale di una notizia, ecc.),.
   
    Tale piattaforma Internet dei servizi pubblici europei sarebbe altresì una delle occasioni per promuovere un operatore tecnico europeo di dimensione sufficiente a competere con Google oltre che con gli altri principali aggregatori e fornitori di servizi commerciali “over-the-top (OTT)." Una siffatta piattaforma rappresenterebbe infine un possibile esempio di buona gestione dei "Big Data" (che sono assolutamente necessari per fornire un servizio appropriato), anch’essa compatibile con un’azione di tutela, "da servizio pubblico", della privacy

Un ampio movimento di cittadinanza attiva promosso da Infocivica attraverso l’adesione a questa Dichiarazione potrebbe farsi promotore della costituente di questo nuovo edificio chiedendo al governo di procedere a:

1) un’integrazione all’Art. 21 della Costituzione per assicurare l’accesso universale alla Rete come diritto primario dei cittadini;

2) in base a questo principio promuovere la costituente di un servizio pubblico cross mediale delle comunicazioni al servizio della società e dei cittadini destinato a sostituire il servizio pubblico radiotelevisivo statale.

 Un nuovo soggetto al servizio della collettività  incaricato di:
a)    reinventare l'offerta radiotelevisiva di flusso, ricollocandola all’interno di una più ampia offerta resa possibile dalla presenza nel web, e di ridisegnare funzioni e obiettivi della tv generalista e no nei prossimi decenni;
b)    costruire una preziosa funzione di bussola per orientare i cittadini nel mare magnum della rete rendendolo dunque partecipe, consapevole e interattivo con l'editore,
c)     favorire conseguentemente inedite forme di coesione e partecipazione sociale destinate a crescere e maturare nella società dell'informazione e della conoscenza


giovedì 16 ottobre 2014

Presentazione a Villa Medici nell'ambito di Eurovisioni della Dichiarazione Rifondativa di Infocivica






Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell’era digitale


Presentazione ufficiale della Dichiarazione Fondamentale di Infocivica

Roma , Eurovisioni, 9 ottobre 2014
Villa Medici Accademia di Francia
Ore 15.00-18.30



Prologo: frammenti sul buon uso della cultura, dell’educazione civica e della responsabilità pubblica nella società dell’informazione e della conoscenza: Annalisa Picconi legge brani da John Reith, Ennio Flaiano e Karl Popper

Saluti
Apertura dei lavori. Michel Boyon, Presidente Eurovisioni
Saluto di Saluto di Stefano Luppi, Vicedirettore Rapporti Istituzionali e Internazionali Rai

Introduce e modera il seminario Giampiero Gramaglia, giornalista e Consiglieri IAI
Presentazione Dichiarazione: Massimo de Angelis Presidente Infocivica
Relazione di Carlo Rognoni, Responsabilità pubblica e sistema duale di governance
Intervento di Luciana Castellina, già Presidente di Eurovisioni
Intervento di Stefano Rolando, già Presidente di Eurovisioni

Relazioni:
Giacomo Mazzone, E’ possibile regolare la crossmedialità in Europa?
Robert Castrucci, Responsabilità e accountability
Manlio Cammarata, Distinguere la vigilanza dall’indirizzo del Parlamento
Paolo Luigi De Cesare, La responsabilità pubblica nei territori
Dario Evola, Come comunicare bene i beni culturali: con quale recupero e riqualifica nell’era della riproducibilità
Licia Conte, Rendere conto di tutte le opinioni in rete
Stefano Luppi, Oltre il contratto di servizio: quali documenti programmatici per il post 2016
Bruno Somalvico, Per una legge bipartisan di valore costituzionale

Intervento di Saverio Lo Russo, Coordinatore Dipartimento Affari regionali, Turismo e Sport, presso il Ministero per gli Affari Regionali, le Autonomie e lo Sport
Intervento di Andrea Melodia, Presidente USCI, intervento- videomessaggio

17-30-18.30: Dibattito in previsione della consultazione del governo sul rinnovo della Convenzione Rai- Tre minuti per uno spunto da parte dei soci e di alcuni amici  Infocivica: Ugo Cavaterra, Stefano Cuppi, Piero De Chiara, Lino De Seriis (spunto scritto) Erik Lambert, Elio Matarazzo, Stefano Panunzi e Renato Parascandolo

Replica di Bruno Somalvico e conclusioni di Massimo De Angelis

lunedì 4 luglio 2011

Una Rai Hyperlocal , per un nuovo primato del servizio pubblico

di Michele Mezza

Denuncio subito la tesi che vorrei sostenere: siamo ad un cambio di lingua e non di linguaggio, ossia di struttura logica e non solo di forma espositiva, per il ciclo industriale delle news, e più in generale per l'intera offerta di servizio pubblico civile, di cui l'informazione è la materia prima.

Per questo credo che si debba procedere ad una riflessione che investa più radicalmente di quanto non si faccia il contenitore industriale del sistema televisivo, più che la concatenazione dei contenuti. E, prioritariamente, si debba dedicare più tempo all'analisi dei comportamenti degli utenti, piuttosto che alle elucubrazioni sul futuro dei format o delle applicazioni tecnologiche.

Credo che si debba partire dalla constatazione di Tim Bernars-Lee, il padre del web, che sostiene che Internet sia una rivoluzione sociale e non tecnologica.

Trovo, per questo, altamente emblematico il caso della Nokia . La sua crisi credo che vada attentamente studiata da parte dei grandi gruppi editoriali europei, in particolare dalla Rai.

