DICHIARAZIONE RIFONDATIVA
DI INFOCIVICA
Per una
responsabilità pubblica
nelle comunicazioni
dell’era digitale
Roma, 18 novembre 2014
Premessa. Questo
documento vuole esporre le principali motivazioni dell’azione di Infocivica
nell’attuale stagione; e il nucleo fondamentale della sua proposta per il
futuro del mondo delle comunicazioni nel nostro Paese. Non si intende quindi
fornire un documento sistematico e analiticamente esauriente. E’ questa una
dichiarazione che ha l’ambizione di fornire l’impulso a un intervento
strutturale in un campo fondamentale per la vita civile, sociale e anche
economica del Paese.
1.
Il
mondo è cambiato, è necessario pensarlo.
Negli
ultimi 20 anni sono turbinosamente cambiate tutte le forme dell’agire e
interagire umano. A stento possiamo rappresentarci il cambiamento che ha
investito stili di vita e aspettative, mondo del lavoro e finanziario, universo
della politica. Questo mondo non è stato ancora pensato. Perciò non è stato nemmeno organizzato. La tecnologica è andata molto più rapidamente del
nostro pensiero e della nostra capacità organizzativa. Si tratta di una
rivoluzione probabilmente più importante di quella avviata da Gutenberg e della
quale noi cogliamo ancora solo gli effetti iniziali. Una rivoluzione che due
vocaboli esprimono meglio di ogni altro: Internet
e comunicazione digitale. E’ oramai
da tutti riconosciuto che il web e
più in generale la comunicazione digitale sarà il veicolo, costituirà l’agorà, il cuore pulsante non solo di ogni
contenuto informativo ma sempre più di ogni interagire formativo, lavorativo,
economico-finanziario, politico. Per non
parlare di ambiti quali sicurezza e armamenti. Enormi sono dunque le
potenzialità e anche i rischi: nuove uguaglianze e disuguaglianze, libertà e
forme di dominio, inclusioni ed esclusioni, spinte all’omologazione e alla
manipolazione ma forse anche a inedite forme di creatività..
2.
Governare
il cambiamento.
Il
nuovo mondo del web e del digitale è sempre più al centro della vita democratica.
Non solo in quanto imprescindibile mezzo d’informazione e comunicazione ma
anche come mezzo per l’azione, il controllo, la mobilitazione e la decisione
politica. Facciamo esempi disparati e immaginiamone i possibili sviluppi
futuri: Breivik e Assange, il mondo dell’e-cloud
e delle gigantesche banche dati, Grillo e la cosiddetta democrazia della rete.
Se ha un senso e ha forza il discorso sulla rottamazione di classi dirigenti e
politiche esso in fondo ce l’ha anche e forse in primo luogo in relazione a
questo sviluppo che rende più idonee a certi ruoli di direzione e decisione
generazioni di nativi o semi-nativi digitali e obsolete le generazioni
precedenti.. E però se le generazioni più anziane possono cadere nella
tentazione apocalittica, le più giovani possono cadere nell’ingenuità di
immaginare il mondo digitale come un mondo naturale e neutrale: cosa che esso assolutamente
non è. A questo proposito occorre aver chiaro che, con l’ampliarsi della
potenza tecnologica, anche e forse soprattutto nel campo della comunicazione, i
doveri di sorveglianza, regolazione e
indirizzo della politica non scemano; ché anzi doveri e responsabilità di
quest’ultima aumentano enormemente. Enormi possono essere (in qualche misura
già sono) i danni di una politica debole. Grande è il cambiamento, grandi
devono essere le capacità di comprenderlo, gestirlo e governarlo.
3.
Comunicare:
un diritto oggi fondamentale.
