lunedì 12 settembre 2016

                             

CONNETTERE L’EUROPA
per un nuovo modello audiovisivo europeo

Biblioteca del Senato, 19 settembre 2016 – Piazza della Minerva, Roma


Ore 10.00 

Per un servizio pubblico europeo

Presiede Luigi Covatta
Introduce Sergio Zavoli

Relazioni di:
Enrique Bustamante (Università Computense, Madrid)
Giuseppe Richeri (Università, Lugano)
Michele Sorice (Università LUISS, Roma)

Ore 11.00

Credibilità dell’informazione di servizio pubblico e centralità dell’approfondimento e della cura delle notizie nell’era della simultaneità 

Presiede Giampiero Gramaglia
Relazione di
Carlo Sorrentino (Università di Firenze)

Interventi di:

Giancarlo Bosetti, Giuliano Ferrara, Alberto La Volpe, Andrea Melodia, Enrico Mentana,  Michele Mezza, Giorgio Zanchini


Ore 14.30

Ruolo dei media di servizio pubblico nella formazione di un sensus communis di appartenenza all’Europa


Presiede Stefano Silvestri 

Interventi di:

Pier Virgilio Dastoli (presidente Movimento Europeo)
Bruno Somalvico (segretario Infocivica)
Giacomo Mazzone (direttore Affari Istituzionali UER)


Ore 15.30

La prospettiva nelle proposte degli attori del sistema


Presiede Stefano Rolando

Interventi

Arturo Diaconale, Antonio Di Bella, Pio Marconi, Claudio Petruccioli, Antonio Pilati, Carlo Rognoni


Ore 17.00

Conclusioni

Gennaro Acquaviva (presidente Associazione socialismo)
Angelo Marcello Cardani (presidente AGCOM)






Documenti di lavoro per il Convegno 


Oltre il Protocollo di Amsterdam
Per un nuovo modello audiovisivo europeo, per un servizio pubblico europeo.
Roma, Biblioteca del Senato, 19 settembre 2016  - ore 10.00-18.00

La rivista di cultura politica Mondoperaio presenta un dossier sul tema del futuro del modello di servizio pubblico audiovisivo europeo, che contiene le Conclusioni dei lavori del Gruppo Europeo di Torino , network di esperti universitari della comunicazione costituitosi a Torino nel 2009, per assicurare un futuro meno incerto ai media di servizio pubblico nella società dell’informazione e della conoscenza e per promuovere un nuovo modello audiovisivo europeo. Si tratta di tematiche che confluiranno a breve in un Libro Verde sui media di servizio pubblico nella società dell’informazione e della conoscenza indirizzato alle  istituzioni europee per incoraggiare nuovi orientamenti.

I punti nodali
·         Sottolineare l’insostituibilità della funzione e della missione di organismi al servizio della comunità non significa necessariamente salvaguardare gli enti attualmente esistenti, l'esclusività o l'unitarietà del loro assetto organizzativo, né tantomeno la salvaguardia dei gruppi di interessi che li rappresentano o li hanno tutelati nel tempo.
·         Al contrario ridefinirne radicalmente missione, posizionamento editoriale, assetto organizzativo finanziamento e governance significa rimettere in discussione qualsiasi rendita derivante da una posizione dominante in ambiti e contesti tecnologici, di offerta e di mercato che non siano conformi e aderenti agli obblighi derivanti dalla loro missione di servizio pubblico.
·         Nel rispetto delle norme e dei principi della concorrenza nell'ambito dell'Unione Europea, il documento conclusivo del dossier (che potrebbe essere presentato ad una Conferenza Europea) si propone di favorire un'evoluzione normativa in grado di superare il compromesso intervenuto nel 1997 in occasione della firma del Protocollo annesso al Trattato di Amsterdam che lasciava agli Stati nazionali il compito di stabilire cosa fossero i programmi di servizio pubblico finanziati dal canone e in che misura si potessero distinguere da quelli finanziati da risorse di mercato.
·         Sempre più diffusa è la consapevolezza che non possano essere auspicate nei palinsesti del servizio pubblico attività finalizzate allo sfruttamento commerciale che andranno espletate nell'ambito di un nuovo e circoscritto “mercato del servizio pubblico” né tantomeno è lecito un uso privato del servizio pubblico. Nel contempo non risulta altresì più tollerabile il ricorso a risorse pubbliche per attività finalizzate al profitto che andrebbero espletate esclusivamente da società profit oriented che come tali dovrebbero essere finanziate con risorse raccolte esclusivamente sul mercato.

Cosa si intende per nuovo scenario cross mediale
·         Il nuovo scenario crossmediale richiede un'evoluzione normativa per superare il compromesso all`origine del Protocollo sui servizi radiotelevisivi annesso al Trattato di Amsterdam, risalente al 1997.
·         Il tradizionale modello duale europeo, che ha costituito un esempio di equilibrio virtuoso tra la concezione del servizio pubblico e le dinamiche commerciali, si trova di fronte ad un doppio e grave pericolo.
·         Da una parte, il servizio pubblico, riconosciuto costituzionalmente in alcuni paesi europei (ma non in tutti) per il proprio carattere essenziale per il modello sociale europeo, sta attraversando la peggiore crisi della sua storia, tanto in termini sia di governance  sia  di offerta e di adattamento al nuovo ambiente digitale, quanto in termini finanziari e di ascolto.
·         D'altra parte, anche il settore privato (l’altra metà del sistema “duale”) è messo duramente alla prova dall’arrivo di nuovi concorrenti e dal restringersi delle risorse complessive a disposizione.
·         L'intero sistema televisivo e il futuro stesso dell’audiovisivo europeo, sono minacciati dall'espansione incontrollata di nuovi giganti globali e agenti audiovisivi digitali che – approfittando di importanti falle nel modello di legislazione dell’Unione Europea - presentano un rischio grave per il settore della produzione e con essa , per l'identità e la diversità europee.

Quali gli argomenti  avanzati
·         Il dossier rileva che questa combinazione negativa di elementi e di processi, in corso, audiovisivi, sociali e tecnologici, ma anche economici e politici, è stata propiziata dalla mancanza di aggiornamenti e di coerenza sul piano della regolamentazione e di politiche attive, nazionali ed europee, in materia audiovisiva. Pur  mantenendo in questo campo una dottrina generale e una linea teorica corrette, esse non hanno saputo o potuto adattarsi alle grandi trasformazioni della comunicazione audiovisiva contemporanea, in particolare ai processi generalizzati di convergenza digitale e alla sua globalizzazione inarrestabile.
·         Così, pur beneficiando della politica regionale attiva più longeva al mondo, i progressi nella costruzione del tanto auspicato mercato comune dell’audiovisivo rimangono modesti, e l'industria audiovisiva europea incontra crescenti difficoltà nel competere nei propri mercati e sulla scena mondiale con quella  statunitense e con quella dei paesi e delle regioni emergenti del pianeta. Inoltre, la storia dell'integrazione europea manca di quei mezzi di comunicazione in grado di costruirla e diffonderla, capaci di porre in gestazione una sfera pubblica europea autenticamente democratica.
·         In altri termini, si assiste al crollo dell’idea dei “campioni europei” che ha caratterizzato la politica industriale europea sin dalla nascita del Mercato Unico. Una politica che – soprattutto nel settore audiovisivo – ha mostrato la sua profonda inefficacia e dannosità, visto che gli ultimi tre decenni dimostrano che i media restano saldamente ancorati alle tradizioni linguistiche e culturali di ciascun paese. In questi trent’anni, contrariamente alle aspettative, nessun “campione europeo” (nè tantomeno globale di origine europea) è emerso nel settore dei media.
·         Sono dunque  verificate eccezionali asimmetrie nell’attuale normativa europea, che tendono a sbilanciarne ogni volta i singoli elementi, e le componenti collegate tra loro: la tendenza diffusa a esercitare un ferreo controllo sul finanziamento del servizio pubblico, soprattutto per le sue attività on line, contrasta con le omissioni da parte dell’Unione Europea di iniziative sul piano normativo per assicurare la sua  indipendenza editoriale, la sua autonomia nei confronti dei governi e il suo adeguato finanziamento.
·         Questo stesso sforzo, che tende a considerare il ruolo del servizio pubblico come sussidiario e complementare a quello esercitato dagli operatori commerciali, risulta in contraddizione con il lassismo in materia di verifica di conformità per gli operatori commerciali circa i loro obblighi in quanto servizi di interesse generale nel campo della produzione di origine europea e indipendente o della tutela dei consumatori per quanto riguarda i messaggi commerciali. 
·         E’ accertata la gravità delle ripercussioni di un trattamento spesso ingiusto esercitato verso i radiodiffusori classici off line rispetto a quello nei confronti dei cosiddetti "service a richiesta" on line, (che, con il pretesto di voler incentivare il commercio elettronico, stanno mettendo al riparo i nuovi entranti extraeuropei dagli obblighi propri del settore dei media), una decisione sorprendente dell’Unione Europea che sta vanificando tre decenni di politica europea dei media e sta ponendo i radiodiffusori europei in posizione di inferiorità competitiva nei loro mercati, sollevando al contrario le attività degli attori globali dal rispetto di tutti gli obblighi in materia audiovisiva e nei confronti dei consumatori europeo dai quali estraggono gran parte dei loro profitti e portando per di più a situazioni di nuovi monopoli su scala europea (ben peggiori di quelli nazionali dell’era analogica) ad esempio nel settore della pubblicità on line, con punte di concentrazione fino all’80% per un solo operatore.
·         In seguito al fenomeno della convergenza fra media, telecomunicazioni e industria elettronica di consumo, questo aggiramento delle norme europee da parte di attori extraeuropei sta portando a dispute intersettoriali fra attori nazionali che finiscono per indebolire tutti i settori europei nel loro insieme: le telecomunicazioni contro i broadcaster per accaparrarsi porzione di spettro e per poter distribuire contenuti senza l’impiccio dei diritti d’autore; la carta stampata contro i media elettronici nel tentativo di mantenersi in esclusiva il mercato dell’on-line; le tv commerciali contro quelle pubbliche per toglier loro la pubblicità.