Il gigante finlandese della telefonia cellulare ha visto in pochi anni il proprio mercato ridursi del 75%. Numerose sono le ragioni per cui i suoi modelli soccombono di fronte all'Iphone della Apple, o alla piattaforma Android di Google, o rispetto ai terminali che adottano il sistema editoriale di Microsoft. Ma la ragione delle ragioni, che riassume e spiega esaurientemente tutte le singole sconfitte è che Nokia,come cultura industriale, non è riuscita ad affrontare la rivoluzione copernicana, che ha portato il mercato della telefonia mobile dalla centralità dell'hardware a quella del software.

Il software oggi è il motore della società contemporanea .E' la rilevanza di questa nuova potenza industriale che ci spiega come mai la lista delle principali società più capitalizzate del mondo sia capeggiata da società che modellizzano funzioni individuali in algoritmi di software ( Google, Apple, Facebook,Yahoo,Microsoft), mentre le società che trasformano merci e consumano energia come General Motor o Ford,seguono a lunga distanza. Una tendenza di macroeconomia che investe, da tempo,l'area della comunicazione, ed in particolare l'editoria televisiva. I media sono la lente d'ingrandimento di questa tendenza. I contenuti sono ormai null'altro che linguaggi di applicazioni software. Le prime media company del mondo sono , appunto, sempre i centri del software editoriale come Google, Apple, Yahoo, Microsft, e nei singoli mercato, Amerca On Line negli Usa, e Telecom o Vodaphone in Italia.

Come spiega Lev Manovich, uno dei più completi analisti del mercato editoriale mondiale, nel suo ultimo, lucidissimo libro “Software culturale”, “Il software è ciò che rende possibile ciascuna delle nuove dimensioni vivere sociale su cui le teorie sociali dell'ultimo decennio si sono concentrate:l'informazione,la conoscenza, la reticolarità”.

Da questa constatazione discende una conseguenze che credo sia indispensabile alla nostra riflessione:la partita competitiva si gioca sulle capacità da parte dei vecchi gruppi editoriali di diventare centri servizi per l'automatizzazione di funzioni pregiate delle professionali multimediali.

In sostanza, usare la propria esperienza nel contatto con la platea del proprio pubblico per intercettare e elaborare domande di contenuti che diventano anche sistemi utente. I nuovi format televisivi sono sistemi utente portabili su tutte le piattaforme, il flusso delle news sono sistemi utente fruibili in ogni dove,l'intrattenimento on demand è un sistema utente selezionabile da ogni singolo spettatore.

Discutere di futuro aziendale per la Rai, discutere di primato nel campo dell'informazione di base, discutere di nuovi linguaggi giornalistici, significa discutere del potere di governare, negoziare e applicare la potenza del software al proprio ciclo produttivo.

Con questa affermazione drastica, so bene di essermi giocato gran parte della quota di indulgenza su cui contavo per esprimere schematicamente il mio pensiero .

Cercherò di non abusare della disponibilità di voi tutti a tollerare un ragionamento molto drastico e imperativo, ma si tratta anche di non perdere il vostro tempo in lungaggini cerimoniali.

Il secondo fattore che considero essenziale per ragionare ,oggi, di informazione pubblica, è la velocità.

“La bellezza della velocità” invocata da Marinetti nel manifesto futurista, oggi è diventata l'indispensabilità della velocità. I nuovi servizi di Google Instant e Facebook Real Time, introducono quella che nel mio ultimo libro-Sono le news,bellezza (Donzelli, 2011) - ho definito la “sesta W del giornalismo:W come While”.

Siamo , ormai da tempo, nell'epoca dell'informazione simultanea.

Nel 1980 la CNN nasceva con lo slogan “Slow news no news”.Oggi siamo arrivati alla formula “Slow Analysis no Analysis”.

Del resto il mondo ci dimostra che la velocità è ormai una pretesa sociale di massa. L'intera attività finanziaria oggi si gioca sul filo di alcuni millesecondi.Il sistema di hight frequency trading adottato dalla borsa australiana ha abbassato il tempo di esecuzione degli ordini da 3 millesecondi a 250 microsecondi (milionesimi di secondo). Gli spyder di Google che cercano risposte alle infinite domande dopo tre volte che rimangono delusi visitando un certo sito a caccia di notizie, cancellano quel sito dalle proprie liste. E' la morte professionale per chiunque vi lavori.

Software, velocità, e territorio. Siamo al terzo fattore di usabilità dell'informazione: la georeferenziazione.

La localizzazione delle informazioni in un contesto territoriale è oggi il requisito che da valore aggiunto alla competitività editoriale.

Sia negli Usa, che in Inghilterra, l'unico settore in ascesa dell'offerta di informazioni è proprio il cosi detto Hyperlocal, ossia la capacità di offrire, in real time, mappe che contengono e “impaginano” le singole notizie o istruzioni: una specie di Tom Tom del giornalismo.

Non a caso Around Me, la funzione, che assume nomi diversi per ogni tipo di provider, che permette di localizzare servizi o notizie sul territorio che ci circonda in un dato momento, è l'applicazione più clickata su ogni piattaforma.

Lungo questa linea di ragionamento si arrivo alla proposta di sviluppare anche nel nostro paese, un servizio di questo tipo. Un paese dove la mobilità territoriale supporta ruoli e funzioni centrali, dalla tipica conformazione comunalistica del sistema Italia, alle vocazioni turistiche e di tipicità economica locale (i distretti). Tutto in Italia ci porta a considerare il territorio come principale matrice della comunicazione.

Eppure manca un sistema sorretto da linguaggi, modelli e circostanze pertinenti, usabili, e assolutamente originali . Il punto è proprio capire come si debbano riconfigura e riprogettare sistemi e patrimoni informativi per assicurare una nuova lettura del territorio. Chi debba e possa riorganizzare professionalità e sopratutto, come abbiamo detto, piattaforme di software.