Quanto
abbiamo sostenuto sinora ci induce a porre con decisione il tema di una nuova responsabilità
pubblica nel mondo delle comunicazioni nell’epoca del digitale. Infocivica
ritiene a tal proposito di proporre una definizione di tale responsabilità
nella Carta Costituzionale. Come è
noto la Costituzione già afferma nell’articolo 21 del Titolo I che “tutti hanno
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E’ un principio di libertà definito
in rapporto alla stampa; adeguato a una realtà agricolo-industriale o anche
industriale quale quella del nostro Paese sino agli anni Ottanta. Ma assai meno
corrispondente alla società dell’informazione nella quale oggi viviamo. In questa,
non è solo la libertà di espressione ma il poter comunicare in entrata e in
uscita a diventare un diritto. L’accesso al mondo delle comunicazioni diventa
così un diritto fondamentale analogamente a quello all’istruzione e alla
salute. E come tale esso andrebbe fissato nella Carta fondamentale. E allora
come per rapporto alla tutela della salute nella Costituzione si entra nel
merito affermando che la Repubblica “garantisce cure gratuite agli indigenti”,
e altrettanto si fa quando, parlando dell’istruzione, si afferma che si
istituiscono “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, qualcosa di analogo
Infocivica ritiene debba essere introdotto nella Carta a proposito del diritto alla comunicazione, garantendo
l’accesso alla Rete gratuito e universale.
4.
Responsabilità
e regolazione pubblica.
Il
web è nato all’insegna della
condivisione e della net neutrality.
E’ questo un dato enormemente positivo che non è lecito trascurare. Un dato di
libertà e di uguaglianza. Del pari, però, non è lecito trascurare che questo
sistema di libertà, lasciato a sé stesso, produce diseguaglianze, posizioni
dominanti, arricchimenti illimitati, violazioni di altre libertà e persino di
sicurezze. E’ necessaria dunque una efficace regolazione pubblica di tutta la materia. Citiamo
le questioni principali: a) regolare l’attività dei carrier (gestori di rete) e dei provider (gestori di hub/piattaforme) e delle loro relazioni con fornitori ed
editori di contenuti; b) definire un
equo regime di fiscalità sui profitti derivanti dalla rete; c) controllo su
pari opportunità di accesso attivo alla rete; d) certificazione della qualità
dell’informazione che transita in rete; e) messa al bando di contenuti violenti
o comunque lesivi della dignità della persona con particolare attenzione ai
diritti delle minoranze deboli e soprattutto dei minori. f) Tale questione
riguarda quella più ampia dell’impatto che i contenuti prodotti da grandi
aziende per la rete hanno sulla formazione e informazione verso milioni di
cittadini. Può qui parlarsi di una responsabilità
sociale di tali imprese che va anch’essa regolata e per la quale immaginare,
in Italia, un più puntuale intervento da parte di strutture quali l’Agcom. g)
Una questione particolarmente delicata, è trovare un punto di equilibrio tra
diritti proprietari (musica, parole e immagini) e libertà alla comunicazione in
rete. h) Un aspetto anche economicamente assai rilevante riguarda in proposito
la regolazione degli operatori
over-the-top Ott (con annesso anche qui il tema fiscale) e quello delle economie di scala necessarie per far fronte
agli investimenti in nuove e adeguate piattaforme di accesso a tali servizi secondo
finalità di servizio pubblico.
Più
in generale, si tratta di prendere atto del fatto che col digitale non si
rivoluziona solo la trasmissione dei contenuti verso una dimensione
continentale e globale ma anche la loro produzione e riproducibilità. Questo
moltiplica incredibilmente il numero di coloro che, da semplici spettatori,
diventano oggi produttori e trasmettitori di immagini e suoni con ampi riflessi
di carattere legislativo. I punti qui
detti dovrebbero subito entrare a far parte, secondo Infocivica, dell’agenda di
governo.
5. L’Europa.
E
del tutto evidente, però, che una regolazione a base nazionale sarebbe
inadeguata e di fatto impossibile di fronte a una realtà quale quella del web, che ha dimensione mondiale ed
esprime una continua innovazione tecnologica. Decisivo è perciò un impegno per una regolamentazione dei
punti di cui sopra innanzitutto a
livello dell’Unione Europea. Regolamentazione che incroci il processo
legato all’agenda digitale europea. Oggi
in Europa abbiamo un sistema di regole diverso che si applica ad Internet e al
mondo online rispetto a quello che abbiamo per i media tradizionali la radio e
per la televisione Quando navighiamo su una pagina di Google, postiamo un
pensiero o una foto su Facebook o cinguettiamo su Twitter, anche se ci troviamo
in Europa ci troviamo in un sistema regolamentato dalle leggi americane. Se
scriviamo su Facebook “Mi piace Infocivica” il nostro post è regolamentato
dalle leggi dello Stato della California. Viceversa se un giornalista della Rai
scrive una cosa sbagliata è sottoposto alle leggi italiane alle sanzioni
previste in Italia e alle regole
previste dall’ordine dei giornalisti. Non abbiamo a che fare con una concorrenza
leale essendo palese che qualcuno gioca in un campo e qualcuno in un altro.