Chi ha redatto il dossier
·         Il dossier è introdotto da Stefano Rolando (Università Iulm di Milano e membro del comitato di direzione di Mondoperaio)  che spiega le ragioni per le quali sia necessario “osare l’inosabile”, ossia immaginare una televisione pubblica europea.
·         Esso contiene una rielaborazione dell’articolato Rapporto finale del Gruppo Europea di Torino redatto dal prof. Enrique Bustamante dell’Università Complutense di Madrid, già membro del Comitato dei Saggi insediato durante il governo Zapatero all’origine della riforma della RTVE in Spagna, e del Co-rapporto presentato dal prof. Francisco Rui Cádima dell’Università nuova di Lisbona, che, ripercorre gli ultimi tre decenni di politiche audiovisive europee che avrebbero rinunciato a porre al centro il ruolo dei servizi pubblici, considerati un retaggio dei vecchi mercati nazionali protetti, mentre il mercato dell’audiovisivo andava allargandosi a tutto beneficio di soggetti privati extraeuropei.
·         Per parte sua il terzo Rapporto  redatto dal prof. Giuseppe Richeri, professore emerito dell’Università di Lugano, contiene una disamina delle varie fonti di finanziamento che possono essere prese in esame per un futuro dei media di servizio pubblico ritenuto sempre più incerto a fronte della loro contrazione e del nuovo quadro competitivo venutosi a creare e che peraltro non andrebbe,  secondo il giurista prof. Pio Marconi, demonizzato, in quanto segna definitivamente la fine del regime di libertà vigilata che è stata una caratteristica dei media novecenteschi prima della caduta del muro di Berlino e soprattutto dell’avvento del Web.

·         Anche per questa ragione il promotore del network universitario Bruno Somalvico, unitamente ad una cooperazione rinforzata fra i servizi pubblici dei paesi fondatori dell’Unione Europea, giudica necessaria una rifondazione della loro ragione sociale in base ad una modifica costituzionale che definisca l’accesso al Web come diritto fondamentale. In questa direzione le Proposte e raccomandazioni finali approvate dal Gruppo Europeo di Torino e curate dallo stesso Enrique Bustamante invitano  l’Unione Europea ad armonizzare la missione, l’offerta, il finanziamento e la governance dei media di servizio pubblico per assicurare loro  una nuova stagione e per promuovere un nuovo modello audiovisivo europeo nel rispetto della tradizione europea





Integrazione alla nota sui lavori. “Oltre il Protocollo di Amsterdam” per la sessione pomeridiana del Convegno Connettere l’Europa, Roma, Biblioteca del Senato, 19 settembre 2016

Ruolo dei media di servizio pubblico nella formazione di un  sensus communis di appartenenza all’EuropaLa prospettiva nelle proposte degli attori del sistema

Nel 2017 si celebrerà il Sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Nello spirito dei padri dell’Europa e del Manifesto di Ventotene potrebbe essere promossa  una grande iniziativa italiana della Rai e del Governo per proporre una cooperazione rafforzata fra i PSM dei paesi fondatori  dell’Unione Europea e in primis dei grandi Paesi dell’Europa mediterranea: Italia Francia e Spagna. Tale iniziativa potrebbe essere promossa in stretta concertazione anche con il governo Maltese Presidente di Turno nel primo semestre 2017. In un momento difficile del processo di costruzione politica dell’Europa i media di servizio pubblico potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella formazione di un’opinione pubblica europea e nella costruzione di un’Europa dei cittadini in previsione della costruzione di un servizio pubblico europeo della comunicazione.

Italia, Francia e Spagna - attraverso RTVE, France Télévisions/ARTE/FMM e Rai - potrebbero nella fattispecie farsi promotrici di un rilancio dei servizi pubblici in ambito continentale promuovendo  iniziative congiunte tese a realizzare insieme ai PSM di altri paesi membri dell’Unione quella che viene definita  come “cooperazione rafforzata”  ovvero una procedura che consente ad almeno nove paesi dell'Unione europea (UE) di stabilire un' integrazione o una cooperazione più stretta in una determinata area all'interno delle strutture dell'UE senza il coinvolgimento di altri paesi dell'UE. Ciò consente loro di muoversi a velocità diverse e verso obiettivi diversi rispetto a quelli al di fuori delle aree di cooperazione rafforzata. La procedura è stata progettata per superare la paralisi che si verifica quando una proposta è bloccata da un singolo paese o da un piccolo gruppo di paesi che non vogliono far parte dell'iniziativa.
Storicamente l’Unione Europea di Radiodiffusione aveva avviato nel dopoguerra una cooperazione fra i broadcaster pubblici dando vita al circuito dell’Eurovisione e promuovendo successivamente a partire dagli scambi di informazioni e di programmi fra i propri membri anche cooperazioni sul piano editoriale che hanno dato vita ad emittenti come Eurosport ed Euronews successivamente finite (nel caso di Eurosport anche sotto il controllo editoriale) a gruppi privati, rispettivamente all’americano Liberty Media e con una quota del 53% al gruppo egiziano nelle telecomunicazioni che fa capo a Naguib Sawiris.

Queste cessioni sono state la conseguenza diretta delle norme europee vigenti che di fatto scoraggiano e penalizzano (se non addirittura proibiscono) qualsiasi iniziativa di cooperazione fra enti pubblici e lasciano solo ai privati l'esclusivo compito delle iniziative transnazionali o pan-europee.

Purtroppo la dimensione degli investimenti necessaria per raggiungere una massa critica sufficiente nel settore dei media, fa sì che nessun gruppo privato abbia le forze sufficienti per farlo e che quindi le uniche iniziative pan-europee nei media finiscano per essere quelle extra-europee. Le esperienze negative della campagna di Spagna di RCS o delle campagne pan-europee di Canal Plus sono li a dimostrarlo.

Un primo progetto di cooperazione rinforzata nell’era crossmediale potrebbe prevedere da un lato accordi bilaterali e multilaterali fra i PSM aderenti tesi a favorire una sorta di Erasmus nell’informazione attraverso stage e scambi di giovani giornalisti nelle redazioni, accordi bilaterali e multilaterali di scambio, facilities logistiche e ospitalità dei corrispondenti che favorirebbero anche contenimenti dei costi di gestione. Dall’altro potrebbe essere avviata un’iniziativa congiunta ad hoc fra i PSM aderenti, tesa a realizzare una piattaforma comune di accesso con un’unica app ad un ecosistema di prodotti e servizi in rete, garantendo ad esempio ad un viaggiatore la portabilità del servizio, ossia l’accesso sia al servizio del proprio paese d’origine sia a quello in cui si trova temporaneamente fornendo un contributo al superamento del geoblocking come auspicato dal Vice presidente della Commissione Europea Andrus Ansip.

Una tale piattaforma (cui peraltro la RAI sta già riflettendo da sola e insieme alle altre televisioni europee dell'Eurovisione) potrebbe finalmente avere la taglia critica necessaria per far fronte ai giganti americani come Netflix o Amazon o Google e quindi invertire la china negativa e l'emorragia di risorse pubblicitarie di cui tutti i media europei (nessuno escluso) sono oggi vittime.