La Rai potrebbe essere il protagonista di questo progetto, dando finalmente risposta alla domanda che incombe da anni, e che trova sempre risposte ideologiche o astratte, circa quale missione pubblica vi debba essere in un mercato ormai dove si abbassano vertiginosamente le soglie di accesso e le abilità di produzione.

La Rai, proprio come servizio pubblico, può e deve essere il principale provider multimediale del paese che traduca nei nuovi linguaggi e comportamenti digitale l'offerta di informazione locale ,che fino ad ora l'ha contraddistinta come “diversa”.

La domanda di questo tipo di servizio è ormai fin troppo evidente: 11 regioni sono già impegnate nell'allestimento di piattaforme di web Tv georeferenziate. Numerosi canali locali si proiettano sul mercato nazionale:basta scanalare la fascia 500 dei canali Sky per trovare varie offerte di informazioni di flusso territorializzate.

Proprio su questo mercato locale, inoltre, la Rai dispone delle sue forse produttive più poderose, e costose, potremmo aggiungere:800 redattori, 22 sedi,mezzi e risorse tecniche rilevanti. Grande presenza, ma senza un primato riconosciuto.

La nostra proposta è un progetto, , di cui uno schema avanzato è già stato elaborato all'interno dell'azienda, per sviluppare un motore di informazione Hyperlocal, che coniughi la selezione dell'informazione, con la potenza di impaginazione in ogni ambito locale, fino all'estrema unità territoriale decentrata, che coincide con l'indirizzo dell'abitazione di ogni singolo utente. Il sistema infatti deve essere pensato sia per agire come infrastruttura delle redazioni regionali -una sorta di agenzia interna dell'azienda- dove integrare e raccogliere l'intero flusso di informazioni territoriali, sulla base di annunci, documenti e filmati che affiorano dalla rete; e sia come servizio on demand da proporre nel portale Rai e da distribuire poi con alleanze con provider telefonici. In sostanza si tratta di elaborare una capacità di raccolta di notizie locali, sulla base di software semantici, contestualizzandole poi in mappe tipo Google Earth.

Su questa base sarebbe possibile riorganizzare i processi produttivi nelle singoli sedi, spostando l'attività su funzioni di post produzione, cioè di re impaginazione di materiali prodotti da altri, e non più di arcaica riproduzione di quanto è già in rete. Fondamentale sarebbe poi l'integrazione della filiera delle fonti territoriali, come è la TGR, con il server di Rainews24, che tutt'oggi, anche se la stessa testata non sembra accorgersene, ha come patrimonio principale non tanto la capacità di duplicare funzioni e modelli da TG, quando la possibilità di integrare i flussi della rete nel modello industriale del Broadcasting, grazie alle sue dotazioni di server e database.

Nel breve spazio concessomi non sono in grado di allargare ulteriormente l'illustrazione della proposta ma spero nel dibattito di avere occasione di entrare nel merito del progetto.

E' questo un cambio radicale di orizzonte, me ne rendo conto. Un cambio non dissimile da quanto sta maturando BBC, come ci racconta Matteo Maggiore, e sopratutto come ci documenta il nuovo Digital Britain Act che orienta la nuova missione dell'ente radiotelevisivo pubblico inglese nel nuovo contesto digitale.

Un cambio di strategie, di mercato, di missione, di profili professionali. Sulla base della constatazione che quanto sta accadendo attorno a noi non ha nulla di determinismo tecnologico, ma molto di processo sociale, di trasformazione degli utenti e non delle tecnologie, che mutano come conseguenza e non come causa dei nuovi fenomeni.

lunedì 15 giugno 2009

Diteci sa valga la pena lavorare in rete

L'idea di Infocivica suggerita da Carlo Monti è di fare della Rete lo strumento principale di lavoro e non  solo di vetrina promozionale, documentazione degli eventi e pubblicazione dei documenti prodotti dalla nostra Associazione.

Dopo aver assicurato a partire dall'autunno 2008 un rilancio dell'Associazione con il concorso di Eurovisioni, Globus et Locus e Auditorium alla realizzazione di alcuni eventi significativi, riteniamo opportuno avviare un  nuovo corso riorganizzativo dell'Associazione che - beneficiando gratuitamente delle risorse e opportunità fornite dalla Rete e del cervello e della creatività dei  nostri associati - possa creare le premesse per fare di Infocivica un 
incubatore e un serbatoio di nuove proposte editoriali che soddisfino le finalità indicate all'Art. 3 dello Statuto della nostra Associazione. La rete come fucina di creatività e di idee per il rinnovo della missione del servizio pubblico.  Si tratta di un esperimento che vorremmo durasse 12 mesi sino alla prossima Assemblea Generale in cui potremo esaminare i risultati prodotti e decidere se andare avanti. Cerchiamo insieme di valutare tre punti:
a) punti di forza e di debolezza di questa sperimentazione in  particolare sotto il profilo dell'accesso e della partecipazione dell'insieme degli associati

 
b) condizioni effettive alle quali i membri accettino di condividere le loro idee, i loro progetti realizzati in qualità di professionisti e i loro testi redatti come intellettuali e giornalisti nel rispetto delle norme a tutela dell'ingegno 


c) modalità di comunicazione, marketing, eventuale "commercializzazione" dei progetti, brevetti, ecc.  e di loro "pubblicazione" all'esterno, ovvero strumenti per renderli davvero
accessibili all'opinione pubblica. 