Non
dobbiamo affatto dare per scontata tutta una serie di cose. In primo luogo
pensiamo di aver creato un mercato unico europeo a partire dal 1993 ma non è
così. In realtà se guardiamo bene come stanno le cose, abbiamo creato un
mercato unico per imprese non europee come Apple che sceglie comodamente il
paese in Europa con la legislazione più favorevole in materia di copyright,
istallando I Tunes in Lussemburgo perché in Lussemburgo è più facile fare un
accordo collettivo con la società degli autori lussemburghesi comprando i
diritti per tutta l’Europa in questo solo Paese. Viceversa una società basata
in Europa come la
finlandese Nokia prima di essere acquistata dall’americana
Microsoft, se voleva fare la stessa cosa di I
Tunes era costretta ad andare nei 28 Paesi dell’Unione e a negoziare un
accordo collettivo nazionale con le 28 società nazionali degli autori ed
editori anziché un accordo paneuropeo, perché queste sono le regole europee per
le imprese europee. Se Google vuole pagare meno tasse colloca la propria sede
europea in Irlanda. Viceversa la Rai non può andarsene in Irlanda perché il
diritto fiscale è più conveniente di quello in Italia.
Occorre
dunque un sistema di regole
completamente diverso che richiede una rivoluzione nel nostro modo di pensare e
anche in quello di affrontare queste problematiche da parte delle istituzioni
e in primis da parte della nuova Commissione, per assicurare una concorrenza
leale e realizzare un vero mercato unico europeo delle comunicazioni.
Sempre
a livello europeo si auspica:
a)
una costituzionalizzazione della responsabilità pubblica nella futura carta dell’Unione
europea;
b)
un rapido sviluppo dell’azione di concertazione e di coordinamento dei servizi
pubblici dell’Unione con lo sviluppo in particolare di Euronews come canale di
informazione europea;
c)
la creazione di una major europea
della creatività che possa produrre, fiction,
format, documentari e che dia impulso agli audiovisivi nazionali a tutela
delle identità culturali nazionali;
d)
last but not least, un’energica azione di solidarietà europea fra
i servizi pubblici per far fronte
agli onerosi investimenti necessari per realizzare una piattaforma europea in
grado da un lato di disporre di adeguate economie di scala, dall’altro di assicurare un accesso equo e non
discriminatorio alla rete autenticamente al servizio della società.
In
prospettiva si ritiene doveroso sostenere tutte quelle ipotesi miranti a creare
uno o più fornitori di servizi e accesso europei
che pure sono da considerarsi presidio di una libertà e anche di una sicurezza
europee.
6. 2016, ultima chiamata per il
servizio pubblico in Italia.
Il
servizio pubblico radiotelevisivo, in Italia, è sempre stato identificato da
due caratteristiche fondamentali: la produzione di contenuti originali e la
capacità di fornire gli stessi a tutti i cittadini unitamente ad altri
contenuti selezionati tra quelli disponibili sul mercato audiovisivo. Anche
nell’era delle reti digitali non avrebbe senso un servizio pubblico che si
preoccupasse delle modalità distributive e del rapporto interattivo con i
cittadini senza offrire contemporaneamente contenuti autoprodotti che si distinguano per qualità e per coerenza
con la mission pubblica. Il Servizio
Pubblico crossmediale delle comunicazioni deve garantire l’accesso, fornire
assistenza personalizzata per la navigazione tra i contenuti e servizi
disponibili e garantire, attraverso la produzione, la disponibilità di
contenuti di qualità nell’informazione, nell’area educativa e formativa ed in
quella dell’intrattenimento.
Centrale
per il servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni rimane la questione dell’accesso diretto dei propri contenuti agli
utenti finali, ovvero della necessità di creare condizioni effettive per
fare in modo che siano destinati agli utenti e da essi effettivamente fruiti e
non meramente “depositati” in rete. Mentre nell’offerta lineare del brodcaster
il problema non si pone, in rete decisivo rimane il rapporto con l’utente
finale ovvero cruciale per l’editore di contenuti pubblici sarà mantenere un
canale di dialogo interattivo con i cittadini, fornendo loro una connessione e
una funzione di filtro e di bussola di
fronte al mare magnum dei contenuti.