Roma-Ginevra 8 settembre 2016

giovedì 19 marzo 2015

IN RICORDO DI JADER JACOBELLI


Dieci anni fa si spegneva dopo una lunga malattia combattuta con coraggio e piena lucidità Jader Jacobelli, un grande intellettuale (da giovane aveva fatto da paciere fra Ugo Spirito e Giovanni Gentile) e servitore disinteressato del servizio pubblico e della libera informazione. Padre della moderna comunicazione politica nella televisione italiana (memorabili le sue Tribune Politiche caratterizzate dalla massima imparzialità e imperturbabilità anche quando Marco Pannella ed Emma Bonino si presentarono imbavagliati e rimasero in silenzio per tutta la durata del programma) sino all'ultimo si è interessato di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione: si chiedeva in che misura i messaggini abbreviati tramite SMS (non si erano ancora affermati i social network e non era ancora nato Twitter) avrebbero influito nell'evoluzione del linguaggio e della comunicazione politica. Inflessibile ed imparziale aveva sempre rifiutato di schierarsi nel corso della sua carriera giornalistica (pur provenendo da una cultura politica nell'esperienza della radio degli alleati in Sardegna che lo aveva fatto assumere come cronista parlamentare in "quota" azionista): del resto nemmeno il figlio Giampiero mi diceva avere mai saputo per chi avesse votato in tale o tale altra consultazione elettorale. Celeberrimo il suo ruolo di moderatore che riproduceva anche nei dibattiti annuali che organizzava a Saint Vincent: la clessidra era inflessibile e se superavi solo di pochi secondi il limite imposto a ogni singolo partecipanti (6 minuti nel primo intervento 4 nella replica dell'indomani) con la sua gentile dolce quanto autorevole e quindi ultimativa voce eri costretto a chiudere il Tuo intervento. 
Un grande moderatore, non un moderato perché non era certo privo di convinzioni. Gli devo tanto non solo perché ci premiò proprio a Saint-Vincent nel 1998 per il primo saggio che avevo allora pubblicato al Mulino insieme a Bino Olivi dedicato a "La fine della comunicazione di massa", ma perché mi aveva invitato a resistere nei momenti professionali più difficili trascorsi nella Rai dei primi anni della Seconda Repubblica, invitandomi a superare con un sorriso le angherie subite dopo l'uscita di scena del mio maestro Massimo Fichera e i mancati avanzamenti di carriera, ma a mantenere fermo e saldo il proprio operato come servitore disinteressato delle ragioni del servizio pubblico e l'obiettivo della sua trasformazione nella società dell'informazione giudicato necessario perché fosse in grado di continuare ad essere al servizio dei cittadini e della collettività. 
Per questo ci invitò a lanciare la Carta di Amalfi all'origine di Infocivica di cui fu poi uno dei dieci soci fondatori nel dicembre 2003. Ancora a poche settimane dalla morte in una lettera scritta a Bino Olivi e al sottoscritto nel gennaio 2005, Jader Jacobelli sottolineava " l'urgenza di un suo [ossia di Infocivica] intervento sulla questione di cui si sta dibattendo nel paese: se la Rai deve divenire un'azienda pubblico-privata, o se invece deve esaltare la sua mission pubblica privatizzando societariamente la sua attività più commerciale. Nel primo caso a mio parere l'attività commerciale farebbe premio su quella civica. Nel secondo, l'attività civica non sarà più inquinata da logiche politiche e commerciali che la insidiano quotidianamente. In questo periodo - concludeva - Infocivica dovrebbe perciò produrre articoli, comunicati, lettere, sottoscrizioni a favore delle soluzione ritenuta più opportuna in modo da esercitare un'azione su chi deve decidere. Ciò servirebbe anche a far conoscere Infocivica, non soltanto come un gruppo di studio, ma anche “di pressione”.
Grazie ancora, caro Jader. E quello che stiamo continuando come associazione a fare: ricorderemo Jader Jacobelli mercoledì 25 marzo nel pomeriggio in una riunione a Roma presso la sede del Movimento Europeo in Piazza della Libertà 13 dedicata alle proposte che presenteremo fra un mese, venerdì 17 aprile al Senato in previsione del rinnovo della Convenzione nel 2016. Per conferire al nuovo servizio pubblico delle comunicazioni nella società dell'informazione e della conoscenza, autorevolezza, credibilità e qualità - non solo "qualità televisiva" ma diremmo oggi crossmediale attraverso un oculato presidio della Rete e un ritrovato rapporto con quei giovani e nativi digitali che tanto incuriosivano uno spirito acuto e rinascimentalmente aperto a 360 gradi come quello di Jader Jacobelli

mercoledì 26 novembre 2014

Per una costituente del servizio pubblico cross mediale
 delle Comunicazioni

di Bruno Somalvico

Con i Convegni promossi nel luglio 2013 al CNEL e  nell’ottobre 2013 a Eurovisioni, da Articolo 21 e dalla fondazione Di Vittorio è decollata la riflessione sulla questione del cd rinnovo della concessione Rai-Stato in scadenza nell’aprile 2016, invertendo la tendenza rispetto alla piega che stava assumendo il dibattito.

A un anno di distanza nell’autunno 2014 il sottosegretario del Governo Renzi responsabile per le comunicazioni presso il Ministero dello Sviluppo Economico Giacomelli  aveva annunciato un’ampia consultazione in previsione di questa scadenza. Secondo quanto annunciato domenica da La Repubblica, ma poi parzialmente smentito da Palazzo Chigi, invece, il governo si appresterebbe a fissare nuove modalità di riscossione del canone (per combatterne l’evasione) e con un Disegno di legge a definire una nuova Governance della Rai, da un lato istituendo la figura dell’Amministratore Delegato, dall’altro facendo eleggere dal Parlamento un Consiglio di Amministrazione formato da 5 persone scelte fra una rosa indicata da soggetti esterni e autonomi dalla politica come l’AGCOM, la Conferenza Stato Regioni, il Consiglio dei Rettori, la Corte Costituzionale e i Presidenti delle Camere, che si occuperebbe solo delle grandi scelte strategiche. Cambierebbe infine la durata del contratto di servizio pubblico. Non sarebbe più triennale, ma decennale. Per dare all’azienda la possibilità di programmare a lungo termine gli investimenti sulla base di un gettito certo che nel 2015 sarà di 1,8 miliardi. Nulla trapela invece in merito alla Convenzione fra la Rai e lo Stato in scadenza nel 2016

Nel giro di 48 ore l’ipotesi di mettere il canone in bolletta attraverso un emendamento alla legge di stabilità sostenuta dallo stesso Giacomelli è stata smentita da fonti di Palazzo Chigi mentre sembrerebbe rimanere in piedi quella di inserirlo nella dichiarazione dei redditi non è chiaro se mantenendolo come tassa di scopo ad hoc o abolendolo come vorrebbero alcuni deputati dello stesso PD e inserendolo nella fiscalità generale. In ogni caso  nulla è trapelato in merito alla missione del servizio pubblico nell’era del web. Che è – insieme alla riduzione degli sprechi e alla fine del controllo dei partiti – la vera questione da affrontare per garantire al servizio pubblico una nuova carta d’identità. In effetti, solo dopo averne stabilito le finalità, andrebbero definite le risorse necessarie e, in particolare, identificati gli strumenti più appropriati per poterle raccogliere, e quindi determinato l’ammontare complessivo del gettito ad esso allocato.

Ma prima ancora dell’identificazione del fabbisogno finanziario, andrebbe chiarito il riposizionamento editoriale del servizio pubblico in un mercato delle comunicazioni caratterizzato dal peso crescente dei fornitori di servizi di video on demand a pagamento in modalità “over the top” ossia al di sopra della rete, ovvero come le definisce l’AGCOM “imprese prive di una propria infrastruttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, da cui over-the-top che forniscono, attraverso le reti IP, servizi, contenuti e applicazioni di tipo rich media, basati sulla forte presenza di contenuti audiovisivi e traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali”

La questione non è se rinnovare più o meno tacitamente nel 2016 la Convenzione alla Rai per la concessione dei servizi di radiodiffusione circolare. Il nodo è saper se la scadenza della concessione è l'occasione per creare un nuovo servizio pubblico delle comunicazioni crossmediale e interattivo - e per questo occorre stabilire un preciso calendario - o se si intende meramente ricondurre burocraticamente la concessione in esclusiva alla Rai del servizio pubblico radiotelevisivo lineare.

Noi di Infocivica – come sostenuto nelle conclusioni della nostra Dichiarazione rifondativa “Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell’era digitale” - crediamo che debba essere l’occasione per dare vita ad una media company di servizio pubblico che presidi i contenuti, e ad un servizio pubblico di trasporto ad essa strettamente associato ma separato verticalmente rispetto al modello del vecchio radiodiffusore circolare, il cd. Brodcaster, nonché ad una piattaforma di accesso a Internet promossa su scala europea dai servizi pubblici in grado di costituire un hub tra il cittadino, i contenuti e i servizi offerti.

Il presidio nell'ottica del servizio pubblico della Rete è decisivo non solo per l'informazione e l'intrattenimento ma per la formazione delle nuove generazioni e l’educazione dei nativi digitali. La riforma del servizio pubblico in questo senso è un capitolo della riforma del welfare in senso intelligente ma anche dell'organizzazione della coesione sociale nella società dell'informazione e della conoscenza. Come tale la missione di coesione sociale nell'era della frammentazione e della parcellizzazione della collettività nazionale e il diritto d’accesso universale alla Rete costituiscono un bene prezioso da iscrivere nella Costituzione. Siamo convinti dell’opportunità che vadano ridefinite missione, offerta, finanziamento e regole in una Magna Charta del servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni, ovvero in un documento di valore costituzionale.