La discussione avviata da Infocivica Social Network e i gruppi di studio di Infocivica PROJECT INCUBATOR costituiranno una parte essenziale sia della produzione di nuovi Documenti dell’Associazione sia della progettazione e dell’’elaborazione di nuovi progetti editoriali quali il progetto del Caleidoscopio per una nuova Enciclopedia Italiana, illustrato dal nostro Segretario Generale in occasione della presentazione nell’ottobre 2008 al Palazzetto del Burcardo del nostro Appello sulle ragioni del servizio pubblico cross mediale nella società italiana dell’informazione. Crediamo che l'accesso alla rete sia per tutti, indipendentemente  dall'età, e quindi credo che indispensabile sia la funzione di Virgilio, di guida ma anche - senza offendere nessuno - quella di "badante crossmediale" ovvero di assistente quotidiano nei primi passi di ciascuno di noi in questo social network.

 
Attendiamo dunque i vostri commenti e consigli sui tre punti sopraindicati. Li pubblicheremo su INFOCIVICA OPEN SPACE (IOS) - IL BLOG DEGLI AMICI DI INFOCIVICA

  

mercoledì 13 maggio 2009

Presidenti, Amministratori Delegati e Direttori Generali URI EIAR RAI

Osservando l'elenco dei Presidenti, dei Direttori Generali e degli Amministratori Delegati nella storia della radiodiffusione in Italia, osserviamo:
- una grande stabilità nel primo ventennio URI-EIAR (compresi quelli della RSI) con tre presidenti e due amministratori delegati
- una situazione eccezionale dall'agosto 1944 alla proclamazione della Repubblica
- una situazione di stabilità nel primo ventennio repubblicano con l'avvicendarsi di sette presidenti, quattro amministratori delegati (dal 1954 al 1972) e cinque direttori generali
- il perdurare di una situazione di stabilità relativa dopo la Riforma del 1975 sino al crollo della Prima Repubblica con cinque presidenti e sei direttori generali
- una situazione di forte instabilità negli anni della cosiddetta Seconda Repubblica con l'avvicendarsi di ben dieci presidenti e dodici direttori generali





1. UNIONE RADIOFONICA ITALIANA - URI

27 agosto 1924 Enrico Marchesi, Presidente Vice Presidente: Luigi Solari

17 novembre 1927 Trasformazione in EIAR. Raoul Chiodelli diventa A.D. e Direttore Generale




2. ENTE ITALIANO AUDIZIONI RADIOFONICHE - EIAR

15 gennaio 1928 Enrico Marchesi Vice-Presidenti: Luigi Solari e Arnaldo Mussolini

22 novembre 1933 Giancarlo Vallauri Presidente Raoul Chiodelli DG e AD
2a) Eiar sotto controllo della Repubblica Sociale Italiana nelle zone sotto occupazione tedesca:

30 dicembre 1943 Ezio Maria Gray Commissario Straordinario Cesare Rivelli DG

2b) Nuova Eiar sotto controllo alleato nelle zone liberate

14 agosto 1944 Luigi Rusca DG e AD


26 ottobre 1944 Trasformazione in Radio Audizioni Italia



3. RAI - RADIO AUDIZIONI ITALIA
20 gennaio 1945 (Rai solo nelle zone liberate) Luigi Rusca Commissario straordinario

22 aprile 1945 Arturo Carlo Jemolo Presidente e Armando Rossini DG

27 aprile 1945 (per la Rai in Alta Italia) Enrico Carrara Commissario straordinario CLNAI

15 luglio 1945 Finisce il controllo alleato sulla radiodiffusione



9 novembre 1945 La direzione generale centralizza le pratiche epurative


22 dicembre 1945 Arturo Carlo Jemolo Presidente, Enrico Carrara, Commissario straordinario CLNAI




La Rai nell’Italia repubblicana


2 agosto 1946 Giuseppe Spataro Presidente, Enrico Carrara Consigliere Delegato e DG gestione unificata

Ottobre 1947 Giuseppe Spataro Presidente e Salvino Sarnesi DG

28 gennaio 1950 Vice Presidente (reggente) Salvino Sarnesi DG

18 maggio 1951 Cristiano Ridomi Presidente e Salvino Sarnesi DG (poi interim Marcello Bernardi Vice DG)



10 aprile 1954 Nuova denominazione RAI-Radiotelevisione Italiana. In adempimento alla nuova Convenzione sorge a fianco del Presidente con funzioni di rappresentanza, la figura dell’Amministratore Delegato mentre quella del direttore generale sovrintende soprattutto i contenuti della programmazione



RAI- RADIOTELEVISIONE ITALIANA
3 giugno 1954 Antonio Carrelli Presidente, Filiberto Guala mministratore Delegato, Giovan Battista Vicentini Direttore Generale

27 giugno 1956 Antonio Carrelli Presidente, Marcello Rodinò di Miglione Amministratore Delegato, Rodolfo Arata Direttore Generale

18 gennaio 1961 Novello Papafava Presidente, Marcello Rodinò di Miglione Amministratore Delegato, Ettore Bernabei Direttore Generale

7 giugno 1964 Pietro Quaroni, Presidente, Marcello Rodinò di Miglione, Amministratore Delegato, Ettore Bernabei Direttore Generale

29 aprile 1965 Pietro Quaroni, Presidente, Gianni Granzotto Amministratore Delegato, Ettore Bernabei Direttore Generale

13 aprile 1969 Aldo Sandulli Presidente, Luciano Paolicchi Amministratore Delegato, Ettore Bernabei Direttore Generale

28 luglio 1971 Umberto delle Fave Presidente, Luciano Paolicchi Amministratore Delegato, Ettore Bernabei Direttore Generale

Luglio 1972 Umberto delle Fave Presidente, Ettore Bernabei Direttore Generale



14 aprile 1975 Approvazione della Legge di Riforma della Rai



La RAI DOPO LA RIFORMA



23 maggio 1975 Beniamino Finocchiaro, Presidente, Michele Principe Direttore Generale