Non si tratta di sostituirsi a Google ma di garantire. attraverso una grande
piattaforma realizzata su scala europea secondo principi di solidarietà e di
perequazione da tutti i servizi pubblici in tutti i 28 paesi grandi e piccoli
dell’Unione Europea, l’accesso ai propri contenuti da una sorta di posizione
intermedia in maniera che esso sia reso effettivo in condizioni chiare, eque e
non discriminatorie.
Nel
2016 scade la convenzione ventennale tra Lo Stato italiano e la Rai come
concessionaria del servizio pubblico televisivo. E’ una scadenza in certo senso
provvidenziale, che deve essere vissuta dalla classe dirigente del Paese come
occasione per corrispondere a una nuova rilevante necessità nazionale. La
stessa crisi finanziaria europea indica che comunque tutti usciremo da questo
tempo cambiati nel profondo. Un nuovo sistema delle comunicazioni è una leva
essenziale perché l’Italia torni a camminare e anzi a correre. Il rinnovo della
convenzione deve essere al centro e può essere il motore di tale ridisegno.
La
funzione nazionale della Rai ha conosciuto nella sua storia fasi più brillanti
e altre che lo sono state meno. Negli ultimi decenni il suo cammino si è fatto
più incerto. La Rai ha, fuor di discussione, moltissimi problemi che originano
al suo interno e che al suo interno devono essere affrontati e risolti:
problemi economici, di ristrutturazione aziendale, di programmazione e
produzione culturale ecc. Ma il fattore essenziale che ha sempre pesato e che
mina il prestigio e l’efficienza del servizio pubblico è un fattore esogeno;
sta nel comportamento di una classe dirigente in generale e in specifico di una
classe politica incapace di mettere a punto e prospettare un progetto
motivato e coerente di servizio pubblico radiotelevisivo. Questo è oggi
necessario. Che la classe dirigente del Paese giunga a definire, in modo condiviso,
la nuova
missione di un servizio pubblico non più soltanto radiotelevisivo ma
affidato ad una media company in grado di fornire un servizio pubblico delle comunicazioni crossmediale e interattivo,
ovvero presente su tutte le piattaforme con contenuti sia lineari sia a
richiesta, nel contesto di una riorganizzazione del sistema delle comunicazioni
nazionali. In particolare al servizio pubblico si richiede una attenzione
speciale ai contenuti trasmessi, attraverso oculate scelte editoriali nell’ottica di una politica di innovazione e
di riposizionamento nel nuovo ambiente digitale. Il servizio pubblico è
chiamato ad agire da supporto e da regolatore verso l’iniziativa privata di
produzione dei media, attuando nei diversi generi una efficace politica di
controllo della qualità. Oltre i pur necessari obiettivi di ascolto fotografati
da una rinnovata Auditel, non ci si può fermare alla qualità percepita ma –
come ricordava Jader Jacobelli
– occorre garantire la “qualità dovuta”
istituzionalmente nei confronti dei cittadini.
In
previsione del 2016 è responsabilità statuale reperire un concessionario in
grado di soddisfare la nuova missione di servizio pubblico nell’era della
centralità della Rete tenendo presente che da un lato la Rai non sarebbe in
grado di gestire hardware e software come lo faceva da broadcaster. O il 2016 sarà l’occasione per questa
operazione o tale scadenza sarà una grande occasione persa e inevitabilmente il
nostro sistema delle comunicazioni entrerà in una irreversibile fase di declino.
7. Le trasformazioni necessarie nel
servizio pubblico.
Il
carattere globale di Internet impone un cambio di scala e una trasformazione
del ruolo del servizio pubblico. Quello che è stato il broadcast deve divenire sempre più il catalizzatore e l’orchestratore di energie che vanno
connesse, unite, coordinate. E’ necessario, cioè, partire dalla
introiezione del passaggio dal broadcast (comunicazione di uno – o alcuni –
verso tutti) a una comunicazione tendenzialmente di tutti verso tutti.