Una nuova Rai oltre la Rai. Guardare al 2016 in maniera autenticamente riformatrice significa a nostro parere aprire un processo costituente di un nuovo e composito soggetto in grado di incarnare e garantire in modalità e secondo logiche del tutto inedite nella nuova era la missione di coesione sociale storicamente assolta dai pubcaster e di estendere all'era digitale il carattere misto del sistema informativo e formativo della  nostra collettività

Contratto di servizio triennale e convenzione ventennale sono due istituti che potrebbero essere aboliti come a mio parere anche la Commissione Parlamentare che dovrebbe perdere la funzione di vigilanza sulla gestione della Rai – che potrebbero essere garantite dallo stesso Consiglio d’ Amministrazione attraverso relazioni semestrali al Parlamento - assumendo esclusivamente quella di indirizzo sull'intero sistema delle comunicazioni elettroniche. Non si tratta di costruire un elenco di bellissimi propositi come quelli redatti da sempre nei contratti triennali di servizio che poi nei fatti vengono aggirati e che fanno vivere internamente alla Rai il servizio pubblico come un obbligo e un vincolo. Si tratta di definire un indirizzo, un percorso di sfide per realizzare l'ambizioso progetto teso a restituire nella società della rete nuove forme di condivisione e di appartenenza, ovvero di conferire un nuovo sensus communis (come ben evidenziato nel saggio di Matthew Hibberd sulla storia della BBC) alla comunità nazionale ma anche alla collettività locale e all'Europa nella difficile costruzione della sua unità politica.

Realizzare un nuovo edificio del servizio pubblico crossmediale va visto come una straordinaria opportunità di crescita e di sviluppo e il mantenimento di un finanziamento pubblico attraverso un'apposita tassa di scopo, va visto come uno degli strumenti necessari per la creazione di nuovo valore a beneficio dell'intera collettività e in particolare delle fasce più deboli del corpo sociale.

Non si tratta di metter all'incanto e di frazionare le attività di servizio pubblico alla stregua di una utility quanto di chiarire bene con dati chiari e precisi l'impatto che questo nuovo servizio pubblico cross mediale delle comunicazioni può realizzare nel tempo.

Una Carta del Servizio pubblico a scadenza decennale (pari alla durata di due legislature) nata da un lavoro preparatorio nel quinquennio precedente alla sua scadenza potrebbe diventare IL documento di riferimento, frutto di un lavoro di concertazione e di audizioni con tutti i soggetti e attori interessati, avviato da una nuova Commissione Parlamentare di indirizzo sull’intero sistema delle comunicazioni, incaricata di verificare alla fine di ogni legislatura, ovvero a metà percorso, dopo cinque anni e alla scadenza della Magna Charta dopo dieci anni, il raggiungimento delle finalità indicate nel documento.

Il Centocinquantenario nel 2011, a cinque anni dalla scadenza del 2016, avrebbe potuto essere il terminus a quo di questo processo costituente che vede nel rinnovo della Convenzione nel 2016 il suo il terminus ad quem. Anche ipotizzando l’approvazione rapida in pochei mesi del disegno di legge e l’insediamento entro il mese di maggio del 2015 di un Amministratore Delegato unitamente ad un CdA eletto secondo nuove regole, la nuova governance disporrebbe di meno di un anno per delineare un progetto di rifondazione che richiede tempo.  

Un Comitato di esperti come quello suggerito da Infocivica nel 2011 al governo Monti, un piccolo think thank formato da giuristi, economisti, sociologi e visionari, avrebbe ancora il tempo se rapidamente insediato, di predisporre nel primo semestre del 2015 – alla stregua di quanto avviene nel Regno Unito attraverso una Royal Commission-  un Rapporto Preliminare in base al quale avviare  un’ampia consultazioni pubblica  e predisporre entro la fine del  2015 la redazione della prima Magna Charta del servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni da approvare come legge con maggioranza di tipo costituzionale entro l’inizio del 2016 e destinata ad entrare in vigore a partire dal maggio 2016 sino al 2026. Un processo analogo a quello avviato sin dal 2011 dal governo britannico per il rinnovo della Royal Charter alla BBC: rinnovo non tacito perché la BBC deve chiarire ogni dieci anni le ragioni del suo finanziamento attraverso il canone pagato  dai cittadini e le modalità di creazione – attraverso di esso - di quello che viene definito “public value” ovvero valore per la collettività, ma che chiede un grande sforzo di immaginazione da parte dei pubblici poteri e anche di chi opera all’interno dell’attuale Rai o verrà auspicabilmente chiamato a dirigerla (amministratore delegato) o a definirne le scelte strategiche (prossimo CdA): non un’asta come se si trattasse di concedere al miglior offerente un appalto.


Tale processo potrebbe intervenire attraverso una serie di tappe intermedie  Nel 2016 Terminus a quo rinnovo pro tempore dei servizi lineari e consolidamento del processo di trasformazione da brodcaster a media company destinato a concludersi nel 2026 terminus ad quem. A metà percorso nel 2020-2021, con l’estensione universale dell’accesso alla banda ultra larga per tutti i cittadini, costituzione della forma giuridica del nuovo servizio pubblico crossmediale e interattivo delle comunicazioni

mercoledì 19 novembre 2014

Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell'era digitale. Dichiarazione rifondativa di Infocivica









DICHIARAZIONE RIFONDATIVA
DI INFOCIVICA




Per una responsabilità pubblica
nelle comunicazioni dell’era digitale

















Roma, 18 novembre 2014


Premessa. Questo documento vuole esporre le principali motivazioni dell’azione di Infocivica nell’attuale stagione; e il nucleo fondamentale della sua proposta per il futuro del mondo delle comunicazioni nel nostro Paese. Non si intende quindi fornire un documento sistematico e analiticamente esauriente. E’ questa una dichiarazione che ha l’ambizione di fornire l’impulso a un intervento strutturale in un campo fondamentale per la vita civile, sociale e anche economica del Paese.

1. Il mondo è cambiato, è necessario pensarlo.
Negli ultimi 20 anni sono turbinosamente cambiate tutte le forme dell’agire e interagire umano. A stento possiamo rappresentarci il cambiamento che ha investito stili di vita e aspettative, mondo del lavoro e finanziario, universo della politica. Questo mondo non è stato ancora pensato. Perciò non è stato nemmeno organizzato. La tecnologica è andata molto più rapidamente del nostro pensiero e della nostra capacità organizzativa. Si tratta di una rivoluzione probabilmente più importante di quella avviata da Gutenberg e della quale noi cogliamo ancora solo gli effetti iniziali. Una rivoluzione che due vocaboli esprimono meglio di ogni altro: Internet e comunicazione digitale. E’ oramai da tutti riconosciuto che il web e più in generale la comunicazione digitale sarà il veicolo, costituirà l’agorà, il cuore pulsante non solo di ogni contenuto informativo ma sempre più di ogni interagire formativo, lavorativo, economico-finanziario,  politico. Per non parlare di ambiti quali sicurezza e armamenti. Enormi sono dunque le potenzialità e anche i rischi: nuove uguaglianze e disuguaglianze, libertà e forme di dominio, inclusioni ed esclusioni, spinte all’omologazione e alla manipolazione ma forse anche a inedite forme di creatività..

2. Governare il cambiamento.
Il nuovo mondo del web e del digitale è sempre più al centro della vita democratica. Non solo in quanto imprescindibile mezzo d’informazione e comunicazione ma anche come mezzo per l’azione, il controllo, la mobilitazione e la decisione politica. Facciamo esempi disparati e immaginiamone i possibili sviluppi futuri: Breivik e Assange, il mondo dell’e-cloud e delle gigantesche banche dati, Grillo e la cosiddetta democrazia della rete. Se ha un senso e ha forza il discorso sulla rottamazione di classi dirigenti e politiche esso in fondo ce l’ha anche e forse in primo luogo in relazione a questo sviluppo che rende più idonee a certi ruoli di direzione e decisione generazioni di nativi o semi-nativi digitali e obsolete le generazioni precedenti.. E però se le generazioni più anziane possono cadere nella tentazione apocalittica, le più giovani possono cadere nell’ingenuità di immaginare il mondo digitale come un mondo naturale e neutrale: cosa che esso assolutamente non è. A questo proposito occorre aver chiaro che, con l’ampliarsi della potenza tecnologica, anche e forse soprattutto nel campo della comunicazione, i doveri di sorveglianza, regolazione e indirizzo della politica non scemano; ché anzi doveri e responsabilità di quest’ultima aumentano enormemente. Enormi possono essere (in qualche misura già sono) i danni di una politica debole. Grande è il cambiamento, grandi devono essere le capacità di comprenderlo, gestirlo e governarlo.
3. Comunicare: un diritto oggi fondamentale.
Quanto abbiamo sostenuto sinora ci induce a porre con decisione il tema di una nuova responsabilità pubblica nel mondo delle comunicazioni nell’epoca del digitale. Infocivica ritiene a tal proposito di proporre una definizione di tale responsabilità nella Carta Costituzionale. Come è noto la Costituzione già afferma nell’articolo 21 del Titolo I che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E’ un principio di libertà definito in rapporto alla stampa; adeguato a una realtà agricolo-industriale o anche industriale quale quella del nostro Paese sino agli anni Ottanta. Ma assai meno corrispondente alla società dell’informazione nella quale oggi viviamo. In questa, non è solo la libertà di espressione ma il poter comunicare in entrata e in uscita a diventare un diritto. L’accesso al mondo delle comunicazioni diventa così un diritto fondamentale analogamente a quello all’istruzione e alla salute. E come tale esso andrebbe fissato nella Carta fondamentale. E allora come per rapporto alla tutela della salute nella Costituzione si entra nel merito affermando che la Repubblica “garantisce cure gratuite agli indigenti”, e altrettanto si fa quando, parlando dell’istruzione, si afferma che si istituiscono “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, qualcosa di analogo Infocivica ritiene debba essere introdotto nella Carta a proposito del diritto alla comunicazione, garantendo l’accesso alla Rete gratuito e universale.