Gennaio 1976 Attuazione della Riforma


20 gennaio 1977 Paolo Grassi Presidente, Giuseppe Glisenti Direttore Generale

12 -19 luglio 1977 Paolo Grassi Presidente, Pier Antonio Berté Direttore Generale

12-19 giugno 1980 Sergio Zavoli Presidente, Willy De Luca Direttore Generale

20 luglio 1982 Sergio Zavoli Presidente, Biagio Agnes Direttore Generale

23 ottobre 1986 Enrico Manca Presidente, Biagio Agnes Direttore Generale

1 febbraio 1990 Enrico Manca Presidente, Gianni Pasquarelli Direttore Generale

19 febbraio 1992 Walter Pedullà Presidente, Gianni Pasquarelli Direttore Generale


25 giugno 1993: con la crisi della Prima Repubblica viene approvata una nuova modalità di nomina di un più ristretto CdA Rai composto da 5 persone da parte dei Presidenti di Camera e Senato


13-23 luglio 1993 Claudio Demattè Presidente, Gianni Locatelli Direttore Generale


12 luglio - 3 agosto 1994 Letizia Bricchetto Moratti,. Presidente, Gianni Billia Direttore Generale

16 gennaio 1995 Letizia Bricchetto Moratti Presidente, Raffele Minicucci Direttore Generale

28 febbraio 1996 Letizia Bricchet0to Moratti Presidente, Aldo Materia (ff DG)

19 aprile 1996 Giuseppe Morello Presidente (ad interim) Aldo Materia (ff DG)


10-15 luglio 1996 Vincenzo Siciliano Presidente, Franco Iseppi Direttore Generale

3-5 febbraio 1998 Roberto Zaccaria Presidente, Pier Luigi Celli Direttore Generale

9 febbraio 2001 Roberto Zaccaria Presidente, Claudio Cappon Direttore Generale

16 febbraio 2002 Vittorio Emiliani Presidente (ad interim), Claudio Cappon Direttore Generale


5-19 marzo 2002 Antonio Baldassarre Presidente, Agostino Saccà Direttore Generale

18 marzo -1 aprile 2003 Lucia Annunziata Presidente, Flavio Cattaneo Direttore Generale

4 maggio 2004 Francesco Alberoni (Consigliere Anziano ad interim), Flavio Cattaneo Direttore Generale



Maggio 2005 Entrano in vigore le nuove norme di nomina del CdA secondo la Legge Gasparri


1 giugno 2005 Sandro Curzi (Consigliere Anziano ad interim) Flavio Cattaneo Direttore Generale

31 luglio - 4 agosto 2005 Claudio Petruccioli, Presidente, Alfredo Meocci Direttore Generale

22 giugno 2006 Claudio Petruccioli Presidente, Claudio Cappon Direttore Generale

26 marzo – 2 aprile 2009 Paolo Garimberti Presidente, Mauro Masi Direttore Generale

4 marzo 2011 -8 giugno 2012 Paolo Garimberti, Presidente, Lorenza Lei Direttore Generale

8 giugno 2012-5 agosto 2015 Anna Maria Tarantola, Presidente Luigi Gubitosi Direttore Generale

5 agosto 2015-6 giugno 2017 Monica Maggioni, Presidente, Antonio Campo Dall’Orto, Direttore Generale  poi Amministratore Delegato 

9 giugno 2017 - 31 luglio 2018 Monica Maggioni, Presidente  Mario Orfeo, Direttore Generale  

31 luglio 2018 -15 luglio 2021 Marcello Foa (1) Presidente eletto dal CdA, Fabrizio Salini Amministratore Delegato

Situazione attuale:

dal 16 luglio 2021 Marinella Soldi Presidente eletta dal CdA, Carlo Fuortes Amministratore Delegato




[1] Non raggiunge la maggioranza qualificata il 1 agosto della Commissione Parlamentare Bicamerale di vigilanza.




martedì 5 maggio 2009

DI MEGLIO E DI PIU' PRECISO. Dall'offerta radiotelevisiva lineare all'offerta crossmediale: identificare la diversità del servizio pubblico

La questione dell’identificazione della diversità culturale offerta dal servizio pubblico è una questione che ossessiona da anni i broadcaster pubblici europei confrontati con un contesto al contempo sempre più competitivo e sempre più articolato e frammentato. Si tratta insomma di una questione sempre più complessa imprescindibile dalla questione più generale della ridefinizione della missione del servizio pubblico radiotelevisivo nell’era crossmediale digitale per soddisfare le esigenze di informazione, educazione e cultura, ma anche di divertimento e svago di un nuovo public, ovvero di una nuova comunità sempre più articolata e complessa che - sotto le spinte della globalizzazione da un lato e delle comunità locali dall’altro – non si può solamente identificare con il modello tradizionalmente sì contrassegnato dai vecchi stati nazionali.

Da anni esistono anche in Italia modalità di misurazione della qualità radiotelevisiva intesa come creazione di valore pubblico, ovvero di valore per questa nuova complessa comunità fatta di cittadini italiani e di immigrati stranieri, di minoranze linguistiche ma anche di una miriade di potenziali utenti disseminati in tutto il mondo interessati alla lingua italiana e più in generale ai valori e ai tratti della cultura, dell’arte di vivere, di vestire, di intraprendere di coloro che sono stati definiti Italian Oriented People e che sono stati definiti con efficacia dall’ex Presidente delle Camere di Commercio Italiane all’estero come “italici”.