In
questo contesto è possibile e altresì necessario ripensare la cultura come cittadinanza sociale comune, nella
fruizione dei beni culturali pensati non come giacimenti da sfruttare ma come
patrimonio da valorizzare con la conoscenza e con la fruibilità condivise, grazie
alla rete e alle nuove tecnologie interattive in sinergia tra il Miur e il
Mibac. Il Servizio Pubblico può aiutare per questa via la comunità nazionale a
costruire anche nella rete un luogo, uno specchio, nel quale essa possa
leggersi e interpretarsi, un
luogo in cui sentirsi italiani fra gli italiani, ma anche europei fra gli
europei, un luogo in cui tutti e
ciascuno si senta rappresentato, in cui nessuno abbia il timore che ci sia chi
provvede a deformare lo specchio o a truccare le carte, un luogo finalizzato a una ordinata convivenza.
Merito del Servizio pubblico radiotelevisivo ai suoi albori fu dare una lingua
agli italiani. Oggi, valorizzando pienamente le teche della Rai e rendendole
parte integrante di quel patrimonio costituito dagli archivi nazionali
promuovendo, sull’onda del successo del modello francese, un grande Istituto
nazionale della Memoria Audiovisiva del Paese, il nuovo Servizio pubblico
crossmediale deve dar loro fiducia nel proprio destino di collettività
nazionale, anche perché noi italiani siamo forti di una storia straordinaria. A
una comunità nazionale non serve solo una comunicazione efficace tra le
proprie istituzioni e la cittadinanza. È forse ancor più necessario un luogo in
cui depositare la memoria di sé, per raccontarla a se stessa infinite volte, e
in forme diverse. Un luogo dal quale attingere quel senso di identità forte che
solo permette di affrontare senza paure le sfide dell'incontro con altre
culture. Un luogo, in una parola, di libertà, ma anche di memoria e di
costruzione delle molteplici identità che sempre più dovremo assumere.
8. Il servizio pubblico come Hub, una
nuova frontiera editoriale.
Infocivica
è convinta che il Servizio Pubblico possa posizionarsi al centro di questo
scenario se si pone l’obiettivo di operare
in una nuova frontiera editoriale come punto di riferimento e canale di
scorrimento, come Hub tra il
cittadino, i contenuti e i servizi offerti sia dal Servizio Pubblico stesso,
sia da altri soggetti. Questo posizionamento deve:
a)
mirare a informare in modo intelligente
e attraverso il dialogo con l’utente circa tutti i contenuti presenti nel
web. E a certificare innanzitutto il carattere di ogni informazione presente.
Non secondo il criterio del vero/falso ma secondo quello genealogico dell’origine
e dei passaggi di ogni dato. Non si tratta, in tale funzione di sostituirsi ai
motori di ricerca e alle grandi banche dati ma di aiutare il pubblico ad usare
gli strumenti a disposizione.
b)
Il medesimo sistema hub può svolgere una funzione decisiva nel connettere, tra loro e con i cittadini, le
diverse strutture culturali, centrali e locali, di ogni Paese dell’Unione
Europea. E per ottimizzare, in una virtuosa economia di scala, costi e
investimenti e offerta di Università, accademie, biblioteche e mediateche,
scuole superiori, teatri, musei, enti lirici e conservatori, film commissione e
film fund, distretti produttrici della creatività ecc.
c)
Il dialogo personalizzato con l’utente che è alla base del servizio pubblico
trova possibilità, inimmaginabili prima, grazie al web e, in particolare,
consente una radicale innovazione nella comunicazione istituzionale attraverso
una collaborazione su nuove basi con
enti locali e realtà territoriali.
Va
da sé che l’organizzazione di tale posizionamento strategico che costituisce il
nocciolo della trasformazione oggi necessaria nell’ambito del servizio
pubblico, è impresa impegnativa, sia dal punto di vista progettuale che delle
risorse umane e quindi dei costi, sia sotto il profilo editoriale. Garantirsi adeguati
spazi in rete, addestrare gli operatori necessari per il dialogo con gli
utenti, le interconnessioni con centri di ricerca e banche dati implica il
reperimento di risorse finanziarie che, ad avviso di Infocivica, dovrebbero
provenire non solo dalla pubblicità ma
da una nuova fonte decisiva: quella costituita, come detto, da una adeguata fiscalità applicata ai soggetti privati
del web o da una loro collaborazione gratuita con mezzi e
competenze al posto di detto prelievo.