4. Responsabilità e regolazione pubblica.
Il web è nato all’insegna della condivisione e della net neutrality. E’ questo un dato enormemente positivo che non è lecito trascurare. Un dato di libertà e di uguaglianza. Del pari, però, non è lecito trascurare che questo sistema di libertà, lasciato a sé stesso, produce diseguaglianze, posizioni dominanti, arricchimenti illimitati, violazioni di altre libertà e persino di sicurezze. E’ necessaria dunque una efficace regolazione pubblica di tutta la materia. Citiamo le questioni principali: a) regolare l’attività dei carrier (gestori di rete) e dei provider (gestori di hub/piattaforme) e delle loro relazioni con fornitori ed editori di contenuti; b) definire  un equo regime di fiscalità sui profitti derivanti dalla rete; c) controllo su pari opportunità di accesso attivo alla rete; d) certificazione della qualità dell’informazione che transita in rete; e) messa al bando di contenuti violenti o comunque lesivi della dignità della persona con particolare attenzione ai diritti delle minoranze deboli e soprattutto dei minori. f) Tale questione riguarda quella più ampia dell’impatto che i contenuti prodotti da grandi aziende per la rete hanno sulla formazione e informazione verso milioni di cittadini. Può qui parlarsi di una responsabilità sociale di tali imprese che va anch’essa regolata e per la quale immaginare, in Italia, un più puntuale intervento da parte di strutture quali l’Agcom. g) Una questione particolarmente delicata, è trovare un punto di equilibrio tra diritti proprietari (musica, parole e immagini) e libertà alla comunicazione in rete. h) Un aspetto anche economicamente assai rilevante riguarda in proposito la regolazione degli operatori over-the-top Ott (con annesso anche qui il tema fiscale) e quello delle economie di scala necessarie per far fronte agli investimenti in nuove e adeguate piattaforme di accesso a tali servizi secondo finalità di servizio pubblico.
Più in generale, si tratta di prendere atto del fatto che col digitale non si rivoluziona solo la trasmissione dei contenuti verso una dimensione continentale e globale ma anche la loro produzione e riproducibilità. Questo moltiplica incredibilmente il numero di coloro che, da semplici spettatori, diventano oggi produttori e trasmettitori di immagini e suoni con ampi riflessi di carattere  legislativo. I punti qui detti dovrebbero subito entrare a far parte, secondo Infocivica, dell’agenda di governo.

5. L’Europa.
E del tutto evidente, però, che una regolazione a base nazionale sarebbe inadeguata e di fatto impossibile di fronte a una realtà quale quella del web, che ha dimensione mondiale ed esprime una continua innovazione tecnologica. Decisivo è perciò un impegno per una regolamentazione dei punti di cui sopra innanzitutto a livello dell’Unione Europea. Regolamentazione che incroci il processo legato all’agenda digitale europea. Oggi in Europa abbiamo un sistema di regole diverso che si applica ad Internet e al mondo online rispetto a quello che abbiamo per i media tradizionali la radio e per la televisione Quando navighiamo su una pagina di Google, postiamo un pensiero o una foto su Facebook o cinguettiamo su Twitter, anche se ci troviamo in Europa ci troviamo in un sistema regolamentato dalle leggi americane. Se scriviamo su Facebook “Mi piace Infocivica” il nostro post è regolamentato dalle leggi dello Stato della California. Viceversa se un giornalista della Rai scrive una cosa sbagliata è sottoposto alle leggi italiane alle sanzioni previste in  Italia e alle regole previste dall’ordine dei giornalisti. Non abbiamo a che fare con una concorrenza leale essendo palese che qualcuno gioca in un campo e qualcuno in un altro.
Non dobbiamo affatto dare per scontata tutta una serie di cose. In primo luogo pensiamo di aver creato un mercato unico europeo a partire dal 1993 ma non è così. In realtà se guardiamo bene come stanno le cose, abbiamo creato un mercato unico per imprese non europee come Apple che sceglie comodamente il paese in Europa con la legislazione più favorevole in materia di copyright, istallando I Tunes in Lussemburgo perché in Lussemburgo è più facile fare un accordo collettivo con la società degli autori lussemburghesi comprando i diritti per tutta l’Europa in questo solo Paese. Viceversa una società basata in Europa come la finlandese Nokia prima di essere acquistata dall’americana Microsoft, se voleva fare la stessa cosa di I Tunes era costretta ad andare nei 28 Paesi dell’Unione e a negoziare un accordo collettivo nazionale con le 28 società nazionali degli autori ed editori anziché un accordo paneuropeo, perché queste sono le regole europee per le imprese europee. Se Google vuole pagare meno tasse colloca la propria sede europea in Irlanda. Viceversa la Rai non può andarsene in Irlanda perché il diritto fiscale è più conveniente di quello in Italia.

Occorre dunque un sistema di regole completamente diverso che richiede una rivoluzione nel nostro modo di pensare e anche in quello di affrontare queste problematiche da parte delle istituzioni e in primis da parte della nuova Commissione, per assicurare una concorrenza leale e realizzare un vero mercato unico europeo delle comunicazioni.
Sempre a livello  europeo si auspica:
a) una costituzionalizzazione della responsabilità pubblica nella futura carta dell’Unione europea;
b) un rapido sviluppo dell’azione di concertazione e di coordinamento dei servizi pubblici dell’Unione con lo sviluppo in particolare di Euronews come canale di informazione europea;
c) la creazione di una major europea della creatività che possa produrre, fiction, format, documentari e che dia impulso agli audiovisivi nazionali a tutela delle identità culturali nazionali;
d) last but not least, un’energica azione di solidarietà europea fra i servizi pubblici  per far fronte agli onerosi investimenti necessari per realizzare una piattaforma europea in grado da un lato di disporre di adeguate economie di scala, dall’altro di  assicurare un accesso equo e non discriminatorio alla rete autenticamente al servizio della società.
In prospettiva si ritiene doveroso sostenere tutte quelle ipotesi miranti a creare uno o più fornitori di servizi e accesso europei che pure sono da considerarsi presidio di una libertà e anche di una sicurezza europee.

6. 2016, ultima chiamata per il servizio pubblico in Italia.
Il servizio pubblico radiotelevisivo, in Italia, è sempre stato identificato da due caratteristiche fondamentali: la produzione di contenuti originali e la capacità di fornire gli stessi a tutti i cittadini unitamente ad altri contenuti selezionati tra quelli disponibili sul mercato audiovisivo. Anche nell’era delle reti digitali non avrebbe senso un servizio pubblico che si preoccupasse delle modalità distributive e del rapporto interattivo con i cittadini senza offrire contemporaneamente contenuti autoprodotti  che si distinguano per qualità e per coerenza con la mission pubblica. Il Servizio Pubblico crossmediale delle comunicazioni deve garantire l’accesso, fornire assistenza personalizzata per la navigazione tra i contenuti e servizi disponibili e garantire, attraverso la produzione, la disponibilità di contenuti di qualità nell’informazione, nell’area educativa e formativa ed in quella dell’intrattenimento.
Centrale per il servizio pubblico crossmediale delle comunicazioni rimane la questione dell’accesso diretto dei propri contenuti agli utenti finali, ovvero della necessità di creare condizioni effettive per fare in modo che siano destinati agli utenti e da essi effettivamente fruiti e non meramente “depositati” in rete. Mentre nell’offerta lineare del brodcaster il problema non si pone, in rete decisivo rimane il rapporto con l’utente finale ovvero cruciale per l’editore di contenuti pubblici sarà mantenere un canale di dialogo interattivo con i cittadini, fornendo loro una connessione e una funzione di filtro e di bussola di fronte al mare magnum dei contenuti. Non si tratta di sostituirsi a Google ma di garantire. attraverso una grande piattaforma realizzata su scala europea secondo principi di solidarietà e di perequazione da tutti i servizi pubblici in tutti i 28 paesi grandi e piccoli dell’Unione Europea, l’accesso ai propri contenuti da una sorta di posizione intermedia in maniera che esso sia reso effettivo in condizioni chiare, eque e non discriminatorie.