Vediamo come si poneva la questione della percezione della qualità nelle prime tre tappe della storia del sistema mediale italiano e come si pone oggi al momento del passaggio dall’offerta di contenuti su media separati lineari ad una quarta fase che si sta aprendo caratterizzata da quella che è stata definita come l’integrazione cross mediale dei contenuti nella quale saltano le rigidità legate spazio temporali proprie della radiodiffusione nel Novecento

La prima stagione: nell’era dei regimi di monopolio (anni Venti- fine anni Settanta) - in un ambiente oligocanale analogico su frequenze terrestri - la questione della qualità sostanzialmente non si poneva se non i termini generici di rilevazione di indici di apprezzamento degli ascoltatori tali da soddisfare anche le esigenze degli inserzionisti pubblicitari e degli sponsor dei programmi radiofonici.
A differenza della BBC e del modello di broadcaster pubblico che si andrà affermando nel dopoguerra, il caso italiano si caratterizza infatti sin dalla nascita come un modello ibrido “pubblico-privato” con imprese di diritto privato che andranno a partire dagli anni Trenta operando nell’ambito della costellazione delle cosiddette imprese a partecipazione statale.
Nei primi anni di vita dell’Unione Radiofonica Italiana il modello è quello di una radio privata d’élite che si rivolge a pochi fortunati possessori di apparecchi radiofonici che pagano un canone di abbonamento al servizio con un palinsesto dominato da programmi musicali e che trasmette un ristretto numero di bollettini informativi realizzati da un’Agenzia di stampa posta sotto la tutela del governo. Anche dopo il passaggio del nuovo Ente Italiano Audizioni Radiofoniche e il progressivo controllo di tale organismo da parte del regime fascista, l’esistenza di moderne forme di messaggi pubblicitari mutuati dal modello delle radio commerciali statunitense, fa della radio italiana un caso piuttosto originale nel panorama radiofonico europeo, a metà strada fra il modello di finanziamento pubblico britannico - che, con la nascita della nuova British Broadcasting Corporation, garantiva indipendenza e autonomia non solo dal potere politico ma anche da quello economico - e il modello commerciale adottato in regime di concorrenza sotto la tutela di un’Authority negli Stati Uniti.
Nonostante il successivo tentativo anche in Italia di ”nazionalizzazione delle masse” e l’uso propagandistico sempre più marcato della radio da parte del regime, i dirigenti dell’EIAR, seppur soggetti ad uno stringente controllo preventivo da parte del regime soprattutto quando esso viene trasferito al Ministero per la Stampa e Propaganda poi divenuto Ministero per la Cultura Popolare, beneficiano di una relativa autonomia di programmazione grazie all’esigenza di soddisfare le richieste del pubblico e quello degli inserzionisti pubblicitari e di alcuni sponsor che contribuiscono come oltre Oceano a finanziare determinati programmi quali ad esempio i concerti.
Questa felice ambivalenza si mantiene anche dopo la caduta del regime fascista con la fine dell’EIAR e la nascita di un nuovo soggetto di servizio pubblico, la Rai, nel secondo Dopoguerra. Anche in questo caso abbiamo a che fare con un soggetto di diritto privato ma titolare per convenzione della missione di servizio pubblico può operare come Giano Bifronte con una certa libertà di manovra, beneficiando peraltro della sua posizione di monopolista privo di concorrenti.
Ciò le consente, dopo il varo della televisione, di assicurare negli anni del Miracolo economico a cavallo fra anni Cinquanta e Sessanta, l’unificazione linguistica del paese e l’alfabetizzazione di massa degli italiani e - dopo la Riforma del 1975 - di avviare un primo tentativo in senso regionalista di rappresentare le varie realtà territoriali del Paese. Una certa dose di paternalismo e di pedagogismo “octroyé” (come direbbero i francesi), ovvero promulgato e imposto dall’alto non solo negli anni della dittatura ma anche in quelli della ricostruzione e nei primi 15 anni della Repubblica, non impediscono ai suoi dirigenti di effettuare una completa trasformazione da medium d’élite (com’era appunto la radio almeno sino allo scoppio della seconda guerra mondiale) nel principale oggetto di desiderio delle famiglie italiane, ovvero il televisore, che andrà sempre più sostituendosi al cinematografo nel tempo libero.
La qualità dovuta dalla missione istituzionale - accordata in base ad una convenzione rinnovata con lo Stato repubblicano nel 1952 - riesce a conciliarsi sostanzialmente con la qualità percepita e con il gradimento del pubblico (privo di alternative se non quella appunto di andarsene al cinematografo) rispondendo alle esigenze di un contingentato numero di inserzionisti pubblicitario e sponsor.

La seconda stagione con la fine del monopolio pubblico - dapprima in ambito locale e successivamente anche in ambito nazionale attraverso la cosiddetta interconnessione funzionale e la nascita dei grandi network commerciali finanziati esclusivamente da moderni spot pubblicitari e sponsorizzazioni che allargano sensibilmente il numero delle imprese inserzioniste, apre sostanzialmente il primo solco fra qualità dovuta e qualità percepita, provocando un sostanziale processo di omologazione dell’offerta del servizio pubblico con quella proposta dai network commerciali.
Il primo quindicennio del sistema misto dove coesistono soggetti pubblici e privati (dalla prima parte degli anni Ottanta sino alla prima metà degli anni Novanta) costituisce l’apoteosi della televisione e il primato dell’offerta generalista con programmi sempre più segnati dalla cosiddetta “Dittatura dell’Auditel”, ovvero dalla disperata ricerca dell’audience per soddisfare le esigenze degli inserzionisti in una logica di flusso continuo di immagini che rende il telespettatore sempre più passivo anche perché privo di offerte alternative come quelle che invece iniziano ad offrire in altri Paesi soprattutto nel Nord Europa alcune piattaforme distributive alternative sui circuiti via cavo, o in ricezione diretta via satellite.
Dalla felice anomalia italiana di Giano Bifronte, in questa seconda stagione il servizio pubblico diventa un Ircocervo metà servizio-metà impresa che assolve sempre meno la propria missione pubblica senza beneficiare della grande espansione delle risorse pubblicitarie. Perdendo le proprie prerogative di monopolista e assecondando al contempo sempre di più quelle degli inserzionisti a scapito delle missioni di servizio pubblico, si tende in qualche modo in un primo tempo a mettere in sordina la questione della qualità televisiva dei programmi trasmessi e del recupero della propria identità originaria: solo a partire dagli anni Novanta ci si renderà conto che essi rappresentano il fattore critico di successo per continuare a competere e a contrastare la concorrenza delle nuove emittenti commerciali che in virtù di una nuova legge di sistema beneficiano ormai della diretta e possono competere ad armi pari con l’impresa concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.