9. Le nostre proposte
In
conclusione Infocivica avanza le seguenti proposte. Il servizio pubblico,
nell’attuale fase delle comunicazioni, deve porsi come obiettivo quello di
assolvere i seguenti nove compiti:
I)
garantire a tutti i cittadini il libero accesso universale alla rete attraverso
una connessione internet auspicabilmente gratuita e in Wi-fi, in ogni caso in
condizioni chiare eque e non discriminatorie e attraverso una capillare
implementazione di infrastrutture effettivamente a banda larga e, secondo il
piano previsto da Europa 2020,
a banda
ultralarga. Nelle infrastrutture vanno considerate le utilities in gran
parte di proprietà degli enti locali e partecipate in modo da realizzare una
effettiva grande rete pubblica;
II)
garantire a tutti i cittadini i
contenuti free disponibili sulla
rete. Questi due primi compiti andrebbero inseriti in Costituzione a
completamento dell’art. 21 del I Titolo o come suo seguito secondo quanto si è
già precedentemente detto.
III)
Predisporre – auspicabilmente su scala europea - i necessari meccanismi di salvaguardia, sicurezza e certificazione
per gli utenti, garantendo la tutela della loro privacy;
IV)
Produrre contenuti di informazione,
educativi e ricreativi da offrire gratuitamente a tutti gli utenti via
broadband o broadcast;
V)
distribuire e consentire l’accesso on line a contenuti scritti di editoria elettronica e audiovisivi gratuiti e
o a pagamento;
VI)
garantire servizi di connessione con gli
utenti e interconnessione con gli istituti culturali presenti sul web
attraverso una grande piattaforma realizzata su scala europea secondo principi
di solidarietà e di perequazione fra i 28 Paesi membri dell’Unione Europea;
VII)
produrre contenuti di comunicazione istituzionale e gestire servizi di connessione con la Pubblica Amministrazione
e con altri soggetti pubblici e privati;
VIII)
promuovere il radicamento del servizio
pubblico nel territorio e la sua funzione di prossimità ricostruendo
virtualmente le piazze delle Centocittà;
IX)
assicurare un servizio di orientamento/assistenza (help desk) che aiuti l’utente nella ricerca e fruizione di tutti i
servizi e offerte della rete.
A
giudizio di Infocivica i primi due compiti sopra descritti devono essere
assolti:
a)
da un carrier delle comunicazioni pubblico nazionale che unifichi telefonia,
segnale di rete e radio televisivo in una unica azienda pubblica (il “servizio pubblico di trasporto”) -
incaricata di gestire la rete rendendola disponibile a tutti i fornitori di
contenuti e servizi sia pubblici sia privati – che può naturalmente stabilire
rapporti anche con aziende private e che può anche essere compartecipata da
privati ma con golden share pubblica.
b)
dalla piattaforma europea dei servizi
pubblici finanziata secondo principi di solidarietà per assicurare un accesso
equo e non discriminatorio alla rete autenticamente al servizio della
società su scala continentale;
c)
Tutti gli altri compiti - compresa la funzione di organizzazione e gestione
dell’hub e della connessione e la costruzione di un rapporto personalizzato con
gli utenti finali intesa come nuova
frontiera editoriale - devono essere assolti da una Media company che erediti i compiti sin qui svolti dalla Rai e li
ricollochi nel nuovo universo crossmediale interattivo. Quanto alla struttura
aziendale essa potrebbe seguire il modello descritto per l’azienda di
trasporto.
Da
quanto qui detto risulta chiaro che Infocivica ritiene utile, economicamente e
per l’utenza, distinguere l’operatore di trasporto e le relative infrastrutture
da quelle dell’operatore e distributore editoriale che a sua volta benefici
della nuova piattaforma di accesso alla rete realizzata su scala continentale
unitamente a tutti gli altri servizi pubblici dei 28 paesi dell’Unione Europea. Tale passaggio e la sua economicità risulta
evidente soprattutto se coinvolge l’intero sistema e i suoi attori
10. Conclusioni
A giudizio di Infocivica, nelle
attuali condizioni del Paese (stagnazione economica, arretratezza educativa e
culturale, ostilità dei cittadini verso la politica) un ampio progetto di
rilancio della comunicazione di qualità in termini di hardware e di
software, affidata a iniziative pubbliche cui destinare energie
giovani e motivate, può rappresentare una grande opportunità
anche per la classe politica e per il Governo italiano.