Nel 2016 scade la convenzione ventennale tra Lo Stato italiano e la Rai come concessionaria del servizio pubblico televisivo. E’ una scadenza in certo senso provvidenziale, che deve essere vissuta dalla classe dirigente del Paese come occasione per corrispondere a una nuova rilevante necessità nazionale. La stessa crisi finanziaria europea indica che comunque tutti usciremo da questo tempo cambiati nel profondo. Un nuovo sistema delle comunicazioni è una leva essenziale perché l’Italia torni a camminare e anzi a correre. Il rinnovo della convenzione deve essere al centro e può essere il motore di tale ridisegno.
La funzione nazionale della Rai ha conosciuto nella sua storia fasi più brillanti e altre che lo sono state meno. Negli ultimi decenni il suo cammino si è fatto più incerto. La Rai ha, fuor di discussione, moltissimi problemi che originano al suo interno e che al suo interno devono essere affrontati e risolti: problemi economici, di ristrutturazione aziendale, di programmazione e produzione culturale ecc. Ma il fattore essenziale che ha sempre pesato e che mina il prestigio e l’efficienza del servizio pubblico è un fattore esogeno; sta nel comportamento di una classe dirigente in generale e in specifico di una classe politica incapace di mettere a punto e prospettare un progetto motivato e coerente di servizio pubblico radiotelevisivo. Questo è oggi necessario. Che la classe dirigente del Paese giunga a definire, in modo condiviso, la nuova missione di un servizio pubblico non più soltanto radiotelevisivo ma affidato ad una media company in grado di fornire un servizio pubblico delle comunicazioni crossmediale e interattivo, ovvero presente su tutte le piattaforme con contenuti sia lineari sia a richiesta, nel contesto di una riorganizzazione del sistema delle comunicazioni nazionali. In particolare al servizio pubblico si richiede una attenzione speciale ai contenuti trasmessi, attraverso oculate scelte editoriali nell’ottica di una politica di innovazione e di riposizionamento nel nuovo ambiente digitale. Il servizio pubblico è chiamato ad agire da supporto e da regolatore verso l’iniziativa privata di produzione dei media, attuando nei diversi generi una efficace politica di controllo della qualità. Oltre i pur necessari obiettivi di ascolto fotografati da una rinnovata Auditel, non ci si può fermare alla qualità percepita ma – come ricordava Jader Jacobellioccorre garantire la “qualità dovuta” istituzionalmente nei confronti dei cittadini.
In previsione del 2016 è responsabilità statuale reperire un concessionario in grado di soddisfare la nuova missione di servizio pubblico nell’era della centralità della Rete tenendo presente che da un lato la Rai non sarebbe in grado di gestire hardware e software come lo faceva da broadcaster.  O il 2016 sarà l’occasione per questa operazione o tale scadenza sarà una grande occasione persa e inevitabilmente il nostro sistema delle comunicazioni entrerà in una irreversibile fase di declino.

7. Le trasformazioni necessarie nel servizio pubblico.
Il carattere globale di Internet impone un cambio di scala e una trasformazione del ruolo del servizio pubblico. Quello che è stato il broadcast deve divenire sempre più il catalizzatore e l’orchestratore di energie che vanno connesse, unite, coordinate. E’ necessario, cioè, partire dalla introiezione del passaggio dal broadcast (comunicazione di uno – o alcuni – verso tutti) a una comunicazione tendenzialmente di tutti verso tutti.
In questo contesto è possibile e altresì necessario ripensare la cultura come cittadinanza sociale comune, nella fruizione dei beni culturali pensati non come giacimenti da sfruttare ma come patrimonio da valorizzare con la conoscenza e con la fruibilità condivise, grazie alla rete e alle nuove tecnologie interattive in sinergia tra il Miur e il Mibac. Il Servizio Pubblico può aiutare per questa via la comunità nazionale a costruire anche nella rete un luogo, uno specchio, nel quale essa possa leggersi e interpretarsi, un luogo in cui sentirsi italiani fra gli italiani, ma anche europei fra gli europei, un luogo in cui tutti e ciascuno si senta rappresentato, in cui nessuno abbia il timore che ci sia chi provvede a deformare lo specchio o a truccare le carte,  un luogo finalizzato a una ordinata convivenza. Merito del Servizio pubblico radiotelevisivo ai suoi albori fu dare una lingua agli italiani. Oggi, valorizzando pienamente le teche della Rai e rendendole parte integrante di quel patrimonio costituito dagli archivi nazionali promuovendo, sull’onda del successo del modello francese, un grande Istituto nazionale della Memoria Audiovisiva del Paese, il nuovo Servizio pubblico crossmediale deve dar loro fiducia nel proprio destino di collettività nazionale, anche perché noi italiani siamo forti di una storia straordinaria. A una comunità nazionale non serve solo una comunicazione efficace  tra le proprie istituzioni e la cittadinanza. È forse ancor più necessario un luogo in cui depositare la memoria di sé, per raccontarla a se stessa infinite volte, e in forme diverse. Un luogo dal quale attingere quel senso di identità forte che solo permette di affrontare senza paure le sfide dell'incontro con altre culture. Un luogo, in una parola, di libertà, ma anche di memoria e di costruzione delle molteplici identità che sempre più dovremo assumere.

8. Il servizio pubblico come Hub, una nuova frontiera editoriale.
Infocivica è convinta che il Servizio Pubblico possa posizionarsi al centro di questo scenario se si pone l’obiettivo di operare in una nuova frontiera editoriale come punto di riferimento e canale di scorrimento, come Hub tra il cittadino, i contenuti e i servizi offerti sia dal Servizio Pubblico stesso, sia da altri soggetti. Questo posizionamento deve:
a) mirare a informare in modo intelligente e attraverso il dialogo con l’utente circa tutti i contenuti presenti nel web. E a certificare innanzitutto il carattere di ogni informazione presente. Non secondo il criterio del vero/falso ma secondo quello genealogico dell’origine e dei passaggi di ogni dato. Non si tratta, in tale funzione di sostituirsi ai motori di ricerca e alle grandi banche dati ma di aiutare il pubblico ad usare gli strumenti a disposizione. 
b) Il medesimo sistema hub può svolgere una funzione decisiva nel connettere, tra loro e con i cittadini, le diverse strutture culturali, centrali e locali, di ogni Paese dell’Unione Europea. E per ottimizzare, in una virtuosa economia di scala, costi e investimenti e offerta di Università, accademie, biblioteche e mediateche, scuole superiori, teatri, musei, enti lirici e conservatori, film commissione e film fund, distretti produttrici della creatività ecc.
c) Il dialogo personalizzato con l’utente che è alla base del servizio pubblico trova possibilità, inimmaginabili prima, grazie al web  e, in particolare, consente una radicale innovazione nella comunicazione istituzionale attraverso una collaborazione su nuove basi con enti locali e realtà territoriali.


Va da sé che l’organizzazione di tale posizionamento strategico che costituisce il nocciolo della trasformazione oggi necessaria nell’ambito del servizio pubblico, è impresa impegnativa, sia dal punto di vista progettuale che delle risorse umane e quindi dei costi, sia sotto il profilo editoriale. Garantirsi adeguati spazi in rete, addestrare gli operatori necessari per il dialogo con gli utenti, le interconnessioni con centri di ricerca e banche dati implica il reperimento di risorse finanziarie che, ad avviso di Infocivica, dovrebbero provenire non solo dalla pubblicità ma da una nuova fonte decisiva: quella costituita, come detto, da una adeguata fiscalità applicata ai soggetti privati del web o da una loro collaborazione gratuita con mezzi e competenze al posto di detto prelievo.

9. Le nostre proposte
In conclusione Infocivica avanza le seguenti proposte. Il servizio pubblico, nell’attuale fase delle comunicazioni, deve porsi come obiettivo quello di assolvere i seguenti nove compiti:
I) garantire a tutti i cittadini il libero accesso universale alla rete attraverso una connessione internet auspicabilmente gratuita e in Wi-fi, in ogni caso in condizioni chiare eque e non discriminatorie e attraverso una capillare implementazione di infrastrutture effettivamente a banda larga e, secondo il piano previsto da Europa 2020, a banda  ultralarga. Nelle infrastrutture vanno considerate le utilities in gran parte di proprietà degli enti locali e partecipate in modo da realizzare una effettiva grande rete pubblica;
II) garantire a tutti i cittadini i contenuti free disponibili sulla rete. Questi due primi compiti andrebbero inseriti in Costituzione a completamento dell’art. 21 del I Titolo o come suo seguito secondo quanto si è già precedentemente detto.
III) Predisporre – auspicabilmente su scala europea - i necessari meccanismi di salvaguardia, sicurezza e certificazione per gli utenti, garantendo la tutela della loro privacy;
IV) Produrre contenuti di informazione, educativi e ricreativi da offrire gratuitamente a tutti gli utenti via broadband o broadcast;
V) distribuire e consentire l’accesso on line a contenuti scritti di editoria elettronica e audiovisivi gratuiti e o a pagamento;
VI) garantire servizi di connessione con gli utenti e interconnessione con gli istituti culturali presenti sul web attraverso una grande piattaforma realizzata su scala europea secondo principi di solidarietà e di perequazione fra i 28 Paesi membri dell’Unione Europea;
VII) produrre contenuti di comunicazione istituzionale e gestire servizi di connessione con la Pubblica Amministrazione e con altri soggetti pubblici e privati;
VIII) promuovere il radicamento del servizio pubblico nel territorio e la sua funzione di prossimità ricostruendo virtualmente le piazze delle Centocittà;
IX) assicurare un servizio di orientamento/assistenza (help desk) che aiuti l’utente nella ricerca e fruizione di tutti i servizi e offerte della rete.