La terza stagione (dalla seconda metà anni Novanta alla prima metà di questo decennio) inaugura una nuova fase dove con l’emergere delle nuove piattaforme digitali, inizia a declinare il primato dell’offerta radiotelevisiva di tipo generalista, ovvero rivolta ad un pubblico indifferenziato e dove una massa ancora piccola ma crescente di utenti inizia a dirottare i propri consumi al di fuori delle offerte proposte dai tradizionali strumenti di comunicazione di massa. Ci si rende conto definitivamente degli effetti devastanti dell’omologazione dell’offerta nella stagione precedente e della necessità di vincere la competizione sugli ascolti attraverso la qualità del servizio offerto che inizia ad essere dispensato anche sotto forma di nuovi canali tematici su queste nuove piattaforme.
Lo sviluppo delle prime offerte televisive multicanali digitali a pacchetto (i cosiddetti bouquet) coincide con il momento in cui va prepotentemente affermandosi uno strumento capillare di comunicazione bidirezionale interattiva come quello costituito dai nuovi siti disponibili attraverso il World Wide Web la nuova rete di interconnessione a ragnatela fra le diverse reti telematiche esistenti, nota come Internet. Le nuove offerte multicanali digitali e la crescita tumultuosa di Internet a cavallo dei due millenni tornano a porre al centro la questione della missione di coesione sociale a beneficio di una nuova forma di collettività intesa in senso locale-globale, ovvero “glocale”.
L’emergere di una sorta di Babele elettronica ovvero di caotica convivenza di un numero sempre più diversificato di offerte e di servizi, lineari e non, monodirezionali e interattivi, destinati ad essere fruiti tu terminali fissi e/o su terminali mobili, rende sempre meno efficace e comunque imperfetto l’Auditel per la rilevazione dei consumi mediatici degli italiani. Anche in Italia, nonostante l’assenza di sviluppo delle reti via cavo, gli utenti e i cittadini sono ormai sottoposti a diete sempre più raffinate e con i segmenti attivi della popolazione alle prese con una sempre più problematica gestione del fattore tempo, ovvero del tempo a disposizione per lo svago e per i consumi culturali a fronte di una crescente popolazione anziana non più attiva ma destinata comunque, pur non possedendo elevati tassi di alfabetizzazione ai nuovi linguaggi multimediali, non più appagata in toto dai tradizionali canali generalisti che era abituata a consultare attraverso un telecomando.
La crescita del numero di abbonati alle piattaforme a pagamento - e più in generale il ruolo di traino rappresentato dalle pay tv e più in generale dalle offerte premium di eventi sportivi e di lungometraggi cinematografici che diventano le locomotive di sviluppo delle offerte multicanali digitali - sanciscono la fine del modello del broadcaster verticalmente integrato e degli editori radiotelevisivi tradizionali incentrati sul primato del palinsesto e degli indici di ascolto, a favore di un nuovo soggetto, l’operatore multicanale a pagamento, titolare a monte dei diritti in molti casi in regime di esclusiva elle nuove offerte e a valle della gestione ad accesso condizionato degli abbonati attraverso un sistema di cifratura dei segnali che vengono decodificati da un apposito ricevitore collegato al televisore.
Nel passaggio dalla televisione oligocanale analogica alle nuove offerte televisive multicanali, l’utente finale, il nuovo telespettatore di fine millennio torna ad essere centrale come ai tempi del monopolio del servizio pubblico, ma in quanto consumatore di servizi a pagamento: dal primato degli ascolti del vecchio broadcaster passiamo alla centralità tendenziale da parte del gestore della piattaforma preoccupato della compravendita dei diritti e della gestione attraverso un decoder degli abbonamenti.
Contemporaneamente non assistiamo - come avvenuto in occasione del passaggio al sistema misto - ad una rapida moltiplicazione delle risorse ma ad un loro ulteriore assottigliamento fra un numero più articolato di soggetti in campo e di offerte. I nuovi canali digitali anziché puntare alla qualità, privi di adeguate risorse all’eccezione delle offerte premium, si limitano ad affettare una televisione generalista sempre più priva di qualità.
In questo quadro editoriale che diventa sempre più affollato e competitivo il servizio pubblico appare come un incumbent, una vecchia signora che perde smalto, rischia di non trovarsi più ai primi posti nella numerazione e, anziché governare la difficile transizione verso la televisione “tutta digitale” ed assumere un ruolo di apripista tecnologico, è fortemente tentato da volerne al contrario rallentare lo sviluppo, forte delle vecchie rendite di posizione di cui sino ad allora aveva potuto ancora disporre nonostante l’insediamento di un’Autorità Antitrust e di nuove imperative richieste da parte dell’Unione Europea di separazione contabile fra attività editoriali “mission oriented” finanziate dal canone e iniziative finanziate da altre fonti commerciali e in particolare dalla pubblicità e dalle sponsorizzazioni.
Non si percepiscono ancora in questa terza fase le grandi potenzialità rappresentate dalla materia prima di cui il servizio pubblico dispone, ovvero il ricco archivio accumulato nel passato né l’importanza di due fattori critici di successo quali la diversità delle offerte e dei generi e la qualità dei propri programmi rispetto a quelle dei grandi network commerciali e dei “poveri” canali tematici. Dal vecchio slogan “cercasi audience disperatamente” che lo costringeva a rincorrere il competitor commerciale sul segmento generalista, si acquisisce la consapevolezza che il nuovo servizio pubblico crossmediale può continuare ad avere una propria ragione di esistenza solo se riuscirà a riconcentrarsi nella ricerca della qualità e nel rigoroso assolvimento della sua missione di garante del pluralismo e della coesione sociale .