Gli scenari per la nuova Convenzione
del servizio pubblico nel contesto politico italiano e nel quadro di nuove
regole europee per la società dell’informazione e della conoscenza
In
conclusione la Dichiarazione di Infocivica intende favorire il passaggio dal servizio pubblico dei broadcaster di Stato ad
un nuovo servizio pubblico crossmediale per la società, indipendente dalle
pressioni dei poteri politici e dagli interessi dei gruppi di pressione
economici, attraverso – giova ripeterlo - tre elementi:
a) la costituzione di un servizio pubblico di trasporto;
b) la
creazione della media company per
gestire i contenuti nell’era della competizione diagonale per piattaforme e
contenuti, investendo quote crescenti in offerte destinate ad essere fruite nel
nuovo Web: solo in questo modo come insegna la storia britannica BBC può essere
mantenuto un primato. Decisiva naturalmente sarà la partita dei diritti
d’autore e dell’armonizzazione delle regole per editori tradizionali e OTT che
potrebbe essere aperta dalla nuova Commissione;
c) la
costruzione della piattaforma Internet,
ossia dell’hub e delle strutture di ascolto assistenza degli utenti che devono
essere garantite per assistere ed accompagnare tutti i cittadini alla fruizione
crossmediale in rete: riproporre una piattaforma nazionale oggi sull’esempio di
quanto avviato nello scorso decennio da YouView nel Regno Unito non pare
possibile: solo un investimento su scala europea può
essere fatto con la partecipazione di tutti gli ex broadcaster secondo principi di solidarietà e di
perequazione un po’ come avvenne con la nascita dell’Eurovisione nel
secondo dopoguerra: l’Italia con Francia Germania e Spagna può essere la
promotrice di questa piattaforma tecnologica e di un nuovo motore di ricerca. Esso si basa su nuovi algoritmi la cui
pertinenza andrebbe fondata su principi di compatibilità con gli
obiettivi e le finalità del servizio pubblico (ad esempio privilegiare l'informazione di qualità,
l'educazione, distinguere chiaramente i fatti verificati delle
chiacchiere, indicare la fonte originale e legale di una notizia,
ecc.),.
Tale piattaforma Internet dei servizi pubblici
europei sarebbe altresì una delle
occasioni per promuovere un operatore tecnico europeo di dimensione sufficiente
a competere con Google oltre che con gli altri principali aggregatori e
fornitori di servizi commerciali “over-the-top (OTT)." Una siffatta
piattaforma rappresenterebbe infine un
possibile esempio di buona gestione dei "Big Data" (che sono
assolutamente necessari per fornire un servizio appropriato), anch’essa compatibile con un’azione di tutela,
"da servizio pubblico", della privacy
Un
ampio movimento di cittadinanza attiva promosso da Infocivica attraverso
l’adesione a questa Dichiarazione potrebbe farsi promotore della costituente di
questo nuovo edificio chiedendo al governo di procedere a:
1)
un’integrazione all’Art. 21 della Costituzione per assicurare l’accesso universale alla Rete come diritto primario dei
cittadini;
2)
in base a questo principio promuovere la
costituente di un servizio pubblico cross mediale delle comunicazioni al
servizio della società e dei cittadini destinato a sostituire il servizio
pubblico radiotelevisivo statale.
Un
nuovo soggetto al servizio della collettività incaricato
di:
a) reinventare l'offerta radiotelevisiva di flusso, ricollocandola
all’interno di una più ampia offerta resa possibile dalla presenza nel web, e
di ridisegnare funzioni e obiettivi della tv generalista e no nei prossimi
decenni;
b) costruire una preziosa funzione di bussola per orientare
i cittadini nel mare magnum della rete rendendolo dunque
partecipe, consapevole e interattivo con l'editore,
c)
favorire conseguentemente inedite forme di coesione e partecipazione sociale
destinate a crescere e maturare nella società
dell'informazione e della conoscenza.
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