A giudizio di Infocivica i primi due compiti sopra descritti devono essere assolti:

a) da un carrier delle comunicazioni pubblico nazionale che unifichi telefonia, segnale di rete e radio televisivo in una unica azienda pubblica (il “servizio pubblico di trasporto”) - incaricata di gestire la rete rendendola disponibile a tutti i fornitori di contenuti e servizi sia pubblici sia privati – che può naturalmente stabilire rapporti anche con aziende private e che può anche essere compartecipata da privati ma con golden share pubblica.

b) dalla piattaforma europea dei servizi pubblici finanziata secondo principi di solidarietà per assicurare un accesso equo e non discriminatorio alla rete autenticamente al servizio della società su scala continentale; 

c) Tutti gli altri compiti - compresa la funzione di organizzazione e gestione dell’hub e della connessione e la costruzione di un rapporto personalizzato con gli utenti finali intesa come nuova frontiera editoriale - devono essere assolti da una Media company che erediti i compiti sin qui svolti dalla Rai e li ricollochi nel nuovo universo crossmediale interattivo. Quanto alla struttura aziendale essa potrebbe seguire il modello descritto per l’azienda di trasporto.

Da quanto qui detto risulta chiaro che Infocivica ritiene utile, economicamente e per l’utenza, distinguere l’operatore di trasporto e le relative infrastrutture da quelle dell’operatore e distributore editoriale che a sua volta benefici della nuova piattaforma di accesso alla rete realizzata su scala continentale unitamente a tutti gli altri servizi pubblici dei 28 paesi dell’Unione Europea.  Tale passaggio e la sua economicità risulta evidente soprattutto se coinvolge l’intero sistema e i suoi attori


10. Conclusioni

A giudizio di Infocivica, nelle attuali condizioni del Paese (stagnazione economica, arretratezza educativa e culturale, ostilità dei cittadini verso la politica) un ampio progetto di rilancio della comunicazione di qualità in termini di hardware e di software, affidata a iniziative pubbliche cui destinare energie giovani e motivate, può rappresentare una grande opportunità anche per la classe politica e per il Governo italiano.

Gli scenari per la nuova Convenzione del servizio pubblico nel contesto politico italiano e nel quadro di nuove regole europee per la società dell’informazione e della conoscenza

In conclusione la Dichiarazione di Infocivica intende favorire il passaggio dal servizio pubblico dei broadcaster di Stato ad un nuovo servizio pubblico crossmediale per la società, indipendente dalle pressioni dei poteri politici e dagli interessi dei gruppi di pressione economici, attraverso – giova ripeterlo - tre elementi:

a) la costituzione di un servizio pubblico di trasporto;  

b) la creazione della media company per gestire i contenuti nell’era della competizione diagonale per piattaforme e contenuti, investendo quote crescenti in offerte destinate ad essere fruite nel nuovo Web: solo in questo modo come insegna la storia britannica BBC può essere mantenuto un primato. Decisiva naturalmente sarà la partita dei diritti d’autore e dell’armonizzazione delle regole per editori tradizionali e OTT che potrebbe essere aperta dalla nuova Commissione;

c) la costruzione della piattaforma Internet, ossia dell’hub e delle strutture di ascolto assistenza degli utenti che devono essere garantite per assistere ed accompagnare tutti i cittadini alla fruizione crossmediale in rete: riproporre una piattaforma nazionale oggi sull’esempio di quanto avviato nello scorso decennio da YouView nel Regno Unito non pare possibile: solo un investimento su scala europea può essere fatto con la partecipazione di tutti gli ex broadcaster secondo principi di solidarietà e di perequazione un po’ come avvenne con la nascita dell’Eurovisione nel secondo dopoguerra: l’Italia con Francia Germania e Spagna può essere la promotrice di questa piattaforma tecnologica e di un nuovo motore di ricerca. Esso si basa su nuovi algoritmi la cui pertinenza andrebbe fondata su principi di compatibilità con gli obiettivi e le finalità del servizio pubblico (ad esempio privilegiare l'informazione di qualità, l'educazione, distinguere chiaramente i fatti verificati delle chiacchiere,  indicare  la fonte originale e legale di una notizia, ecc.),.
   
    Tale piattaforma Internet dei servizi pubblici europei sarebbe altresì una delle occasioni per promuovere un operatore tecnico europeo di dimensione sufficiente a competere con Google oltre che con gli altri principali aggregatori e fornitori di servizi commerciali “over-the-top (OTT)." Una siffatta piattaforma rappresenterebbe infine un possibile esempio di buona gestione dei "Big Data" (che sono assolutamente necessari per fornire un servizio appropriato), anch’essa compatibile con un’azione di tutela, "da servizio pubblico", della privacy

Un ampio movimento di cittadinanza attiva promosso da Infocivica attraverso l’adesione a questa Dichiarazione potrebbe farsi promotore della costituente di questo nuovo edificio chiedendo al governo di procedere a:

1) un’integrazione all’Art. 21 della Costituzione per assicurare l’accesso universale alla Rete come diritto primario dei cittadini;

2) in base a questo principio promuovere la costituente di un servizio pubblico cross mediale delle comunicazioni al servizio della società e dei cittadini destinato a sostituire il servizio pubblico radiotelevisivo statale.

 Un nuovo soggetto al servizio della collettività  incaricato di:
a)    reinventare l'offerta radiotelevisiva di flusso, ricollocandola all’interno di una più ampia offerta resa possibile dalla presenza nel web, e di ridisegnare funzioni e obiettivi della tv generalista e no nei prossimi decenni;
b)    costruire una preziosa funzione di bussola per orientare i cittadini nel mare magnum della rete rendendolo dunque partecipe, consapevole e interattivo con l'editore,
c)     favorire conseguentemente inedite forme di coesione e partecipazione sociale destinate a crescere e maturare nella società dell'informazione e della conoscenza


giovedì 16 ottobre 2014

Presentazione a Villa Medici nell'ambito di Eurovisioni della Dichiarazione Rifondativa di Infocivica






Per una responsabilità pubblica nelle comunicazioni dell’era digitale


Presentazione ufficiale della Dichiarazione Fondamentale di Infocivica

Roma , Eurovisioni, 9 ottobre 2014
Villa Medici Accademia di Francia
Ore 15.00-18.30



Prologo: frammenti sul buon uso della cultura, dell’educazione civica e della responsabilità pubblica nella società dell’informazione e della conoscenza: Annalisa Picconi legge brani da John Reith, Ennio Flaiano e Karl Popper

Saluti
Apertura dei lavori. Michel Boyon, Presidente Eurovisioni
Saluto di Saluto di Stefano Luppi, Vicedirettore Rapporti Istituzionali e Internazionali Rai

Introduce e modera il seminario Giampiero Gramaglia, giornalista e Consiglieri IAI
Presentazione Dichiarazione: Massimo de Angelis Presidente Infocivica
Relazione di Carlo Rognoni, Responsabilità pubblica e sistema duale di governance
Intervento di Luciana Castellina, già Presidente di Eurovisioni
Intervento di Stefano Rolando, già Presidente di Eurovisioni

Relazioni:
Giacomo Mazzone, E’ possibile regolare la crossmedialità in Europa?
Robert Castrucci, Responsabilità e accountability
Manlio Cammarata, Distinguere la vigilanza dall’indirizzo del Parlamento
Paolo Luigi De Cesare, La responsabilità pubblica nei territori
Dario Evola, Come comunicare bene i beni culturali: con quale recupero e riqualifica nell’era della riproducibilità
Licia Conte, Rendere conto di tutte le opinioni in rete
Stefano Luppi, Oltre il contratto di servizio: quali documenti programmatici per il post 2016
Bruno Somalvico, Per una legge bipartisan di valore costituzionale

Intervento di Saverio Lo Russo, Coordinatore Dipartimento Affari regionali, Turismo e Sport, presso il Ministero per gli Affari Regionali, le Autonomie e lo Sport
Intervento di Andrea Melodia, Presidente USCI, intervento- videomessaggio

17-30-18.30: Dibattito in previsione della consultazione del governo sul rinnovo della Convenzione Rai- Tre minuti per uno spunto da parte dei soci e di alcuni amici  Infocivica: Ugo Cavaterra, Stefano Cuppi, Piero De Chiara, Lino De Seriis (spunto scritto) Erik Lambert, Elio Matarazzo, Stefano Panunzi e Renato Parascandolo

Replica di Bruno Somalvico e conclusioni di Massimo De Angelis

lunedì 4 luglio 2011

Una Rai Hyperlocal , per un nuovo primato del servizio pubblico

di Michele Mezza

Denuncio subito la tesi che vorrei sostenere: siamo ad un cambio di lingua e non di linguaggio, ossia di struttura logica e non solo di forma espositiva, per il ciclo industriale delle news, e più in generale per l'intera offerta di servizio pubblico civile, di cui l'informazione è la materia prima.

Per questo credo che si debba procedere ad una riflessione che investa più radicalmente di quanto non si faccia il contenitore industriale del sistema televisivo, più che la concatenazione dei contenuti. E, prioritariamente, si debba dedicare più tempo all'analisi dei comportamenti degli utenti, piuttosto che alle elucubrazioni sul futuro dei format o delle applicazioni tecnologiche.

Credo che si debba partire dalla constatazione di Tim Bernars-Lee, il padre del web, che sostiene che Internet sia una rivoluzione sociale e non tecnologica.

Trovo, per questo, altamente emblematico il caso della Nokia . La sua crisi credo che vada attentamente studiata da parte dei grandi gruppi editoriali europei, in particolare dalla Rai.