La quarta fase. Con l’avvento - a fianco delle piattaforme satellitari e di quella su reti telefoniche - della nuova offerta televisiva digitale terrestre destinata ad interessare tutte le famiglie in seguito al progressivo spegnimento delle trasmissioni in tecnologica analogica, a partire dal 2005 siamo entrati in una quarta fase dove assisteremo non solo al passaggio ad un ambiente multipiattaforma “tutto digitale”, ma anche ad una più compiuta ed irreversibile convergenza tecnologica fra reti di radiodiffusione circolare e reti di telecomunicazione.
Dall’attuale persistente Babele elettronica dove coesistono media separati su più piattaforme assisteremo alla nascita di una nuova Grande Tela (quella che taluni hanno chiamato Internet 2.0 altri addirittura Internet 3.0) in cui confluiranno le reti radiofoniche e televisive classiche senza ormai più limiti di irradiazione spaziali né temporali. In questa seconda (e probabilmente accelerata) transizione verso l’integrazione crosssmediale e la distribuzione intelligente dei contenuti e dei saperi in rete, occorre predisporre un oculato dosaggio dove coesistano media lineari e offerte di “comunicazione conservata in rete” e a fronte della moltiplicazione dei terminali e delle modalità di fruizione fissa (centralina intelligente) e mobile.
Come già avvenuto per Internet, diventa sempre più cruciale la conoscenza dei propri clienti ed utenti e il ruolo rappresentato dal motore di ricerca nella costruzione di diete mediatiche a misura dei singoli utenti. L’effetto “coda lunga” costituito dai nuovi mercati di nicchia e dalle sempre più raffinate offerte proposte con nuovi standard ad elevatissima qualità (a cominciare dall’alta definizione su schermi piatti) può incrementare il ciclo di vita dei prodotti e programmi a utilità ripetuta a scapito delle offerte “usa e getta” che hanno così largamente interessato gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.
Contemporaneamente la qualità di tale offerta può e deve coniugarsi con l’imperativo di lottare contro la frammentazione del corpo sociale assicurando una dieta mediatica diversificata e di qualità anche ai ceti monomediali più poveri e meno alfabetizzati. Solo così il servizio pubblico crossmediale potrà assicurare una nuova coesione della propria comunità di riferimento si trovi essa in ambito locale e/o nazionale, o in ambito europeo e globale

Conclusioni. L’Italia celebrerà nel 2011 il Centocinquantenario dalla nascita del proprio Stato unitario. Non sappiamo ancora se il 2011 coinciderà con la messa a punto di un nuovo assetto statuale in senso federalista basato su principi di sussidiarietà e di cooperazione in ambito inter- e macroregionale nell’ambito di un rilancio del processo di costruzione di un’Europa dotata di istituzioni politiche più forti ed influenti in un mondo sempre più globalizzato. Ma siamo convinti che il 2011 può rappresentare una sorta di terminus a quo di una nuova idea, di un nuovo concetto di servizio pubblico crossmediale che operi in senso “intelligente” all’interno di un inedito Welfare, per avviare, dopo la grande crisi finanziaria che ci sta colpendo, la ricostruzione dell’economia, della cultura e dei saperi nella società in rete. Quattro anni dopo, nel 2015 Milano ospiterà l’Expo Universale dedicata al tema dello sviluppo sostenibile. Questo grande evento può a sua volta rappresentare il terminus ad quem della fase sperimentale di questo nuovo servizio crossmediale. Ciò consentirebbe di prepararsi in modo appropriato alla scadenza prevista nel 2016 con il rinnovo della Convenzione fra la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e il nuovo servizio pubblico crossmediale incaricato di assolvere la propria missione di coesione sociale nella network society.
Come Giovanni Gentile realizzò negli anni Venti e Trenta con l’Enciclopedia Italiana un’opera editoriale di eccellenza, il servizio pubblico crossmediale può fare della diversità culturale e dell’eccellenza il proprio segno distintivo in questo secolo, intercettando e coordinando tutti i fornitori di contenuti pubblici e di pubblica utilità nella costruzione di un grande edificio, di un moderno tempio, al contempo garante e custode dei saperi condivisi in rete. Senza dimenticare il tradizionale presidio generalista e più in generale una ricca ed articolata presenza nell’universo radiotelevisivo lineare, il nuovo servizio pubblico crossmediale potrebbe predisporre un Museo Virtuale dell’italicità, una Grande enciclopedia della lingua della cultura e delle punte di eccellenza del sapere e dell’arte. Una sorta di caleidoscopio, un luogo, uno specchio nel quale la comunità possa leggersi e rispecchiarsi, un luogo in cui sentirsi italiani fra gli italiani, ma anche europei fra gli europei, una garanzia di servizio universale accessibile a tutti i cittadini ma anche un luogo finalizzato ad un’ordinata convivenza nella nuova Grande Tela Multimediale, un luogo in cui tutti e ciascuno si senta rappresentato, in cui nessuno abbia il timore che c’è qualcuno che provvede a deformare lo specchio o a truccare le carte.