Il gigante finlandese della telefonia cellulare ha visto in pochi anni il proprio mercato ridursi del 75%. Numerose sono le ragioni per cui i suoi modelli soccombono di fronte all'Iphone della Apple, o alla piattaforma Android di Google, o rispetto ai terminali che adottano il sistema editoriale di Microsoft. Ma la ragione delle ragioni, che riassume e spiega esaurientemente tutte le singole sconfitte è che Nokia,come cultura industriale, non è riuscita ad affrontare la rivoluzione copernicana, che ha portato il mercato della telefonia mobile dalla centralità dell'hardware a quella del software.

Il software oggi è il motore della società contemporanea .E' la rilevanza di questa nuova potenza industriale che ci spiega come mai la lista delle principali società più capitalizzate del mondo sia capeggiata da società che modellizzano funzioni individuali in algoritmi di software ( Google, Apple, Facebook,Yahoo,Microsoft), mentre le società che trasformano merci e consumano energia come General Motor o Ford,seguono a lunga distanza. Una tendenza di macroeconomia che investe, da tempo,l'area della comunicazione, ed in particolare l'editoria televisiva. I media sono la lente d'ingrandimento di questa tendenza. I contenuti sono ormai null'altro che linguaggi di applicazioni software. Le prime media company del mondo sono , appunto, sempre i centri del software editoriale come Google, Apple, Yahoo, Microsft, e nei singoli mercato, Amerca On Line negli Usa, e Telecom o Vodaphone in Italia.

Come spiega Lev Manovich, uno dei più completi analisti del mercato editoriale mondiale, nel suo ultimo, lucidissimo libro “Software culturale”, “Il software è ciò che rende possibile ciascuna delle nuove dimensioni vivere sociale su cui le teorie sociali dell'ultimo decennio si sono concentrate:l'informazione,la conoscenza, la reticolarità”.

Da questa constatazione discende una conseguenze che credo sia indispensabile alla nostra riflessione:la partita competitiva si gioca sulle capacità da parte dei vecchi gruppi editoriali di diventare centri servizi per l'automatizzazione di funzioni pregiate delle professionali multimediali.

In sostanza, usare la propria esperienza nel contatto con la platea del proprio pubblico per intercettare e elaborare domande di contenuti che diventano anche sistemi utente. I nuovi format televisivi sono sistemi utente portabili su tutte le piattaforme, il flusso delle news sono sistemi utente fruibili in ogni dove,l'intrattenimento on demand è un sistema utente selezionabile da ogni singolo spettatore.

Discutere di futuro aziendale per la Rai, discutere di primato nel campo dell'informazione di base, discutere di nuovi linguaggi giornalistici, significa discutere del potere di governare, negoziare e applicare la potenza del software al proprio ciclo produttivo.

Con questa affermazione drastica, so bene di essermi giocato gran parte della quota di indulgenza su cui contavo per esprimere schematicamente il mio pensiero .

Cercherò di non abusare della disponibilità di voi tutti a tollerare un ragionamento molto drastico e imperativo, ma si tratta anche di non perdere il vostro tempo in lungaggini cerimoniali.

Il secondo fattore che considero essenziale per ragionare ,oggi, di informazione pubblica, è la velocità.

“La bellezza della velocità” invocata da Marinetti nel manifesto futurista, oggi è diventata l'indispensabilità della velocità. I nuovi servizi di Google Instant e Facebook Real Time, introducono quella che nel mio ultimo libro-Sono le news,bellezza (Donzelli, 2011) - ho definito la “sesta W del giornalismo:W come While”.

Siamo , ormai da tempo, nell'epoca dell'informazione simultanea.

Nel 1980 la CNN nasceva con lo slogan “Slow news no news”.Oggi siamo arrivati alla formula “Slow Analysis no Analysis”.

Del resto il mondo ci dimostra che la velocità è ormai una pretesa sociale di massa. L'intera attività finanziaria oggi si gioca sul filo di alcuni millesecondi.Il sistema di hight frequency trading adottato dalla borsa australiana ha abbassato il tempo di esecuzione degli ordini da 3 millesecondi a 250 microsecondi (milionesimi di secondo). Gli spyder di Google che cercano risposte alle infinite domande dopo tre volte che rimangono delusi visitando un certo sito a caccia di notizie, cancellano quel sito dalle proprie liste. E' la morte professionale per chiunque vi lavori.

Software, velocità, e territorio. Siamo al terzo fattore di usabilità dell'informazione: la georeferenziazione.

La localizzazione delle informazioni in un contesto territoriale è oggi il requisito che da valore aggiunto alla competitività editoriale.

Sia negli Usa, che in Inghilterra, l'unico settore in ascesa dell'offerta di informazioni è proprio il cosi detto Hyperlocal, ossia la capacità di offrire, in real time, mappe che contengono e “impaginano” le singole notizie o istruzioni: una specie di Tom Tom del giornalismo.

Non a caso Around Me, la funzione, che assume nomi diversi per ogni tipo di provider, che permette di localizzare servizi o notizie sul territorio che ci circonda in un dato momento, è l'applicazione più clickata su ogni piattaforma.

Lungo questa linea di ragionamento si arrivo alla proposta di sviluppare anche nel nostro paese, un servizio di questo tipo. Un paese dove la mobilità territoriale supporta ruoli e funzioni centrali, dalla tipica conformazione comunalistica del sistema Italia, alle vocazioni turistiche e di tipicità economica locale (i distretti). Tutto in Italia ci porta a considerare il territorio come principale matrice della comunicazione.

Eppure manca un sistema sorretto da linguaggi, modelli e circostanze pertinenti, usabili, e assolutamente originali . Il punto è proprio capire come si debbano riconfigura e riprogettare sistemi e patrimoni informativi per assicurare una nuova lettura del territorio. Chi debba e possa riorganizzare professionalità e sopratutto, come abbiamo detto, piattaforme di software.

La Rai potrebbe essere il protagonista di questo progetto, dando finalmente risposta alla domanda che incombe da anni, e che trova sempre risposte ideologiche o astratte, circa quale missione pubblica vi debba essere in un mercato ormai dove si abbassano vertiginosamente le soglie di accesso e le abilità di produzione.

La Rai, proprio come servizio pubblico, può e deve essere il principale provider multimediale del paese che traduca nei nuovi linguaggi e comportamenti digitale l'offerta di informazione locale ,che fino ad ora l'ha contraddistinta come “diversa”.

La domanda di questo tipo di servizio è ormai fin troppo evidente: 11 regioni sono già impegnate nell'allestimento di piattaforme di web Tv georeferenziate. Numerosi canali locali si proiettano sul mercato nazionale:basta scanalare la fascia 500 dei canali Sky per trovare varie offerte di informazioni di flusso territorializzate.

Proprio su questo mercato locale, inoltre, la Rai dispone delle sue forse produttive più poderose, e costose, potremmo aggiungere:800 redattori, 22 sedi,mezzi e risorse tecniche rilevanti. Grande presenza, ma senza un primato riconosciuto.

La nostra proposta è un progetto, , di cui uno schema avanzato è già stato elaborato all'interno dell'azienda, per sviluppare un motore di informazione Hyperlocal, che coniughi la selezione dell'informazione, con la potenza di impaginazione in ogni ambito locale, fino all'estrema unità territoriale decentrata, che coincide con l'indirizzo dell'abitazione di ogni singolo utente. Il sistema infatti deve essere pensato sia per agire come infrastruttura delle redazioni regionali -una sorta di agenzia interna dell'azienda- dove integrare e raccogliere l'intero flusso di informazioni territoriali, sulla base di annunci, documenti e filmati che affiorano dalla rete; e sia come servizio on demand da proporre nel portale Rai e da distribuire poi con alleanze con provider telefonici. In sostanza si tratta di elaborare una capacità di raccolta di notizie locali, sulla base di software semantici, contestualizzandole poi in mappe tipo Google Earth.

Su questa base sarebbe possibile riorganizzare i processi produttivi nelle singoli sedi, spostando l'attività su funzioni di post produzione, cioè di re impaginazione di materiali prodotti da altri, e non più di arcaica riproduzione di quanto è già in rete. Fondamentale sarebbe poi l'integrazione della filiera delle fonti territoriali, come è la TGR, con il server di Rainews24, che tutt'oggi, anche se la stessa testata non sembra accorgersene, ha come patrimonio principale non tanto la capacità di duplicare funzioni e modelli da TG, quando la possibilità di integrare i flussi della rete nel modello industriale del Broadcasting, grazie alle sue dotazioni di server e database.

Nel breve spazio concessomi non sono in grado di allargare ulteriormente l'illustrazione della proposta ma spero nel dibattito di avere occasione di entrare nel merito del progetto.

E' questo un cambio radicale di orizzonte, me ne rendo conto. Un cambio non dissimile da quanto sta maturando BBC, come ci racconta Matteo Maggiore, e sopratutto come ci documenta il nuovo Digital Britain Act che orienta la nuova missione dell'ente radiotelevisivo pubblico inglese nel nuovo contesto digitale.

Un cambio di strategie, di mercato, di missione, di profili professionali. Sulla base della constatazione che quanto sta accadendo attorno a noi non ha nulla di determinismo tecnologico, ma molto di processo sociale, di trasformazione degli utenti e non delle tecnologie, che mutano come conseguenza e non come causa dei nuovi fenomeni.